[Andrea Sani, I filosofi e le nuvolette, supplemento a S. Mele, La ricerca del sapere, vol. I, D’Anna, Messina – Firenze, pp. 60]
I filosofi, scrive Andrea Sani, in un modo o nell’altro, hanno spesso a che fare con le nuvole, con la testa tra le nuvole di Talete, con il Socrate delle Nuvole di Aristofane, con l’irregolarità delle nuvole-orologi che regolano la nuova fisica del Novecento; non dovrebbero dunque trovarsi a disagio tra le “nuvolette” dei comics. Questa convinzione ha spinto l’autore a presentare questa insolita proposta didattica che accompagna il primo volume di un manuale scolastico di storia della filosofia.
La possibilità di collegare fumetti e filosofia si svolge su molti e diversi piani. Esclude da subito l’idea di trasformare l’esposizione del pensiero dei filosofi in vignette didascaliche, prende invece in mano i fumetti classici, vi cerca gli spunti che possono dar adito a un’approfondita riflessione filosofica che rimanda poi ad altri testi e altri autori, seguendo la strada percorsa dal volume collettaneo I Simpson e la filosofia, curato da William Irwin, Mark Conard e Aeon Skoble (la traduzione italiana è apparsa nelle edizioni Isbn, Milano 2005).
La prima parte del testo si occupa di estetica del fumetto e indaga il linguaggio dei comics, le wittgensteiniane somiglianze di famiglia tra fumetti e cinema, la poetica dei fumetti di Antonio Giardino e dedica un capitolo ad tema del riso. Il testo più significativo preso in esame da Sani è il Diario Vitt dell’anno 1974-’75, nel quale la teoria filosofica del riso di Bergson è disegnata da Jacovitti e raccontata dalla sceneggiatrice di film Isa Mogherini.
Bergson, spiega l’autore, propone una teoria del comico come «meccanicità placcata sulla vita», come meccanismo statico in cui si inceppa lo slancio vitale e di qui desume che il comico è caratteristico dell’umano. L’uomo è l’unico essere vivente che sa ridere, ma anche l’unico che fa ridere: lo illustra Jacovitti presentanto i suoi animali umanizzati, ma anche gli oggetti disegnati con gambe e braccia. La meccanicità viene facilmente illustrata da Jacovitti che, per far ridere i lettori, «accentua l’aspetto pupazzettistico dei suoi personaggi e stravolge in modo grottesco la loro fisionomia».
Andrea Sani, senza dimenticare alcune critiche alla teoria di Bergson, prosegue poi nell’analisi di altri concetti fondamentali che emergono nella fenomenologia bergsoniana del riso: il ridere come fatto sociale, il distacco emotivo di fronte alla crudeltà rappresentata, i meccanismi della ripetizione ossessiva, dell’inversione e del capovolgimento tra intenti e risultati e dell’interferenza tra piani di realtà completamente diversi. Quest’ultimo caso è esemplificato dai personaggi del fumetto che protestano contro il suo autore e dall’autore che diventa personaggio del suo stesso fumetto.
Un altro elemento fondamentale del comico è, secondo Bergson, la trasposizione, lo spostamento da un registro linguistico all’altro e la riduzione della metafora. Jacovitti usa qui un procedimento particolare che – lo ricorda anche Sani – era stato praticato in modo quasi ossessivo da Attilio Mussino, disegnatore di Bilbolbul, un negretto italico a cui cadevano davvero le braccia, spuntavano le ali ai piedi e diventava verde dall’ira.
Anche la seconda parte del testo contiene spunti interessanti su Leibniz, Topolino e i mondi possibili e paralleli, sugli esperimenti mentali, sull’identità personale e sul rapporto mente – corpo, sul colore e la tesi dello spettro invertito che compare in Martin Mystere, detective dell’impossibile. Un’occasione dunque per ripensare una parte del programma di filosofia.