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il sublime rovesciato: comico umorismo e affini

Copertina Numero 03

 settembre 2011

Testi

Gerry Turano

La reliquia

 

Bert Simmons passeggiava lungo via dell’Acquarella e gli arrivavano l’odore e il rumore del mare.

Non era cambiato un granché dall’ultima volta che era stato in quel posto, eppure erano passati trent’anni. In quei tempi Bert dirigeva la costruzione di un centro turistico formato da un grande albergo e centinaia di villini disseminati sulla costa. Un lavoro che lo aveva trattenuto in quella terra per anni, un affare da diverse decine di milioni di dollari; lui aveva la responsabilità che tutto filasse liscio: rispetto del business-plan, rapporti con i fornitori, con la forza-lavoro, con le istituzioni, inclusa la malavita locale. Ma aveva le spalle grosse Bert, e poi in quel posto aveva avuto la certezza d’essere felice.

In via dell’Acquarella a quei tempi ci passeggiava con Nora, si fermava con lei nel bar antico d’angolo, con lei s’infilava nei cortili di pietra, all’ombra, e poi la baciava con forza. Capelli corvini e due occhi neri capaci d’incenerire qualunque cosa puntassero ogni volta che si sollevavano da terra, questa era Nora. Seni turgidi, fianchi piccoli e tondi e un punto-vita che si sarebbe potuto racchiudere congiungendo i pollici e gl’indici delle mani; quel ricordo fu così intenso che il suo sguardo si proiettò lontano, leggermente al di sopra di un ideale orizzonte.

Avvicinandosi alla Piazza del Vicario, il suono morbido delle onde sulla sabbia si spense nelle voci di un corteo. Sentiva canti disordinati e una specie di banda musicale che andava dietro a quell’euforia scomposta. In quel pezzetto di mondo ogni occasione era buona per festeggiare qualcosa, pensò Bert: se possibile un santo, una madonnina, un evento miracoloso; si avvicinò, non aveva nessuna voglia di rientrare in albergo.

Appena al di fuori di una chiesetta in finto gotico, decine di persone, labari, trombe e tamburi si ammucchiavano intorno a una statua sostenuta a mano, c’era perfino un ambulante che affettava porchetta.

Nora lo aveva trascinato spesso alle feste di paese, godeva nel vederlo così fuori posto e gli diceva sempre: «ma a Detroit, li festeggiate così i santi?», e poi la mano sottile scivolava invisibile fra le gambe di lui. Bert ricordò per l’ennesima volta che sentire il più semplice e lieve tocco di quella donna provocava in lui immediate reazioni. Che gioia quel pensiero. Negli anni seguenti, ogni volta che aveva fatto l’amore con qualcun’altra, non era riuscito a non pensare a Nora. Magari per un solo attimo, ma aveva pensato a lei.

Magnificamente portati, sfiorava ormai i settanta, Bert. E da qualche anno non c’era più nessun desiderio in lui, nessuna reazione, neppure di fronte alla donna più attraente. E di questo, in fondo, ormai non se ne dispiaceva più di tanto. Amava però certi ricordi, e anche per questo era voluto tornare ancora in quella terra antica. Non avrebbe ritrovato Nora, naturalmente, non viveva più là da molto tempo, ma di sicuro avrebbe ritrovato ancora più vivi i loro ricordi.

Nel frattempo Bert era arrivato al confuso gruppo di festanti e si rivolse a un vegliardo che osservava appartato senza partecipare:

«Chi festeggiate, se mi consente?»

«San Galduzzo».

«Ah, San Galduzzo… E che ha fatto di bello?», sorrise.

«Come che ha fatto di bello! – rispose sorpreso quel tipo – Resuscitava i morti!»

«Ma quella non era virtù esclusiva del Cristo?»

«Più o meno… Infatti lo bruciarono sul rogo come eretico, a San Galduzzo».

«Ah, ecco. E poi?»

«Fu riabilitato da Santa Madre Chiesa, qualche secolo dopo. Si dimostrò che non aveva resuscitato nessuno, ma solo guarito dei malati. Noi però sappiamo che lui quel potere l’aveva davvero!»

«Sul serio? E come lo sapete?»

«Eh, antica tradizione orale, segreti tramandati di padre in figlio. E poi… ecco… ci sono delle prove indiscutibili».

«E dove?»

«Custodite segretamente… Le confraternite… Non mi faccia dire altro».

Nel frattempo il codazzo di fedeli s’era infervorato e le canzoni cominciarono a trasformarsi in urla, poi in insulti.

«Ogni Anno succede così – proseguì il vecchio amaramente –: si comincia con le ostie e si finisce con i sassi».

«Perché? Mi dica…», chiese Bert stupito.

«Perché i due rioni confinanti si scannano sull’etnicità del santo: Acquarella accusa Il Vicario di aver trafugato i suoi resti ed averli portati nel proprio territorio. Il Vicario, dal canto suo, accusa Acquarella di falsità: San Galduzzo, dicono, è nato, cresciuto e morto lì da loro».

«Ma si tratta di poche decine di metri di distanza!»

«Poche decine di metri, qua da noi, possono corrispondere a un emisfero».

«Se lo dice lei… E quando sarebbe accaduto tutto questo?»

«Mah, un migliaio d’anni fa, più o meno».

«E… E ancora si litiga?»

«Guardi un po’ la’…», il vecchio indicò la marmaglia: gl’improperi erano diventati spintoni, anzi, a guardar bene volava già qualche schiaffo. In pochi istanti labari e gonfaloni si trasformarono in armi, in piazza scoppiò una vera e propria guerra e vicino alle loro teste volò addirittura una scheggia di mattone. Il vegliardo sgranò gli occhi e se la diede a gambe, Bert si riparò dietro a un furgone e osservò: pugni e bestemmie, randellate, tre o quattro fedeli già stesi a terra, l’uomo della porchetta che spingeva il suo carretto gonfio di maiale contro gli avversari, urlando. Infine una fazione fu sospinta all’interno della chiesetta e lo scontro proseguì fra le mura consacrate.

Bert naturalmente si guardò bene dall’intervenire e dopo lo sconcerto iniziale prese a godersi lo spettacolo da un angolo protetto. Ne aveva viste tante di scazzottate, ma questa le superava tutte; gli hooligans inglesi e perfino gli yankees sembravano delle anziane ricamatrici al confronto di queste furie: vide saltare denti, masticare orecchie, spaccarsi bastoni su crani, e sopra tutti c’era sempre il feroce ambulante che lanciava pezzi di maiale arrosto di qua e di là. Finalmente si sentirono le sirene della polizia e chi ne ebbe la forza si dileguò fra i vicoli.

Appena un’ora dopo Bert si ritrovò a passeggiare in quella chiesetta ormai deserta, fra rottami d’altare, bacheche sfondate, ceri divelti. Per terra vide perfino una mezza dentiera e sorrise. Pensò alla necessità che ha l’uomo di scannarsi l’un l’altro: nulla di più naturale, si disse. San Galduzzo pensava davvero a tutto, anche a questo. Vide il carrello della porchetta riverso su una vetrina ridotta in frantumi: allungò la mano e raccolse un pezzo di cotica suina, quella più arrostita. Era lunga e aveva un bell’aspetto. L’assaggiò. Non aveva quasi sapore ma era croccante e la mangiò tutta. Raccolse poi un paio di occhiali sul banco vicino, volle sapere se chi li aveva persi, magari per un bel pugno in faccia, fosse miope o presbite. Camminava, Bert, guardava tutto quello scempio e sorrideva, amaramente, fra sé.

Era un po’ stanco adesso, e si diresse verso l’albergo.

«Buona sera Mr. Simmons», lo salutò educatamente il receptionist.

«Buona sera».

Entrò in ascensore e comandò il quinto piano, l’ultimo. L’aveva scelto con cura. Scese, percorse tre quarti del lungo corridoio e si fermò davanti alla sua camera, la 537, passò con un gesto veloce la tessera nel lettore ed entrò. La gigantesca finestra s’affacciava sul golfo, aveva davanti la stessa meravigliosa veduta di trent’anni prima, la stessa contemplata cento e più volte abbracciando la sua Nora. Entrando accese subito la tivù, meccanicamente. C’era un presentatore tutto abbronzato che annunciava qualche minuto di pubblicità, Bert si tolse la giacca, poggiò il portafogli sul tavolo e si stese sul letto a osservare lo schermo. Andò in onda lo spot del caffè Tazzabuona e poi la pubblicità dei collant SexyGirl: una telecamera bassa riprendeva una gran bella ragazza mentre scendeva le scale. La vista di quelle gambe slanciatissime e una piccola porzione di natica rotonda gli fece provare qualcosa di strano, di dimenticato. Era come se sentisse circolare diversamente il suo sangue, il pensiero andò subito a Nora. Alle sue gambe. Alle sue natiche. Al suo meraviglioso odore. Nora. Nora… Bert sbarrò gli occhi e portò la mano al basso ventre. Quasi svenne dallo stupore: un’erezione così l’aveva avuta, forse, a vent’anni. Si buttò sul letto ridendo e attese che quell’effetto del tutto inaspettato svanisse.

«Un fenomeno chimico-fisico isolato, certamente – si disse – Domattina chiamo il dottor Griffin, lui saprà spiegarmi questa storia».

Ma il sangue sembrò trovarsi nuovamente, perfettamente a suo agio in quel posto preciso e restò lì. Bert non poteva crederci, si preoccupò persino; decise allora di allontanare i pensieri carnali e concentrarsi su immagini e sensazioni raccolte da panorami diversi: suo padre nella bara, Madre Teresa, i suoi lebbrosi, le foto di guerra di Capra, Alien contro Terminator…

La situazione si normalizzò, ma fu sufficiente un minuto di balletto in tivù, con gambe squadernate e minigonne per riportare il tutto allo stato iniziale. Bert pensò allora di cambiare atteggiamento: s’alzò con il suo pennacchio all’erta e si sedette davanti al computer… Internet… Sul suo motore di ricerca preferito digitò la parola «escort» seguita dal nome di quel luogo. Passò quasi un’ora a selezionare la sua donna, cercava un succedaneo di Nora, ovviamente, e trovò Luigina, 25 anni dichiarati, ma più probabilmente 35. Corvina, occhi neri, un metro e sessantacinque d’altezza, due seni ben disegnati e uno sguardo bruciante. Forse il fondoschiena un po’ troppo abbondante in proporzione all’aggraziato contesto, ma Bert non se ne dispiacque. E il suo sangue non aveva alcuna intenzione di abbandonare il luogo in cui si trovava. Compose il numero di telefono di Luigina.

…..

La ragazza uscì dalla stanza 537 dopo un paio d’ore ridendo, e Bert insieme a lei.

«Eh no, nonno! Ora mi dici che diavolo di pasticca ti sei preso! Sono a pezzi! Ah, ah!»

«Niente! Te lo giuro! Ah, ah, ah! Niente pasticca, tesoro! Lo giurooo!»

«E guardalo, quel coso! Sta ancora là! Sull’attenti!»

In quell’istante dall’ascensore uscì qualcuno e loro si rituffarono nella stanza sganasciandosi dalle risate.

«Ah, ah, ah! Vabbé, Luigina, ti richiamo domani!»

«No! No! Pazzo! Facciamo almeno dopodomani!»

…..

Il mattino dopo Bert scese al concierge con un sorriso del tutto involontario. L’incontro con quella donna gli era costato caro, ma non ricordava da quanto tempo non fosse così felice. Si avvicinò al banco, il portiere lo salutò:

«Buongiorno Mister Simmons, desidera dare un’occhiata al quotidiano locale?»

«Grazie, sì».

Lo mise sottobraccio ed entrò in sala per la colazione. Con un cordiale cenno del capo salutò gli altri ospiti e si sistemò nell’unico tavolo libero di fronte alla finestra del grande terrazzo, poi aprì il quotidiano. Titolo a tutta pagina:

SAN GALDUZZO: SCOMPARE LA CROSTA BENEDETTA.

Nel corso di una feroce rissa fra quartieri, sparisce la reliquia miracolosa del santo. Trafugata?

Appena al di sotto del titolo, la foto dell’interno della chiesa semidistrutta e, di lato, un riquadro con l’immagine della celebre crosta, ritenuta nel corso dei secoli l’unico residuo corporale del santo recuperato dopo la sua esecuzione sul rogo. Bert sgranò gli occhi, impallidì visibilmente riconoscendo subito quel lembo di pelle bruciata dalla forma oblunga: se l’era mangiata il giorno prima nella chiesa credendola cotica di maiale. Sudò gelato. Continuò a leggere, si ripercorreva la vita leggendaria del santo e si enumeravano le decine di miracoli compiuti, le incredibili guarigioni, per non dire delle presunte, mitiche resurrezioni.

In quel momento entrò in sala una giovane ospite dell’albergo. Aveva una gonna corta e attillata. Si mise a sedere. Bert smise per un attimo di leggere e corse con l’occhio sotto il tavolino. Gustò le sue gambe affusolate, poi salì con lo sguardo fino a scorgere le mutandine rosa. Rosa come quelle che amava indossare Nora. Sentì il sangue accorrere immediatamente nel suo luogo ormai prediletto. Galduzzo era veramente santo, resuscitava al volo morti di ogni genere.

S’avvicinò il cameriere e chiese:

«Cosa le posso portare, Mister Simmons?»

Bert non rispose, il suo sguardo era fisso sotto il tavolino. Il ragazzo di fianco a lui tossì artatamente, ma in modo elegante. Nesssun effetto. Riprese la parola:

«Mister Simmons, mi scusi… Cosa le porto?»

«Nora, grazie. Ma va bene anche Luigina», rispose Bert sovrappensiero.

[ segnaliamo il sito di Gerry Turano: http://www.gerryturano.it ]