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il sublime rovesciato: comico umorismo e affini

Copertina Numero 04

 aprile 2012

Segnalazioni

Barbara Gramegna

Umorismo in 3dickens

Charles Dickens ci chiede per il suo compleanno (1812 – 2012) di rileggerlo, di capirlo con il senso che il nostro oggi dà al suo ieri, fatto di circoli esclusivi, di ragazzini senza scuola e con famiglia indigente, di vecchi spilorci e di viaggi per il mondo, di loschi figuri e di città.

A dirle così non sembrano poi cose di due secoli fa e pure un po’ riduttive per la sua opera, ma spesso è in questo modo che lo ricordiamo se, appunto, non lo rileggiamo.

Umberto Eco nella sua intervista sul “Corriere della Sera” del 31 gennaio 2012 osserva come rileggendo se stessi e rileggendo gli altri ogni dieci anni si abbia una nuova percezione, un nuovo gusto, un nuovo capire e figuriamoci dopo duecento! Ma è proprio dopo tanto tempo che ne possiamo apprezzare la modernità.

Charles Dickens è un autore che fa dell’estrema caratterizzazione dei personaggi e della loro cattiva natura lo strumento per criticare la sua società, quella vittoriana, per la quale il binomio rispettabilità e perbenismo è forse quello più rappresentativo. L’Inghilterra prospera di quell’epoca crea il mostro tipico di ogni società in evoluzione: il divario incolmabile fra ricchi e poveri e con esso l’ipocrisia.

Per far vedere i «peccati» e i mali sociali bisogna possedere uno strumento che funga da telecamera, crei profondità di sguardo e si immerga nella realtà: dalle trine alle latrine! Dickens ha l’occhio del giornalista, ma ci restituisce l’umanità come un autore di teatro. Ci avvicina al personaggio, lo fa parlare e muovere con estrema fisicità e attraverso l’umorismo ci chiede poi di prendere le distanze, una pratica di «anestesia» bergsoniana richiesta per non immedesimarci troppo. Del resto, nemmeno lui lo fa e qualcuno questo glielo rimprovera. Il suo umorismo è un «uomorismo», come potrebbe coniare Bergonzoni, non conduce alla grassa risata ma è un sistema per mettere a nudo la peggiore indole umana, il lato oscuro della natura. Non a caso, un altro grande interesse di Dickens era proprio quello per i fenomeni spiritici.

Difficile è però estrapolare fuori dal contesto narrativo qualche citazione che renda veramente merito a questo sguardo ironico e non sarebbe di per sé un’operazione utile né vantaggiosa.

Vedendo però al cinema, per esempio alla versione tridimensionalcartoonata di A Christmas Carol, i fantasmi che compaiono ad Ebenizer Scrooge dicono a tutti la stessa cosa, come quando a teatro vediamo L’avaro o Sior Todero: l’umorismo che potrebbe non venire colto in maniera unanime solo leggendo, sembra trovare così la sua massima espressione. La trasposizione cinematografica si potrebbe definire una rilettura attualizzata, anche se spesso l’accezione «attualizzata» è negativa e pare rispondere solo a criteri commerciali. A volte però chi decide di fare quest’operazione valorizza un lato di un’opera che magari fino a quel momento era stato un po’ trascurato, lo fa conoscere, lo rende fruibile. L’umorismo dickensiano è tridimensionale! L’avere in testa persone in carne ed ossa significa pensare oltre alla pagina scritta e questo «oltre» prende la sua forma massima a teatro o proprio in un prodotto cinematografico in 3D. Del resto Charles Dickens aveva la passione per il teatro, si dilettava come attore, e non è un caso che i suoi personaggi siano sì caricature, ma anche pezzi di uomini e di bambini da guardare «tutt’intorno», la pagina sembra riduttiva. La nebbia, i fili d’erba, la palude, gli animali sono dei tableaux vivant, Dickens vuole che i suoi paesaggi siano animati, come quelli dei cartoon. Vuole che anch’essi partecipino all’azione narrativa, che facciano parte della natura e del sovrannaturale.

Un aspetto che contraddistingue l’umorismo dickensiano è quello di farci incontrare in molti luoghi il granguignolesco e il macabro e di risolverlo poi spesso nel ridicolo.

Da A Christmas Carol ecco l’ingresso del fantasma del socio defunto di Scrooge:

[…] con suo grande stupore, e con uno strano, indefinibile terrore, vide il campanello oscillare. All’inizio si muoveva così piano che produceva appena un lieve tintinnio; ma di lì a poco cominciò a suonare rumorosamente, e così tutti gli altri campanelli della casa.

La cosa sarà durata forse mezzo minuto, massimo un minuto; ma sembrò durare un’ora intera. Poi i campanelli si fermarono come avevano cominciato, tutti insieme. Seguì un rumore metallico, profondo, giù ai piani di sotto, come se qualcuno trascinasse una pesante catena sulle botti della cantina del vinaio. In quel momento Scrooge si ricordò di avere sentito dire che gli spettri amano trascinare catene per le case che frequentano.

Osservazione ironica pur nell’adesione a uno stereotipo di genere! L’incredulità di Scrooge rispetto alle sensazioni è quella dello stesso Dickens positivista e scettico, ma affascinato dall’ipotesi sovrannaturale.

Era Marley con il suo codino, il solito panciotto, calzamaglia e stivali. La catena che trascinava era stretta intorno alla vita. Lunga, era, tanto da avvinghiarla per tutto il corpo a mo’ di coda; era fatta (Scrooge la osservò con attenzione) di scrigni, chiavi, lucchetti, registri, atti, e pesanti borse di acciaio. Il corpo era trasparente, tanto che Scrooge poteva vedere attraverso il panciotto i due bottoni sul retro della giacca. Spesso aveva sentito dire, Scrooge, che Marley non aveva budella; ma non ci aveva mai creduto, fino ad ora.

La beffa ed il ridicolo tolgono ogni sacralità, ogni quarta dimensione, lasciando la nostra immaginazione alle tre dimensioni del terreno.

Bibliografia e sitografia

DICKENS C., (trad. it. Melchiorri M.F.), (2004), Great Expectations, Newton & Compton, Roma.

DICKENS C., (a cura di Cerami V.), (1982), Racconti di fantasmi, Theorema, Roma.

SKEY M., (a cura di), (1998), Spettri da ridere, Einaudi, Torino.

SKEY M., (a cura di), (1997), Da leggersi all’imbrunire, Einaudi, Torino.

http://charlesdickenspage.com/reading_dickens.html

http://www.teachingenglish.org.uk/dickens

http://www.exampleessays.com/viewpaper/21246.html

http://hti.math.uh.edu/curriculum/units/2008/06/08.06.04.pdf

http://www.thedustyshelf.com/1-4/dickens.ph

http://www.jstor.org/discover/10.2307/2932526?uid=3738296&uid=2129&uid=2&uid=70&uid=4&sid=55887356003