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il sublime rovesciato: comico umorismo e affini

Copertina Numero 07

 settembre 2013

Saggi e rassegne

Barbara Ricci

L’amor scortese: la leggenda di Virgilio nella cesta. Breve rassegna bibliografica con un’ipotesi di interpretazione

 

La ricerca sulla leggenda di Aristotele cavalcato da Fillide in epoca medievale e moderna attesta con accurata dovizia di documentazione un catalogo ricorrente di femmine ingannatrici, argute e beffarde (cfr. DE CESARE 1956, 1957). Anche la lista degli ingannati è più o meno sempre la stessa: Adamo, Davide, Salomone, Sansone, Aristotele e Virgilio sono i più frequenti, anche se non sono gli unici.

Nei testi medievali la figura di Virgilio si presenta come quella di un sapiente pieno di fascino, mago e incantatore, capace di artifizi bizzarri e malefici. Sull’argomento ha scritto pagine ancora oggi fondamentali Domenico Comparetti nel 1872, con il suo libro più famoso Virgilio nel Medioevo. Comparetti dedica alla leggenda di Virgilio nella cesta il capitolo VIII. Ivi si narra del suo ardente amore per la giovane figlia dell’imperatore di Roma.

Scrive lo studioso:

Fingendo di accettare la sua dichiarazione e piegandosi ai suoi voti, la giovane gli propose di introdurlo nascostamente nelle proprie stanze, facendolo tirar su di notte dentro a una cesta fino alla finestra della torre da essa abitata. Tutto gioia, Virgilio accettò; e all’ora designata corse a mettersi nella cesta che trovò pronta appuntino e con sua grande soddisfazione non tardò a sentirsi sollevare in aria. E fino a un certo punto, la cosa andava bene; ma giunta la cesta a mezza strada lì si fermò e vi rimase fino a giorno. Grandi furono le risa e il chiasso che fece la mattina appresso il popolo romano, a cui Virgilio era notissimo, quando vide un sì grave personaggio in quella pensile situazione. Né qui finiva la cosa: ché informato di tutto l’imperatore, Virgilio messo a terra di grave pena era minacciato, se con l’arte sua non avesse saputo sottrarvisi. Ma lo smacco rimaneva e l’oltraggio non era perdonabile. […]

Questa prima parte della leggenda appartiene al vasto ciclo dei racconti relativi alle astuzie femminili ed esprime l’idea che non v’ha grandezza d’uomo a cui la malizia donnesca non si mostri superiore, come la stessa idea esprimevano mille altri racconti comunissimi nel medioevo, taluni desunti dalla storia sacra e profana e dalle tradizioni dell’antichità, altri totalmente leggendari.

Il tema dell’astuzia femminile incontra nei testi dell’epoca spiegazioni diverse. In primo luogo la donna è astuta perché malvagia e pericolosa figlia di Eva. La sua beffa però può configurarsi anche come satira del sapiente, quando è tanto sicuro di sé da assumere atteggiamenti arroganti, vanagloriosi e violenti. Qualche volta poi l’astuzia viene ricordata esplicitamente come l’unica possibilità di difesa personale della donna, un essere fisicamente debole, costretto a misurarsi con poteri forti, ma non sempre del tutto invulnerabili.

Riportiamo di seguito come esempio alcuni versi dal Contrasto delle donne di Antonio Pucci citato da Comparetti:

Virgilio avea costei tanto costretta
Per molti modi con sua vanitade
Ch’ella pensò di fargli una beffetta
A ciò che correggesse sua retate;
E fe’ quel che tu di’ non per vendetta
Ma per difender la sua castitade;
Ver’è che poi, con sua grande scienza
Fece andar sopra lei aspra sentenza.

La vendetta di Virgilio è terribile. Il racconto che riportiamo di seguito è tratto dal Renart le Contrefait, opera scritta nel Nord francese tra il 1319 e il 1342 e testimonia la diffusione europea della leggenda in un numero altissimo di redazioni diverse (LECCO 2005, p.142).

Fece allora che in tutta la città
fino a dieci leghe tutto intorno
non ci fosse fuoco affatto.
Si estinse tutto senza rimedio.
Fece allora sapere in giro da un araldo
che chi volesse avere del fuoco
doveva chiederlo a quella certa dama:
sarebbe stato fra le sue gambe,
né altrove lo si sarebbe trovato,
né se ne sarebbe potuto rinvenire diversamente.
Avreste dovuto vedere la gente farsi folle:
subito la torre fu fatta a pezzi
e alla gran dama furono stracciate le vesti.
Proprio in mezzo alla città fu messa,
sistemata in un posto elevato.
Lì ciascuno teneva il suo con
e ciascuno ci prendeva il fuoco.
Al suo con mettevano candele,
e con il con le accendevano,
e chi avesse acceso,
non poteva passarlo ad altri.
Il fuoco non poteva aiutare nessun altro,
ma bastava proprio solo a lui.
Quella fu colà trattenuta
tutto il giorno dal mattino
fino a quando calò la notte scura,
tutta nuda, senza uno straccio addosso.
Ad ogni istante portavano candele,
e sempre quella concedeva luce,
tutti la videro in questa situazione.
Così il mago ne ebbe vendetta.

Il con (dal latino cunnus) è il termine che il francese antico e anche quello colloquiale moderno usa per definire l’organo genitale femminile. Secondo Comparetti, le due parti della leggenda nacquero in contesti diversi e separatamente; la seconda parte è di origine orientale e fu saldata alla prima in tempi successivi; la storia completa risulta attestata già nel XIII sec.-

La diffusione fu molto ampia in letteratura, ma anche nell’arte: il soggetto si trova scolpito in legno, in marmo, in avorio, dipinto e inciso anche da artisti illustri.

Come suggerisce Margherita Lecco, nella vendetta di Virgilio emergono elementi complessi che potrebbero richiamare gli archetipi originari del fuoco e della sessualità, ma con una variazione di senso: il racconto originario viene ad essere trasferito verso i domini della deprecazione e del riso, verso un abbassamento trivializzante, in altre parole verso una desacralizzazione del mito (LECCO 2005, pp. 143-145).

Resistendo alla tentazione di risolvere tutto nella buia notte delle origini archetipiche e rimanendo nell’ambito di una precisa tradizione testuale, si identifica comunque nella leggenda un intreccio significativo di elementi fortemente simbolici.

Nella prima parte la protagonista è una donna che organizza una beffa riuscita ai danni di un sapiente vanaglorioso e qui siamo nell’ambito di una tradizione in parte rimossa, ma diffusa e accreditata quasi come un genere letterario.

Più interessante si presenta la seconda parte della leggenda, il racconto della vendetta: Virgilio è un mago che dispone del fuoco, agente trasformatore per eccellenza e simbolo di civiltà; nel mito è di solito possesso del demiurgo potente, mediatore tra gli dei e gli uomini.

L’esposizione degli organi genitali femminili, pur partecipando della forza del fuoco, subisce invece un rovesciamento di significato, un notevole depotenziamento simbolico.

Dagli antichi miti greci di Baubò e delle sue ‘sorelle’ fino alle campagne italiane ed europee dell’Ottocento…

…scoprirsi il sesso, esibire il sedere o la vulva, toccarsi i testicoli serviva ad allontanare le forze maligne, piegare il nemico e la sorte; erano anche gesti di insulto e di provocazione e questa funzione oggi solitamente prevale.[…] Nelle battaglie fra i montenegrini e gli albanesi del secolo passato, le donne albanesi, postesi di fronte ai loro mariti, esibivano in faccia ai nemici le loro pudenda, per attirare magicamente la vittoria; lo stesso facevano le brigantesse e le manutengole dei briganti in Italia, durante gli scontri con i soldati. Questi gesti si fondano sulla convinzione che la nudità e l’esibizione degli organi sessuali possiedano poteri speciali: non tanto perché suscitano il riso capace di allontanare magicamente il maleficio, quanto soprattutto perché all’osceno si annettono i poteri del disordine e della trasgressione. (SCAFOGLIO 2005, p. 13)

In conclusione, il mago/demiurgo/maschio stabilisce una vendetta che ha una primaria funzione di contrappasso: quello che lei non gli ha concesso in privato, esponendolo a una sconfitta ridicola e plateale, lo deve concedere necessariamente a tutti e pubblicamente. Ristabilisce però anche un ordine simbolico che lo vede manipolatore assoluto delle forze primigenie della natura: il fuoco e la matrice della vita.

L’esibizione dei genitali femminili è sotto controllo e senza alcun potere di turbamento; scivola nella parodia e nel riso, si disfa nella vergogna sociale; la consueta gerarchia dei rapporti di forza viene ristabilita con pieno successo. La vendetta di Virgilio è riuscita.

Un’ipotesi di interpretazione iconografica: la sala di Amore di Castel Pietra

Gli affreschi cortesi di Castel Pietra si conservano in una grande sala del mastio e sono databili fra il 1465 e il 1469 (immagine n.1). Essi presentano alcuni personaggi di un catalogo molto diffuso, scelti a dimostrare l’astuzia e l’intelligenza delle donne. Compaiono Aristotele cavalcato da Fillide, il Giudizio di Paride, Sansone che uccide il leone. Su una parete è raffigurata una dama con due gatti, uno in grembo e l’altro alle sue spalle, una gazza e un uomo in gabbia. Un cartiglio è retto con il becco dalla gazza e un altro è svolazzante sulla donna (immagine n.2).

A Max Siller di Innsbruck dobbiamo l’interpretazione più coerente che finora sia stata fatta di uno dei due cartigli, quello sopra la donna […]. Integrando le lacune, potrebbe suonare «Hie sichst du die katz die vom Samit lechkst/und hintern woll kratzt» ovvero «Qui puoi vedere la gatta, che di fronte lecca il velluto e dietro le spalle graffia la lana». Ed è esattamente quello che vediamo nella scena: la gatta in grembo alla dama lecca la bordura di velluto del suo abito e quella posta dietro di lei, retta sulle zampe posteriori, si affila gli artigli sulla sua schiena. […] Il senso generale della scena sarebbe dunque quello di mettere in guardia contro la mendacia e le lusinghe menzognere delle donne, che catturano e rendono schiavo l’uomo. (SPADA PINTARELLI, MURA 2002, p. 629)

Il tema della doppiezza è sottolineato anche dalla presenza in scena della gazza:

Il suo piumaggio bianco e nero simboleggia un carattere contraddittorio, capace di fare del male come una fata maligna oppure del bene come una fata benevola. Ancora una volta la plurisignificanza del simbolo rende non facile l’interpretazione di un essere se esso non viene valutato nel contesto in cui è situato. (CATTABIANI 2000, p. 309)

La contiguità con la rappresentazione di Fillide che cavalca Aristotele, ma anche la presenza della storia di Sansone nel contesto di una sala dedicata allo svago e all’amore, fanno pensare che l’uomo in gabbia sia effettivamente Virgilio nella cesta. Si tratta di storie che ritroviamo vicine nei cataloghi delle donne ingannatrici, una modalità di racconto che, come abbiamo già detto, è quasi un genere letterario. E questo non accade soltanto nella scrittura, ma anche nell’espressione artistica, come dimostra il Maltererteppich (immagine n. 3), un esempio tra gli innumerevoli altri.

La prima parte della leggenda di Virgilio è tutta incentrata sulla beffa architettata dalla donna, in privato amorosa e lusingatrice e poi in pubblico beffarda e ingiuriosa. La pericolosità della doppiezza femminile, simboleggiata dal diverso comportamento della gatta e dal colore della gazza bianca e nera, è un aspetto sostanziale della vicenda e confermerebbe la nostra interpretazione.

Le immagini

Immagini 1 e 2

Una veduta d’insieme della sala di Amore di Castel Pietra e la raffigurazione dell’uomo in gabbia (Virgilio nella cesta) con gazza, dama e gatte.

Immagine 3

Tra i non molti tessuti medievali superstiti raffiguranti temi profani è rimasto il tappeto Malterer (Friburgo in Brisgovia, Augustinermuseum), databile tra il 1320 e il 1330 e proveniente dall’Alto Reno. Si identificano la storia di Sansone in lotta con il leone e poi di Sansone e Dalila (figg. 2 e 3), la storia di Aristotele e Fillide (figg. 4 e 5) e infine la storia di Virgilio nella cesta (figg.6 e 7).

Immagine 4

Il pezzo si trova nella raccolta del Walter Art Museum, a Baltimora. Proviene dall’area francese ed è databile fra 1340 e il 1360. In uno spazio ristretto (10 x 5 cm) e con abbondanza di particolari si identificano nella parte alta la storia di Virgilio nella cesta con una rara raffigurazione della sua vendetta e nella parte bassa la vicenda di Aristotele e Fillide.

http://neuesausdergotik.blogspot.it/2012/07/fundstuck-der-woche-woche-xxviii.html

Immagine 5

Si tratta di un incisione di Luca da Leida, nome italianizzato di Lucas van Leyden, pseudonimo di Lucas Hugenszoon (Leida, 1494 – 1533), che è stato pittore e incisore olandese.

BIBLIOGRAFIA

(in ordine di citazione)

COMPARETTI, D. (1941), Virgilio nel Medioevo, Firenze, La Nuova Italia

Il testo completo è disponibile in rete al link http://www.classicitaliani.it/index178.htm

Sulla figura di Domenico Comparetti uno degli studiosi italiani più interessanti attivi fra Otto e Novecento cfr. Dizionario biografico degli italiani, volume 27 (1982), voce a cura di Giovanni Pugliese Caratelli; il testo è disponibile al link

http://www.treccani.it/enciclopedia/domenico-comparetti_%28Dizionario-Biografico%29/

Sulla figura di Virgilio nel Medioevo e con alcune indicazioni bibliografiche riguardanti la leggenda di Virgilio nella cesta cfr. Enciclopedia dell’Arte Medievale, Virgilio Marone Publio (2000), voce a cura di C.Rabel, disponibile in rete al link

http://www.treccani.it/enciclopedia/publio-virgilio-marone_%28Enciclopedia-dell%27-Arte-Medievale%29/

Interessante anche il contributo di Paolo Dovizia, Un’antica testimonianza in volgare della leggenda di Virgilio (2006), che ha rinvenuto un’ulteriore redazione della leggenda risalente alla fine del XIII sec.; testo e commento sono reperibili in rete al sito www.nuovorinascimento.org

DE CESARE R. (1956), Di nuovo sulla leggenda di Aristotele cavalcato, in Miscellanea del Centro di studi medievali I, Milano, Vita e Pensiero, pp. 181-247

DE CESARE R. (1957), Due recenti studi sulla leggenda di Aristotele cavalcato, “Aevum”, 31, pp. 85-101

LECCO M. (2005), Virgilio e la vendetta del con di fuoco (Renart le Contrefait, vv. 29403-29534), in Esibire il nascosto. Testi e immagini dell’osceno, a cura de “L’immagine riflessa”, N.S. ANNO XIV, N.1-2 (gennaio-dicembre), pp. 137-152

SCAFOGLIO D. (2005), Le forme lacerate. Fenomenologia e semantica dell’osceno, in Esibire il nascosto. Testi e immagini dell’osceno, a cura de “L’immagine riflessa”, N.S. ANNO XIV, N.1-2 (gennaio-dicembre), pp. 7-20

PINTARELLI SPADA S., MURA A. (2002), Calliano, Castel Pietra, sala di Amore, in Le vie del Gotico. Il Trentino fra Trecento e Quattrocento, a cura di L. Dal Prà, E. Chini, M. Botteri Ottaviani, Trento, pp. 628-634

CATTABIANI A. (2000), Volario. Simboli, miti e misteri degli esseri alati: uccelli, insetti, creature fantastiche, Mondadori, Milano

Segnaliamo inoltre la relazione in corso di stampa:

CAVAGNA M., Virgile dans la corbeille et dans la tradition du savant amoureux humilié, in Speculum vulpis. Etudes sur Renart le Contrefait, Atti del convegno di Bruxelles (27-28 maggio 2011), a cura di C. Baker, M. Cavagna, A. Englebert, S. Menegaldo, Bruxelles, Presses de l’Université Libre de Bruxelles