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il sublime rovesciato: comico umorismo e affini

Copertina Numero 16

 aprile 2018

Editoriale

editoriale numero 16 – aprile 2018

Alberto Savinio scrittore metafisico

A cento anni dalla pubblicazione di Hermaphrodito di Alberto Savinio, la redazione di “Fillide” propone con il numero 16 un approccio ai molti lati della sensibilità ironica e umoristica di questo autore: la mescolanza stilistica e linguistica fra alto e basso, l’alternanza fra erudizione barocca e descrizione grottesca, l’uso della parodia, della caricatura, della satira e dell’invettiva, la centralità dell’ironia nella narrativa, nel teatro e nella riflessione estetica costituiscono i fili che collegano i vari saggi. Per la presentazione della rivista a Bolzano Paola Italia terrà una conferenza sul tema I romanzi di Hermaphrodito, venerdì 11 maggio alle ore 18:00, presso la Biblioteca civica.

Apre il numero un impegnato articolo di Angelo Vannini che indaga il rapporto di Savinio con il surrealismo di André Breton, prendendo sul serio la nozione di metafisica, intendendola non semplicemente come atmosfera magica e incantata o come progetto di ritorno all’ordine: l’approccio metafisico implica, secondo Vannini, calare il pensiero nel sensibile, occuparsi di come l’uomo «vede e vive il mondo»: il rapporto tra le parole e le cose non si scardina allora rendendo possibile una meccanica ricomposizione automatica, le cose resistono, agiscono e patiscono come le monadi di Leibniz e il linguaggio interviene su di esse con la responsabilità di dislocarle in modo nuovo, che è anche il modo profondo di intendere l’impegno dell’artista. Impegno che viene ribadito anche nel saggio di Silvana Cirillo che analizza in parallelo il Manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi (1941) e il libretto di Savinio Sorte dell’Europa (che raccoglie gli articoli scritti tra il 1943 e il 1944), mostrando gli infiniti fili che collegano questa incursione nella politica con la narrazione letteraria, antiretorica e pluralista di Savinio. Francesca Cianfrocca mostra un altro aspetto dell’impegno culturale di Savinio negli anni Quaranta, esaminando la vicenda editoriale della pubblicazione delle opere di Luciano di Samosata che erano state tradotte in carcere da Settembrini.

Questa tensione intellettuale viene sottolineata anche negli articoli che si addentrano nell’esame di singoli testi, in particolare nel saggio di Miruna Bulumete che indaga la complessità della figura protagonista del romanzo Angelica o la notte di maggio, mettendone in luce il carattere ermafrodito, sorta di «sopramito» che percorre tutta l’opera di Savinio e che rivela la sua «autarchia spirituale», la sua personale ricerca di libertà. Alla figura di Ermafrodito e dell’androgino nel mondo antico è invece rivolto l’articolo di Francesca Boldrer che ne analizza la presenza in Platone e Ovidio. L’analisi del racconto Il signor Münster di Nicole Marinaro ritorna sul tema del mito rivisitato con ironia.

Tre saggi parlano di teatro: Eugenia Maria Rossi esamina Savinio critico teatrale e l’importanza per questa attività del periodo parigino tra le due guerre; Francesca Golia prende in considerazione il rapporto personale, la consonanza di temi e gli influssi reciproci tra Savinio e Pirandello; Giada Guassardo, analizzando Capitano Ulisse e Il suo nome, afferma la funzione critica, di decostruzione, di «desacralizzazione» del meccanismo del metateatro che, attraverso l’ironia e lo straniamento, distrugge le categorie tradizionali del genere. Il tema dell’ironia e delle sue figure in relazione al significato che il termine ‘metafisica’ assume in Savinio viene analizzato sul piano filosofico da Luisa Bertolini, in riferimento ai testi di estetica dei primi anni Venti che contengono in nuce tutta la poetica di Savinio.

La sezione ekphrasis è dedicata ai mobili, sì proprio ai mobili: poltrone, divani, armadi, sedie, pianoforti e altri strumenti musicali, personaggi animati e parlanti dei racconti La pianessa, Poltromamma, Paterni Mobili e Poltrondamore, analizzati da Cristina La Bella, oppure concrezione di sentimenti e risentimenti, come mostra Barbara Ricci nell’analisi della litografia I miei genitori del 1945.

Chiude la sezione saggi e rassegne l’articolo di Emanuela Scicchitano su due recenti romanzi autobiografici: La città interiore di Mauro Covacich e Il cortile del Tasso di Ruggero Savinio, anch’egli pittore e scrittore, che apre al lettore le stanze della memoria in cui sono custoditi i segreti della sua famiglia, così strettamente legata alla storia dell’arte del Novecento. Ne risulta un originale lessico familiare, alle cui parole ci affidiamo per un ultimo ritratto di Alberto Savinio: artista precoce e sempre proiettato verso il futuro, di cui il figlio ricorda il fastidio per gli omaggi dei surrealisti ai suoi scritti giovanili, la solitudine nei cassetti delle foto dei suoi quadri degli anni Venti, la passione totalizzante per la musica, l’insoddisfazione sottile per il già compiuto perché in fondo – diceva – «solo quello che devo ancora fare mi interessa». Quella di Savinio, dunque, è riconosciuta dal figlio come un’intelligenza acuta, che voleva tenere in scacco la morte e che era sempre attraversata dal dubbio e dell’insofferenza per la noia normativa e didattica di molti artisti a lui contemporanei.