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il sublime rovesciato: comico umorismo e affini

Copertina Numero 17

 ottobre 2018

Segnalazioni

Un quadrato a cinque lati: “Linus”

Segnalato da Domenico Nunziata

Cinque. Come Cinque è il numero perfetto, fumetto che fa da pietra angolare all’interno della produzione del suo autore, il sardo più inglese di sempre. Igor Tuveri, in arte Igort, è il direttore novizio della rivista mensile “Linus”, incunabolo di foglietti colorati che è arrivato – appunto – al quinto mese di vita editoriale sotto la nuova gestione dell’autore dei famosi Quaderni Giapponesi. Mentre si scrive questo articolo, infatti, nel mese di settembre è uscita la quinta edizione della rivista diretta un tempo e a lungo da Oreste del Buono – giornalista e traduttore – la quale di recente è slittata sotto le mani de La Nave di Teseo, la neonata casa editrice diretta da Elisabetta Sgarbi, nonché uno degli ultimi progetti a cui ha potuto partecipare anche il professor Eco.

L’editrice ha proposto, dopo l’acquisizione della rivista, a un autore importante e già artisticamente inquadrato come Igort, la direzione della stessa. Igort è stato uno dei più importanti fumettisti della scena post-Frigidaire, quindi post-Andrea Pazienza (il suo gruppo si chiamava Valvoline) ed è stato assorbito interamente dalla controcultura bolognese e inglese degli anni 70. Cultura che poi ha in parte rimandato al mittente, come scrive nel suo bel memoire edito da Chiarelettere dal nome My Generation. Adesso è un fumettista veterano, che però ha ancora qualcosa da dire: magari non attraverso i fumetti in senso stretto ma attraverso le possibilità di “generazione di alterità” che può mettere in gioco tramite la sua direzione di “Linus”, una delle riviste più iconiche e importanti degli ultimi cinquant’anni, almeno in Italia.

Quindi: cosa ha combinato Igort con la rivista? Ha trovato un bel giocattolo e ha cambiato tutto. E ha riportato qualcosa indietro. Insomma, ha oliato gli ingranaggi della macchina, ha tolto qualche pezzo (qualche pezzo avanza sempre, no?), e ha aggiunto qualche sorpresa interessante, che rende la macchina elegantissima, moderna, con un retrogusto estetico un po’ retró – ma non troppo. Rispetto alle gestione precedenti, che hanno sempre tentato un rilancio completo della testata, Igort ha in mente un progetto chiaro nella sua mente di autore completo, un autore che ha una certa visione del mondo, della cultura e dell’arte disegnata, un certo gusto particolare nelle strisce umoristiche e nei racconti a fumetti. Non è Oreste Del Buono, il grande direttore, che infatti non era un artista, e quindi da profano – di inconsapevole bravura editoriale – riusciva a garantire una contaminazione all’interno della rivista senza eguali.

Il nuovo “Linus” è più “quadrato”, è un oggetto statico: che riesce però sempre a sorprendere. Si atteggia come se fosse una piccola Wunderkammer che continua a evolversi nel tempo. Ogni tanto la porticina dello scrigno delle meraviglie si apre ed esce fuori qualcosa di nuovo. Ma è sempre lì, accanto ai mobili che avete sempre visto. Ogni tanto, soprattutto nelle copertine, c’è un’attenzione particolare a fare antiche allusioni, penso per esempio ad “Alter-Alter”, altra famosa rivista, oppure cerca di stare al passo con le gradi riviste americane di tendenza democratica. C’è molto sottotesto sociale, nel nuovo “Linus”, meno politica rispetto alla gestione precedente. Forse è un bene.

Da Kaz a Swarte, da Little Nemo a Kin-Der-Kids, ci sono le migliori strisce a fumetti mai concepite da mente d’uomo, alle prime tavole illustrate che sono apparse sui giornali americani di inizio Novecento, sui giornali del così detto Yellow Journalism. Poesia a fumetti, racconti brevi con tanto di fulmen in clausola o apologo morale, pezzi punk o melodie jazz sotto forma di racconto sequenziale. Le antologie mensili di “Linus” sono quanto di più diverso ci possa essere dalla sensibilità mainstream del contemporaneo: indaga il vecchio e il nuovo underground, bazzica il pop ricercato (cos’è il fumetto se non una pop-art?), rispolvera la Storia del fumetto e porta sulle pagine di una rivista in grande formato gli autori giapponesi sconosciuti ai più sulla piazza italiana. Ritroverete l’incanto.

Ciò che invece la rivista non può non ignorare sono le serie televisive e il cinema. Le immagini in movimento su schermo rimangono forse l’ultimo mezzo popolare di diffusione artistica che sia rimasto saldamente ritto sulle sue gambe, senza particolari scossoni. Ci sono molti consigli e diverse rubriche dedicate al tema, compresa l’apprezzatissima colonna di Dario Moccia, livornese di provincia nato youtuber, il quale ora si destreggia tra la sceneggiatura del fumetto, la critica fumettistica e di animazione e la curatela editoriale. Troppi consigli e poca critica per quanto riguarda il settore del visivo in movimento. Peccato. Sarebbe stato fondamentale. Ma a sistemare tutto ci pensa Gnommero di Paolo Interdonato, una delle rubriche italiane più innovative di sempre: prendete tre o quattro eventi o oggetti che non sono correlati fra loro e incastrateli lo stesso nella medesima piccolissima formina. Interdonato lo sa fare. Gli altri, semplicemente, no.

Che altro aggiungere? Aggiungiamo una mancanza. Non ci sono autori di fumetti realmente di rottura, autori che disturbino la visione e la lettura, autori giovani, magari del panorama italiano contemporaneo, che potrebbero portare un valore aggiunto all’underground moderno e alla qualità del prodotto editoriale. “Linus” di Igort si legge con piacere e si sorride, non si inorridisce né ci si scandalizza – ma ci si ritrovano conferme artistiche e intellettuali, pensieri, tutto sommato, comuni. L’incanto c’è, si percepisce, manca la scintilla della sregolatezza, un po’ di caos calmo. “Linus” è delicato, non è più irriverente ma è bonario. Una rivista importante per il panorama italiano, che è stata capace di sopravvivere allo scorrere degli anni rimanendo sempre e solo cartacea, un elogio alla lentezza e alla pigrizia. Nel mondo di questi anni – dove le nevrosi che ritroviamo in Ro.Go.Pa.G. si diffondono sempre di più – non si può fare, forse, niente di così anti-sistema.