Il n. 25 di “Fillide” ha come titolo Iocus et facetiae e presenta una serie di contributi che rielaborano alcune relazioni tenute al convegno che si è tenuto lo scorso anno ai primi di dicembre all’Università di Macerata, organizzato da Francesca Boldrer, associato di letteratura latina presso il Dipartimento di studi umanistici. I temi dei diversi contributi consistono nel mettere in luce, nell’antico e nel moderno, il filone umoristico, comico oppure ironico, rivelando caratteristiche rimaste in ombra e connessioni e collegamenti inusuali tra i diversi autori.
Così nell’analisi della commedia di Aristofane Bernhard Zimmermann, professore ordinario di Filologia greca e latina alla Albert-Ludwigs-Universität di Freiburg, individua, contrariamente alle interpretazioni tradizionali, la presenza dell’ironia drammatica non solo nella Commedia nuova, ma anche in alcune commedie di Aristofane, tra le quali i Cavalieri e le Nuvole. Crescenzo Formicola, professore di letteratura latina presso l’Università “Federico II” di Napoli, accosta arditamente Ovidio e Rushdie nel comune “lamento”, sberleffo beffardo e ironico che contesta il potere politico e politico-religioso. Gianna Petrone, ordinario all’Università di Palermo e studiosa del teatro latino, esamina l’influsso della commedia di Plauto nel ritratto di Pisone del Pro Sestio di Cicerone, mentre Francesca Boldrer illustra la continuità tra Cicerone e i poeti Virgilio e Orazio nel comune gusto per l’umorismo, l’arguzia, l’ironia e la salacia.
Per il periodo moderno Luisa Bertolini, direttrice della rivista, esamina il concetto di sublime rovesciato nel Perì Bàthousdello Scriblerus Club e in Jean Paul Richter, e Costanza Geddes da Filicaia, associato di letteratura italiana all’Università di Macerata, analizza alcuni passi dell’Epistolario di Leopardi e l’incompiuto Inno ad Arimane.
Infine lo storico dell’arte Roberto Cresti, docente dell’Università di Macerata, ripropone la figura di Alberto Savinio (a cui abbiamo dedicato un numero monografico nel 2018 numero-16) analizzandone il riferimento all’estetica di Schlegel.
Il tema del gioco e della facezia viene ripreso nell’intervista a Gino Tellini, professore emerito di Letteratura italiana all’Università di Firenze e uno dei massimi studiosi di Aldo Palazzeschi. Alle domande che gli rivolge il nostro redattore Giovanni Accardo, Tellini risponde spiegando la definizione di “saltimbanco” che Palazzeschi dà a sé stesso e definendo come «magia del suo registro comico» la sua capacità di trasformare la disperazione in allegria.
Luisa Bertolini
Francesca Boldrer