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il sublime rovesciato: comico umorismo e affini

Copertina Numero 12

 aprile 2016

Testi

Domenico Dara

Una piccola commedia umana

Calabria, Girifalco, aprile 1969. La cartolina ritrae il pubblico di una rappresentazione sacra durante la Settimana Santa. Una folla indistinta, una moltitudine di uomini, donne e bambini che si ritrovano per qualche ora a condividere un luogo e un tempo.

In quello stesso momento, sulle loro teste, la sonda statunitense Mariner 6 sta viaggiando verso Marte, dove approderà alla fine di luglio. In quello stesso momento, davanti ai loro occhi, Giuda sta parlando col Diavolo prima di impiccarsi a un Ficus carico.

La vita, quella della realtà e quella della rappresentazione, si svolge al di fuori del quadro, al di fuori della caverna. È sempre altrove la vita, soprattutto per chi abita una terra estrema, insidiosa, terminale. I calabresi conoscono bene l’Altrove: l’hanno chiamato di volta in volta Settentrione, Merica, Swizzera, Canadà. Non solo quelli che sono partiti: anche chi rimane e permane cresce all’ombra dell’Abbandono sgranando il rosario del Distacco e dell’Attesa, della Speranza e del Ritorno. La storia sembra essere fuori dalla loro portata: o devono spostarsi per aggranfiarla o, come nella foto, devono accontentarsi di guardarla passare accanto.

Sembra. Che basta un’inezia perché tutto appaia diverso. Basta che un fotografo ruoti di settanta gradi l’obiettivo che all’intrasàtta ciò che guarda è guardato, e la vita, silenziosamente, si sposta dentro il quadro: sono loro, gli osservatori dello spettacolo, a farsi adesso attori inconsapevoli della vita. Questa foto significa il rovesciamento dei poli: anche voi, uomini e donne calabresi, siete ciò che state osservando, gli attori di una storia che scrivete con la vostra diaria esistenza.

Siete voi, con i vostri corpi e le vostre intenzioni, il tempo perduto da ricercare, voi la commedia umana, gli uomini senza qualità, i silenziosi ulissi della quotidianità: tu, Salvatore Crisante, unico biondo della folla, guardato a vista dal gendarme, conosci bene il delitto e il castigo; tu, Vincezuzzu Rosano, padre Goriot sotto mentite spoglie; e Bastianazzo con il volto di Ruaccu Vumbaca e più in là, defilato, Ndrja Cambrìa che scambiò Girifalco per il paese delle Femmine, e ci sei anche tu Emma, che ti fai chiamare Cuncetta a Bovara ma non hai per questo smarrito il tuo diritto all’illusione.

Ci sono tutte le storie del mondo su questi volti anonimi: ognuno di essi andrebbe ascoltato e raccontato perché è vero che la scrittura serve a ricordare, ma ha il dovere di farlo ridistribuendo le parti e i ruoli, rivoltando l’ordine prestabilito e la gerarchia predeterminata, perché non esiste una Storia: la Storia si fa nello stesso momento dell’osservazione e della scrittura, come nell’universo quantistico, in quel meraviglioso Altrove in cui si esiste solo nell’infinitesimale attimo dell’interazione.

Nell’aprile del 1969 la sonda Mariner 6, a 3.430 chilometri di distanza dalla Terra, raccolse 198 fotografie: dalla loro giustapposizione fu ricostruito il venti per cento della superfice di Marte. Che è, in fondo, una lezione di metodo valida anche per la Storia Umana, la cui mappa si costruisce anche affiancando le istantanee della gente di Girifalco, in Calabria, in un aprico pomeriggio di primavera.