A sinistra c’è Castel dell’Ovo, una fortezza in cui è stato rinchiuso anche Corradino di Svevia prima che gli tagliassero la testa in piazza del Mercato, e sulla linea dell’orizzonte si staglia, laggiù in fondo, l’isola di Capri. Siamo tutti d’accordo, spero, che la bellezza è questa! Cantata in mille canzoni, declamata in infinite poesie. Siano perdonati, dice Goethe, tutti coloro che a Napoli perdono il senno. Siamo a Napoli, sì. Ogni volta che ci torno, ne sono sopraffatto. Mi fermo sul lungomare e guardo un cielo sempre diverso. Che cosa c’è laggiù? Oltre quelle nuvole, che diavolo c’è? Sogno una sintesi, un’idea di armonia, un po’ di silenzio, ma devo restare in un mondo in cui tutti parlano come mitragliatrici, avvinti a modi di dire che non hanno alcun senso, e sono fermamente persuasi di poter fare l’identikit di Dio come se lo frequentassero abitualmente, e prendessero spesso un caffè con lui. A dirla tutta, mi secca non poco, e mi guasta l’appetito, che in questi anni sciagurati l’invenzione di maggior rilievo, a sua volta alquanto rumorosa, sia la cintura esplosiva.