Nel XVIII libro (vv. 478-607) dell’Iliade Omero invita il lettore a poggiare il suo sguardo su un oggetto apparentemente di poco conto per lo svolgimento dell’azione narrativa: lo scudo dell’eroe Achille. Esso è stato forgiato, su invito della madre Teti, dal dio Efesto che ha sontuosamente immaginato uno scudo suddiviso in cinque cerchi concentrici che racchiudessero progressivamente macrocosmo e microcosmo: dall’universo con i suoi elementi fondativi alla quotidianità dei campi. La descrizione dei quadri è minuta e particolareggiata, come la vita degli uomini nel suo svolgersi regolato: tutto appare improntato a un più profondo kosmos: a un ordine che deve scacciare il possibile rischio del caos, simile a quello che sta per travolgere la città di Troia. Quando gli eroi termineranno di combattere, è a quell’ordine sociale che dovranno tornare.
La descrizione dello scudo non è quindi casuale: attraverso di essa l’aedo richiama il pubblico ai valori fondativi della società greca, i quali per degli uditori sono più facili da immaginare iconicamente che astrattamente. L’idea si fa immagine e l’immagine si fa parola: in questo percorso si delinea il primo esempio di ekphrasis della storia della letteratura occidentale. La pausa narrativa apre squarci all’immaginazione e al fingersi nel pensiero mondi ulteriori e significati reconditi.
L’ekphrasis ci spiega retoricamente ciò che nel mondo latino i poeti avrebbero inseguito come il sogno dell’ut pictura poesis: la poesia che si fa immagine parlante, per potere sopravvivere all’usura del tempo e continuare a richiamarci alla memoria il suo potenziale espressivo, intriso di colori e suoni capaci di parlare ai nostri sensi. La vista e l’udito sono eccitati e stimolati dall’ekphrasis a una attenzione più viva all’oggetto, alla persona, al luogo, al tempo della rappresentazione. Ed è per questo che gli scrittori, da Omero in poi, l’hanno inseguita dall’antichità fino alla contemporaneità: è un lungo catalogo nel quale possiamo annoverare Virgilio, Catullo, Ovidio, Marino, Keats, Auden, Zanzotto. Se non è possibile attraversare storicamente l’ekphrasis senza trascurarne qualche ripresa letteraria, è però possibile pensarla teoricamente e lasciarsi guidare da essa verso una riflessione sul rapporto fra parola e immagine.
Da questa ispirazione nasce una nuova rubrica di “Fillide” ad essa dedicata. Ekphrasis vuole evocare immagini e parole attraverso contributi teorici e narrativi, percorsi storici e foto-racconti in cui il tratto della penna sarà accompagnato da quello del disegno. La rubrica si aprirà agli scritti di studiosi e narratori contemporanei e prolungherà la sua attenzione al mondo della fotografia e della cartolina, che è caro alla rivista. Senza dimenticare i suoi temi fondativi: umorismo, comicità, rovesciamento.