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il sublime rovesciato: comico umorismo e affini

Copertina Numero 05

 settembre 2012

Unterdenlauben/Bolzano e dintorni

Alessandro Masia

Monty Python: Rassegna cinematografica

MONTY PYTHON

Cineforum Bolzano. Rassegna cinematografica a cura di Alessandro Masia

Venerdì 12 ottobre 2012 – Il senso della vita

Venerdì 9 novembre 2012 – Brian di Nazareth

Venerdì 14 dicembre 2012 – Monty Python e il Sacro Graal

Come può dirsi comica una scena in cui compaia una bombetta sulla testa di un porco che assume una posa inglese, così non sarebbe meno divertente vedere la celeberrima pornodiva Babette Blue vestire l’abito delle clarisse, non per recitare il ruolo datole dal suo regista, ma per pura vocazione (cosa per me assai ben più eccitante). In una delle puntate della serie televisiva dei Simpson, in occasione di un corso accademico di clownerie al quale aveva tentato di partecipare Homer, l’insegnante spiegava come la ben nota scena della torta in faccia sortisca il suo effetto solo nel caso in cui finisca addosso a una persona dall’aria seria. Non è per nulla difficile citarsi addosso una cospicua serie di scene divertenti, quello che da esse emana è certamente l’incoerenza, come quella della Babette.

In una nota scena tratta dal film dei Monty Python, Il senso della vita, la morte visita una compagnia di amici che, dopo aver consumato a cena una mousse al salmone andata a male e avendo quindi i minuti contati, non riesce a capacitarsi di come essa possa comparire alla loro tavola senza essere stata invitata. Così in Brian di Nazareth il mondo della latinità romana che ha tacciato di barbarie tutte le altre popolazioni porta con sé il germe della derisione: il rivoltoso di Nazareth è severamente ammonito dalla ronda della coorte di stanza a Gerusalemme perché ignaro del corretto uso del latino e dei suoi casi; sporca le pareti di un edificio invitando i romani a tornarsene a casa e il soldato gli impone di riscrivere in maniera grammaticalmente corretta l’invito per cento volte; soltanto alla centesima volta il soldato si rende conto dell’offesa recata ai romani. Queste scene portano al riso giacché in esse l’incoerenza ossigena la responsabilità sociale alla quale qualsiasi cittadino è riportato dallo Stato, soldato, pubblicano o console che sia. Il riso di un pubblico può riconoscersi in quel moto che nella musica consiste in una pausa: finalmente si respira!

All’inizio del film il movimento di liberazione della Palestina si riunisce di nascosto nel tentativo di sfuggire alla guardia di stanza romana. I rivoluzionari intavolano i loro argomenti cercando di arrivare a una risoluzione cogente della loro azione: si investigano i punti salienti della situazione politica, la sudditanza verso Roma, si mettono ai voti le intenzioni e si concerta una prassi. Mano a mano che però la conversazione diviene seria i personaggi cominciano a perdere il loro contegno aulico il quale, da Fidia fino a oggi non acconsente ad alcun divenire, sociale o estetico che sia. Così, poco alla volta, si svela la fisionomia per così dire umana dei personaggi: c’è chi vuole cambiare sesso, chi ha tensioni familiari etc. In questa varietà di concezioni della vita, pian piano il pubblico può riconoscersi nelle debolezze e nelle assurdità dei personaggi in scena addivenendo in tal modo a una intonazione festosa del riso, che nella commedia, a differenza della satira, come una tonalità musicale si consola inclinandosi verso un punto di riposo.

I FILM NEL DETTAGLIO

Monty Python, Il senso della vita

Un film di Terry Jones, con Graham Chapman, John Cleese, Michael Palin, Eric Idle, Terry Jones. Titolo originale Monty Python’s The Meaning of Life.

Comico, durata 103′ min. – Gran Bretagna 1983

Può anche darsi che tutta la serie delle gags che compaiono in questo film possano in qualche modo portare al pubblico materia per un’articolata riflessione oltre che divertimento e stupore. Il senso della vita lascia intendere come le relazioni sociali possano essere intessute in un abito decisamente meno conveniente di quello che il costume sociale ha saputo diplomaticamente indossare: niente di più mortalmente noioso di una qualsiasi convenienza sociale, parata militare, cattolica, ministeriale, accademica. Ogni interazione che inibisca il bisogno di ridere è altamente, disumanamente volgare. Così ci pare che perfino quella specie di caratteristica posa pleonastica che è la flemma inglese riesca particolarmente adatta a una derisione naturale.

Realizzato con ricchi mezzi, questo è il quarto e il migliore dei film del gruppo britannico: il più trasgressivo, provocante e divertente almeno per chi non considera indispensabile nel comico la nozione di buon gusto. L’aiuta la struttura a episodi, vicina ai loro programmi televisivi (1969-74). In questo circo beffardo e dissacrante si scherza con la morte, la vita dopo la morte, le guerre coloniali, la follia e l’ipocrisia del nostro tempo, il Medioevo, il controllo delle nascite, cattolici e protestanti, l’educazione sessuale, la chirurgia e il sistema bancario che ispira il primo immaginoso sketch. Tremendo l’episodio sulla gastronomia, parodia assassina di La grande bouffe e apoteosi del vomito con Jones in un travestimento elefantino e l’impareggiabile Cleese come cameriere.

Monty Python, Brian di Nazareth

Un film di Terry Jones. Con Michael Palin, John Cleese, Graham Chapman, Terry Gilliam, Terry Jones. Titolo originale Monty Python’s Life of Brian.

Commedia, durata 93′ min. – Gran Bretagna 1979

Questa volta il mondo che viene deriso è quello dell’impero romano e del suo esercito stanziato in Palestina durante il consolato di Pilato. L’impero, nel tentativo di espandere fin dove possibile il potere della città di Roma, nella sua magnifica e imponente mole, rimane spiazzato dalle peripezie decisamente clownesche del protagonista giudeo, che suscita quel divertimento fondato sulla sincope delle situazioni, tipico delle più note gags del cinema muto. Tutte le canzonature poggiano sulla respirazione, un ritmo che cade ogni volta nelle assurdità del grottesco, nelle interazioni degli attori.

Terzo film dei Monty Python, questi sei fratelli Marx della bagarre massmediologica moderna, racconta la vita e disgrazie di Brian, giovane giudeo conterraneo e coetaneo di Gesù, visitato per errore dai Re Magi, contattato dal Fronte Popolare della Giudea e infine crocifisso. «La cosa più significativa del nostro lavoro è che sia riuscito a far arrabbiare gente di tutte le religioni, proprio tutte, cattolici, ebrei, protestanti, ortodossi, buddisti. È stato magnifico» (M. Palin). Prodotto da George Harrison, distribuito in Italia solo nel 1991.

Monty Python e il Sacro Graal

Un film di Terry Gilliam, Terry Jones. Con Graham Chapman, John Cleese, Terry Gilliam, Eric Idle, Terry Jones. Titolo originale Monty Python and the Holy Grail.

Commedia, durata 90′ min. – Gran Bretagna 1974.

Sono i cavalieri di Artù che in questo caso rovesciano l’ordine dell’etica eroica derivata dai cicli della Chanson de Roland. Le gesta elevate hanno dovuto cadere dalla cima più alta che avevano conquistato: Artù non va a cavallo, procede camminado, accompagnato dal suo scudiero che imita, battendo due gusci di cocco, lo scalpitar della bestia; il cavaliere nero a guardia del passo che conduce a Camelot viene dilaniato dalla spada e di lui resta solo il busto, così poi in ogni scena a seguire; la pena di sangue richiesta per una giovane donna accusata di stregoneria è riportata come ridicola e risibile rivendicazione. Il cavaliere che è chiamato a stimare la colpa dell’imputata volge al pubblico una serie di domande del tutto incoerenti rispetto all’agitazione generale per il sangue: il suo contegno posato richiama piuttosto un quiz televisivo o un gioco a premi. Nessuno dei villici sa rispondergli e solo Artù sa dare la soluzione: ciò che galleggia sull’acqua sono le oche, le oche sono animali, chi può assumere le loro sembianze è una megera. La logica solare della ragione aristotelica è portata in questo caso alle più inverosimili conseguenze dell’assurdità. Ma in questo modo, cioè passando per l’incoerenza dell’agire e del pensare umano, si rivendica il diritto dell’uomo di ridere di sé e di ridere in generale, smascherando la disumanità del potere.