Nasreddin Khodja è una figura favolistica che attraversa la cultura di molti paesi ed è presente nell’immaginario di molti popoli. Afghanistan, Iran, Turchia, Uzbekistan… fino a raggiungere, con diversi nomi, la Spagna, la Sicilia, la Calabria.
La tradizione orale, che è stata il veicolo del corpus delle Mille e una notte dall’India all’Egitto, ha probabilmente diffuso fino all’Europa questa figura di filosofo, mistico, provocatore, uomo di buon senso, conoscitore dell’animo umano e indagatore spiritoso della realtà.
Nasreddin è un nome onorifico di origine araba, col significato prevalente di vittoria della religione (islamica). È un laqab, cioè quella parte dell’onomastica araba che veniva conferita per meriti scientifici, letterari, religiosi, militari e che veniva aggiunta al nome personale o alla kunya indicante la discendenza paterna. Spesso il laqab indicava professioni, particolarità fisiche o provenienze geografiche, per identificare con un complesso tessuto di relazioni l’individuo nella sua società. Il titolo di nasreddin sta a indicare che il protagonista delle storie è un personaggio degno di ammirazione e con una grande considerazione sociale. Attraverso le deformazioni fonologiche e culturali, il personaggio è conosciuto come Nasrettin, Nasredin, Nastradin, Nasirdin.
Anche khodja è un titolo onorifico, di rispetto. Di origine persiana (khwaja) il termine è passato in arabo (khawaja col significato di maestro o titolo di rispetto per nobiltà o alta provenienza sociale, specie in Egitto), in turco (hoca) e in albanese (hoxha, anche come cognome). A volte Nasreddin assume come titolo onorifico quello più utilizzato negli ambienti geografici ed etnici delle sue avventure. È il caso di mullah (dall’arabo mawla, signore) o di efendi (o afandi, stesso significato nell’ambito turco e indomusulmano).
Nell’area mediterranea il nome del personaggio si trasforma in Giuhà, Giufà, Giucà (Sicilia), Djeha (Marocco), Giucca, Giuccamatta (Toscana). Per questo nome sono state proposte diverse interpretazioni: deformazione del nome proprio arabo yusuf o, più probabilmente, di yahya dalla forma cristiano-ebraica yuhanna (Giovanni); questo elemento linguistico potrebbe far pensare al fatto che, entrando in ambito religioso cristiano, il personaggio abbia assunto un nome con assonanze più familiari alla tradizione orale della penisola italica.
Un’altra teoria presuppone l’errata lettura del termine khoja pronunciato come gioha invertendo i fonemi kha e gim, che nell’alfabeto arabo hanno la stessa forma, ma con una diversa posizione dei punti diacritici. In questo caso il titolo onorifico perde la sua connotazione di eccellenza e viene scambiato per un nome proprio.
Nasreddin vive e viaggia in ambiente islamico, in un tempo lontano che può essere identificato con il regno del califfo delle Mille e una notte, Harun ar Rashid, in una zona prevalentemente rurale o di piccola urbanizzazione della Turchia o dell’Asia Centrale. È riconosciuto come una persona saggia, dall’acuto spirito di osservazione, a volte con il grado di giudice o di giurisperito per conto di sultani, visir o capi di villaggio. È insomma uno shaykh anziano autorevole, per età e conoscenza. D’altra parte i suoi comportamenti sono a prima vista incomprensibili, contrari al buon senso e causano spesso scandalo e riprovazione. Quest’ultima si trasforma poi in ammirazione per la saggezza manifestata o per la capacità di risolvere i casi più complessi.
La capacità di Nasreddin nello scandalizzare chi lo circonda è una caratteristica che lo lega ad alcuni personaggi della tradizione mistica sufi. Narrazioni devozionali o apologetiche sulla vita di eremiti sufi sono molto diffuse nell’ambiente islamico. Ad esempio, la confraternita deimalamatiyya è composta da sufi così addentro alla meditazione spirituale e così totalmente alieni alla vita terrena da attirarsi volontariamente la riprovazione popolare per i loro atti apparentemente contrari al buon senso o alle tradizioni religiose. Spesso Nasreddin viene riconosciuto come uno di questi sufi per la sua capacità di decifrare il mondo fenomenico e di porre l’interlocutore in condizione di vivere esperienze nuove di conoscenza. In questo senso spesso le storie di Nasreddin trovano un parallelismo nei koan, racconti del buddhismo zen che hanno lo scopo di abituare il discepolo a scoprire nuovi punti di vista della realtà, anche al prezzo del disorientamento e dello scandalo. La saggezza di Nasreddin è completata da azioni del tutto stravaganti che dipendono spesso da una interpretazione troppo letterale della realtà o del linguaggio.
La religiosità di Nasreddin è in opposizione al conformismo della norma: rimproverato di dormire con i piedi rivolti alla Mecca, cosa riprovevole, risponde che non esiste un luogo verso il quale rivolgere i piedi dove non sia presente Allah. È un esempio tipico della analisi mistica propria del sufismo.
La concretezza si oppone all’astrazione: le due mogli di Nasreddin gli chiedono quale tra esse preferisca, e quale salverebbe se si trovassero tutti e tre su una barca che affonda. Risposta: «Quella che non sa nuotare». Il comportamento di Nasreddin è di tipo salomonico, ma è molto pragmatico. Lo stesso concetto in un’altra storia molto diffusa anche in estremo oriente. Nasreddin e due viaggiatori hanno un solo pane. Decidono di valutare chi ha più meriti per mangiare tutto il pane e affrontare così il resto del viaggio. Uno magnifica la propria sapienza, l’altro la propria religiosità. Nasreddin dice «Intanto che voi discutevate, io ho mangiato il pane».
Altro aneddoto: due maghi viaggiano in compagnia di Nasreddin. Trovano le ossa di un leone morto e si propongono di resuscitarlo. Nasreddin si arrampica su un albero. Uno dei maghi ricompone il corpo del leone, il secondo lo resuscita e questi li divora tutti e due. Nasreddin si salva.
Altro esempio: Nasreddin fa il traghettatore. Mentre traghetta un sapiente da una riva all’altra, viene rimproverato per il suo linguaggio sgrammaticato. La barca affonda, il sapiente annega e Nasreddin gli dice: «Meglio imparare a nuotare che imparare la grammatica».
La furbizia: sorpreso a rubare dopo essere entrato nel giardino di un possidente con una scala, proclama di essere un venditore di scale e di venderle dove ci sono muri da scalare.
La risposta giusta: viene chiesto a Nasreddin dove fosse il centro del mondo. Risposta: «Sotto i miei piedi». Gli domandano: «Quanti sono i peli della mia barba?», risposta: «Quanti i peli del mio asino». Alla richiesta di dimostrarlo, propone di strapparli uno per uno e di appaiarli, per verificare attraverso una corrispondenza biunivoca.
La rassegnazione nei confronti dei difetti umani, come la maldicenza: Nasreddin è in viaggio col figlio piccolo e un asino. Se monta l’asino da solo, viene rimproverato perché fa camminare il figlio a piedi; se monta solo il figlio, non sarebbe un padre autorevole; se montano tutti e due sull’asino sono ritenuti troppo crudeli verso l’animale e troppo stupidi se vanno a piedi avendo una cavalcatura. Alla fine Nasreddin si carica l’asino sulle spalle, unica azione che non provoca critiche per la sua assurdità.
La capacità di reagire ad azioni truffaldine: avendo ricevuto un’anatra in regalo viene continuamente subissato da richieste di assaggi da parte di amici di amici di amici del donatore… Risolve offrendo acqua calda…dicendo che è la zuppa della zuppa della zuppa..dell’anatra.
La visione poetica della realtà: gli chiedono cosa fanno delle vecchie lune piene? Risponde: «Le fanno a pezzi e da ognuna ricavano 40 stelle nuove».
La saggezza o idiozia filosofica: trova uno specchio, lo guarda e poi lo butta via disgustato dicendo: «Che orribile ritratto, non mi meraviglio che l’abbiano buttato via!». Cerca la chiave sotto un lampione, perché c’è più luce e non in casa, dove si trova effettivamente. Cavalca l’asino al contrario e dice alla gente che è l’asino da rimproverare perché si muove nella direzione sbagliata.
Lo studioso di mistica islamica Idries Shah commenta in questo modo le vicende di Nasreddin: «È insito in queste storie il fatto che possano essere comprese a più di un livello. Esiste lo scherzo, la morale e quel qualcosa in più che porta la coscienza del potenziale mistico sulla via della realizzazione».
Le storie di Nasreddin non sono semplici barzellette, o meglio, possono essere fruite a diversi livelli di significato. Il contenuto profondo ha una valenza mistica perfettamente percepita in ambiente islamico, dove i malati di mente erano visti non come disabili, ma come portatori di saggezza, perché toccati dalla barakah, la benedizione di Allah.
La figura di Nasreddin, entrando nell’ambito europeo cristiano occidentale, perde questa connessione fra molteplici significati che erano decifrati facilmente da una società islamica.
Per esempio, il personaggio di Giuhà rappresenta in qualche modo la sua riduzione a figura popolare con un solo livello di lettura e ha perso le caratteristiche di saggezza anticonformista. Giuhà è spesso un bambino credulone, dal ragionamento analogico troppo rigido. Giuhà ritiene che non ci sia differenza tra le parole e la realtà (se gli dicono di tirarsi dietro la porta, lui si porta l’uscio sulle spalle..). Non possiede il senso della causa e dell’effetto (tira la farina nel vento convinto che questo la traporti velocemente a casa). Non sa adattare alla realtà la sua conoscenza. Ad esempio, rompe le uova mettendole in tasca, perché gli avevano detto di tenere in tasca il denaro. Trascina un’oca con una corda al collo e la uccide, perché prima gli avevano suggerito di portare un maiale in quel modo. Ogni suggerimento viene applicato in maniera erronea creando così una serie di guai per Giuhà. Nasreddin diventando Giuhà si trasforma in un bambino o in una persona mentalmente debole, viene meno il carattere mistico e sacrale ed entra nella favolistica, in un mondo reale che non sa più decifrare, se non attraverso una metamorfosi. Questa evoluzione troverà il suo culmine nella figura di Pinocchio, che raccoglie echi di tradizioni orali più antiche.
La saggezza di Nasreddin viene comunque frammentata e divisa tra diversi successori che ne sviluppano alcune caratteristiche. Fra gli altri, sono da ricordare le vicende di Bertoldo, saggio e pragmatico contadino, e, in area nordica, le avventure di Till Eulenspiegel.
Immagine n.1: Nasreddin Khodja, Bukkhara (Uzbekistan)
Immagine n. 2: Bertoldo (acquaforte, 1736); maggiori informazioni al link:
http://collezioni.genusbononiae.it/products/dettaglio/3212
Immagine n. 3: Till Eulenspiegel (stampa, 1515); maggiori informazioni al link:
http://de.wikipedia.org/wiki/Datei:Till_Eulenspiegel.svg