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il sublime rovesciato: comico umorismo e affini

Copertina Numero 12

 aprile 2016

Segnalazioni

Clément Chéroux e Ute Eskildson

La Photographie Timbrée

Segnalato da Enrico Sturani

[ Clément Chéroux e Ute Eskildson, La Photographie Timbrée, L’inventivité visuelle de la carte postale photographique, Steidl-Jeu de Paume, Göttingen – Paris 2008

Clément Chéroux, Avant l’avant-garde: du jeu en photographie 1890-1940, Textuel, Paris 2015 ]

Sappiamo tutti che la fotografia, negli ultimi decenni, ha preso valori da capogiro; né esiste ancora qualcuno così ingenuo da pensare che un’opera firmata da Man Ray, Duchamp o da un costruttivista sia alla portata di ogni tasca. Eppure un bellissimo volume dedicato alle cartoline (specie fotografiche) create da surrealisti, dadaisti e costruttivisti, dedica la maggior parte dello spazio alle normali cartoline di fantasia che, pur non essendo poi troppo diverse da quei pezzi da Novanta, valgono infinitamente meno (ed esteticamente ci lasciano altrettanto interdetti).

E interdetto dovette rimanere il grande pubblico, che di queste bizzarre cartoline ignorava persino l’esistenza, vedendole esposte, accanto ai mostri sacri dell’arte, entro prestigiosi musei come il Jeu de Paume di Parigi, il Fotomuseum di Winterthur in Svizzera o quello tedesco di Essen; e con un catalogo che più grande e più bello non si può.

Come purtroppo spesso avviene con i bei libri, allora forse pochi lettori si sono chinati sul mistero di questa curiosa convergenza fra le più elitarie cartoline d’avanguardia realizzate in pezzo unico e le apparentemente più facili, normalissime cartoline di fantasia del tempo che fu (e cioè alcuni decenni prima degli artisti più dirompenti).

Oggi lo stesso Chéroux compie l’operazione inversa: un libro (quasi) sullo stesso argomento ma inverso al primo: molto più scritto e spiegato e sul tema dell’avanguardia prima dell’avanguardia. Chéroux – che dirige il settore fotografico del Beaubourg – è autore di una ventina di libri sugli esordi della foto e, soprattutto, aveva già presentato queste stesse opere sin dai Rencontres Internationales de Photographie di Arles nel lontano 1999, possiamo chiederci se tale titolo viene dopo quello precedente oppure se lo precede.

La prima volta in cui si è parlato di pre-avanguardia è stato a proposito delle stranezze che, a fine Ottocento, certi gruppi di artisti parigini come gli incohérents si divertirono a esporre; tra l’altro una Gioconda con infilata in bocca la pipa, un cavallo vivo dipinto con i colori della bandiera francese, dei pezzi di gruviera, dei quadri dipinti con un unico colore (tutto nero: “Negri che lottano in cantina di notte”).

Chéroux sostiene giustamente che tali manifestazioni vanno giudicate in base a quanto stava loro attorno e non a partire dalle avanguardie che vennero dopo; infatti il loro intento era solo divertire e divertirsi. In campo fotografico – che è il suo specifico – egli segnala tutte le sperimentazioni fatte nei primordi; la loro relativa diffusione avvenne solo negli ultimi due o tre decenni a cavallo fra otto e novecento, quando, a fine ludico, esse vennero diffuse fra i rampolli della buona borghesia, desiderosi di sperimentare ogni novità: allora infatti, decine e decine di pubblicazioni di pubblicazioni promuovevano la ‘fotografia divertente’.

Dal primo Novecento, poi, i trucchi cinematografici allargarono ancora il pubblico assetato dei più buffi pasticciamenti di immagini. Altri veicoli di diffusione popolare delle varie trovate della fotografia divertente furono le rubriche ‘Curiosità’ presenti sulle riviste illustrate nel decennio precedente la Grande Guerra. Anche le immagini prodotte nei baracconi delle fiere innovarono il gusto corrente, facendo largo uso di trovate fotografiche (persino il tiroassegno in cui si deve centrare il pulsante di scatto).

Ma una vera infatuazione per ogni tipo di trovata ottica, di prospettiva, di stampa, di montaggio, di colorazione di immagini, si registrò nelle cartoline di fantasia durante i primi vent’anni del Novecento. Esse diedero sfogo alla più sbrigliata immaginazione visuale. Loro fine non era né il bello artistico del fotopittoricismo, né il valore documentario delle istantanee di persone e situazioni: tali cartoline mettevano in gioco tutte le trovate della tecnica di ripresa, di sviluppo e di stampa al solo fine di produrre immagini da vendere in quanto curiose, ridicole o sorprendenti. Ancor più che creare, esse intendevano ricreare, nel senso di tenere allegri.

Quando, fra gli anni Venti e Trenta, gli artisti d’avanguardia fecero saltare i parametri della rappresentazione, dell’arte e della realtà, essi già ben conoscevano, frequentavano, apprezzavano e collezionavano i più vari mass media e spesso se ne appropriarono, integrandoli nelle proprie opere: ritagli di giornale, pubblicità, fotografie, biglietti; ma soprattutto cartoline. Ciò spiega le notevoli somiglianze formali che intercorrono, a distanza di uno o più decenni, fra certe cartoline di fantasia e talune opere delle avanguardie.

Prendiamo ad esempio la cartolina di Cléo de Mérode, raffigurata come dama di cuori assieme alle altre più celebri ballerine della Belle époque; a distanza di circa trent’anni, ecco il grande ritratto di Nush Éluard ritratta come dama di fiori assieme alle altre amiche del celebre artista Man Ray; a parte le dimensioni, la differenza sta essenzialmente nella tiratura: alcune migliaia di pezzi venduti a un pubblico generico, contro pochissimi, destinati a una cerchia di artisti e amatori d’arte; mentre la cartolina è un anonimo pezzo industriale, il ritratto di Nysh è opera di un celebre artista. Ma che quell’anonimo operatore abbia avuto quell’idea per primo non sarebbe poi così importante; egli infatti voleva solo realizzare un’immagine simbolica e attraente, mentre Man Ray, riprendendo quello stesso motivo oltre un quarto di secolo dopo, intendeva fare qualcosa di affatto diverso, creare un’opera d’arte; il che è sancito dai rispetti prezzi delle due opere (circa 5€ contro almeno 100.000).

Un altro esempio sono le foto-ritratto da baraccone stampate facendo uso di alcuni specchi opportunamente inclinati: quella d’anteguerra con i cinque profili dell’anonimo signore in bombetta non pretende a nulla più che alla semplice curiosità o al souvenir di famiglia, posto che se ne sia tramandato il nome; l’assolutamente identico ritratto quintuplo di Marcel Duchamp che fuma la pipa, realizzato da un anonimo operatore di Broadway – che l’interessato si limitò a pagare e ad esporre – raggiunge invece i sublimi vertici del ready-made.

Anche in molti altri casi, l’idea risale e affonda nell’archeologia di un passato prossimo che, se Chéroux si preoccupa di sviscerare in tutte le sue componenti, intrecci e funzioni, certo non pretende di individuare: ragionare sull’invenzione del fuoco e della ruota è certo fondamentale, ma appare inutile identificarne un autore. Viceversa, gli artisti d’avanguardia, pur tessendo le lodi degli anonimi manipolatori di immagini, raramente dimenticano di far sapere chi è l’autore; preferiscono formati più grandi, materiali più duraturi, lavori più accurati, in pezzo unico o in multipli numerati; essi frequentano il milieu elitario degli amatori, dei galleristi, dei critici, dei colleghi; pubblicano manifesti ove palesano i propri intenti polemici (magari nei confronti dell’arte) e magari le proprie simpatie verso le anonime arti popolari: essi hanno insomma delle dichiarate intenzioni artiche, ed esse esulano da qualunque possibile fine pratico, fosse pure quello di semplicemente far ridere, divertire o stupire.

Il vasto repertorio delle forme ricreative d’amatore, dalla ricreazione, passa dunque allo statuto della creazione e si pone al servizio di un progetto artistico. Ciò spiega come mai, due oggetti formalmente identici possono avere statuti differenti: inutile che un idraulico oppure che un graphic designer accampino pretese di originalità rispetto all’orinatoio di Duchamp o alle scatole di Brillo di Warhol.

Insomma, se per un attimo capovolgiamo i termini del problema, potremmo dire che molte cartoline di fantasia spesso non solo ci fanno ridere; esse rivelano una libertà e una impertinenza non meno rinfrescanti da quelle che a volte sprigianano dall’arte e dalla poesia. Viceversa alcune opere d’arte di certi autori d’avanguardia, spesso non ci fanno neppure ridere. Ma, entro i Musei d’Arte Moderna, non è di bon ton raccontare la storia degli abiti nuovi dell’imperatore.

Per saperne di più:

Soprattutto l’ultimo volume di Clément Chéroux dispone di note e di una bibliografa ricchissime, non solo sui singoli aspetti e sull’evoluzione della ‘fotografia divertente’, ma anche su problemi di metodo come quello del rapporto fra arti ‘basse’ e ‘alte’. Per problemi simili, in italiano, mi permetto di ricordare i miei tre ultimi volumoni: Enrico Sturani, Cartoline, l’arte alla prova della cartolina (soprattutto pp.70-79: Preavanguardia, avanguardia per ridere e avanguardia in caricatura; pp. 326-335: Il fotografo si diverte); La cartolina nell’arte, Fatta a pezzi, stravolta, esaltata; e Cartoline dalla A alla Z (varie voci, fra cui ’Preavanguardie’. ‘Presurrealismo’, tutti Barberi editore, Manduria, 2010, 2011, 2013).