Fillide è la protagonista del Lai di Aristotele, un poemetto francese di 581 versi che è stato attribuito, dopo varie vicende, a Henri de Valenciennes e che è stato scritto intorno al 1230. Non è l’unica versione della vicenda, anche se è sicuramente una delle più riuscite e conosciute. Tra l’inizio del XIII e la fine del XV secolo se ne contano infatti molte versioni in varie lingue. Numerosissime le rappresentazioni artistiche: arazzi, sculture, miniature, bassorilievi in avorio e in legno, dipinti, affreschi e molto altro.
Cerchia del Maestro del Giudizio di Paride, Aristotele cavalcato da Fillide, frammento di cassone nuziale, 1440 circa, Museo Stibbert, Firenze, inv. Dip. 299
Alessandro Magno ha appena conquistato l’India e vi si ferma più a lungo del previsto. A trattenerlo è l’amore per una bellissima fanciulla indiana. A causa di questo amore Alessandro comincia a trascurare i suoi doveri di sovrano e di condottiero, provocando il malcontento dei suoi sudditi. È per questo che il suo precettore, Aristotele, lo rimprovera aspramente, ordinandogli di troncare la relazione. Alessandro prima accetta a malincuore di obbedire al suo maestro, poi cede di nuovo all’amore e torna dalla sua amata, rivelandole il motivo della sua assenza e cioè l’ostilità di Aristotele. A questo punto Fillide prende in mano la situazione e decide di vendicarsi. «Sarete voi a biasimare il vostro canuto e smorto maestro... dialettica e grammatica gli gioveranno gran poco contro di me... vedrete natura attaccarlo e privarlo di tutto il suo senno e il suo sapere». Il mattino dopo Fillide scende a passeggiare nel giardino che sta sotto la torre dove Aristotele abita e dove passa il suo tempo a studiare. Sa che Aristotele può vederla dalla finestra del suo studio. È un mattino d’estate, ha indosso solo la camicia, i piedi nudi, «ad abbellirla basta la sua lunga e grossa treccia bionda». Intona ripetutamente un canto e Aristotele smania per il desiderio. In malo modo le afferra la tunica e per averla le promette di smettere di insultarla e di osteggiare il suo rapporto con Alessandro. E poi accetta di mettersi a quattro zampe, di tenere una sella sulla schiena e di farsi cavalcare da lei. Alessandro lo sorprende così, mentre sta gattonando in giardino ed esprime al maestro tutta la sua meraviglia e il suo disappunto. Aristotele si difende con una retorica abile, ma non del tutto convincente, ammantata di spirito didattico: «Ciò che ho appreso e letto, Natura me lo ha distrutto in un attimo...se non sono riuscito io, pur contro la mia volontà, a evitare una così enorme follia, tanto meno vi riuscirete voi, e la cosa vi procurerà danno e disprezzo». Alessandro ride davanti all’arguzia del suo maestro, lo perdona e ottiene da lui il permesso di esaudire i propri desideri.
Il racconto di Fillide suggerisce interpretazioni diverse ed è probabilmente per questo che ha avuto tanta fortuna. E le interpretazioni suggeriscono a loro volta prospettive di ricerca per comico, umorismo e affini. La vicenda di Fillide è prima di tutto allegra, liberatoria e leggera: risalta un umorismo che toglie sacralità a ogni tipo di mitologia e si intreccia con la satira del sapiente e cioè con l’irrisione dei limiti di un sapere autocompiaciuto e autoreferenziale, che perde il contatto con la concretezza delle cose, pur credendo di dominarle. Infatti l’umorismo è spesso riconoscimento di un mondo fisico che resiste a ogni cancellazione intellettuale e libera un riso legato al corpo e alla fisicità, strumenti di conoscenza tanto quanto i labirinti della psiche o la filosofia. Ed è tra l’altro valorizzazione dell’effimero, del contingente e del quotidiano, che disfano ogni pretesa di si- stemazione astratta, rigida ed escludente, perché si concentrano sul particolare che sfida la generalizzazione. Ma l’umorismo è anche sguardo obliquo sul reale e sull’immaginario, che rivela ossimori inediti e spiazzanti e che spesso arriva da chi è estraneo e lontano, in questo caso una straniera e una donna. E il riso di Fillide è anche gioco irridente che mescola il caso e il calcolo, sfidando le strutture del potere e del pensiero corrente. E infine l’umorismo può essere elemento rappacificante e distensivo come il riso di Alessandro che ascolta le maldestre parole di Aristotele e decide di accettare una situazione inattesa e disturbante, ottenendo così quello che voleva.
Nel corso degli anni la rivista ha ampliato progressivamente gli ambiti dell’analisi e della ricerca: nella sezione
‘saggi e rassegne’ sono state approfondite le teorie del comico in filosofia e nella critica letteraria, rileggendo
autori del mondo antico e scoprendo artisti del mondo contemporaneo poco conosciuti. Teatro e musica sono entrati a
pieno titolo nelle linee di ricerca e particolare attenzione è stata data al rapporto tra parola e arti visive
(fumetto, grafic novel, fotografia, design).
Negli ultimi anni si è aperta una nuova sezione dedicata all’apporto creativo nella scrittura e nell’immagine: autori
affermati e scrittori esordienti hanno inviato racconti inediti, centrati sulle varie declinazioni del comico,
dell’umorismo e del grottesco, e illustratori e illustratrici hanno disegnato per la rivista. Interviste e segnalazioni
propongono infine ai lettori l’aggiornamento del dibattito e dei testi comici e sul comico.
Tutto questo è stato possibile per l’ampliamento delle collaborazioni che includono – accanto ai fondatori – scrittori,
studiosi e ricercatori in una rete di relazioni che comprende realtà diverse e lontane. Negli ultimi anni si è aperta
una nuova sezione dedicata all’apporto creativo nella scrittura e nell’immagine: autori affermati e scrittori esordienti
hanno inviato racconti inediti, centrati sulle varie declinazioni del comico, dell’umorismo e del grottesco, e
illustratori e illustratrici hanno disegnato per la rivista. Interviste e segnalazioni propongono infine ai lettori
l’aggiornamento del dibattito e dei testi comici e sul comico.
Dal 2021 il progetto è curato dalla cooperativa sociale CLAB di Bolzano.