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il sublime rovesciato: comico umorismo e affini

Copertina Numero 09

 settembre 2014

Segnalazioni

Giovanni Dellantonio

Facce di bronzo e caratteri lapidari all’antica. Nuove note sui falconetti cinquecenteschi di Gregor Löffler per Sigismondo Thun di Castel Thun detto l’Oratore

1. Gregor Löffler, Coppia di falconetti con lo stemma Thun, 1554, Vigo di Ton, Castel Thun

Da quattro anni due splendidi falconetti in bronzo facenti parte di una originaria serie di dodici pezzi commissionata nel 1554 dal nobile trentino Sigismondo Thun al fonditore tirolese Gregor Löffler dopo essere stati dispersi per oltre settanta anni attraverso l’Europa sono tornati a far parte della dotazione di Castel Thun, l’imponente castello che domina fin da lontano i pendii della bassa Val di Non per la cui difesa e per il cui decoro erano stati realizzati.

2. Sergio Perdomi, Veduta di Castel Thun da nord-est, 1924-1935 circa

Sul secondo rinforzo della canna, in prossimità della culatta, queste armi sono ornate da una elegante targa a rilievo, posta a corona dello stemma Thun e riportante una lunga epigrafe in lingua tedesca ma che è stata delineata curiosamente, esplicitando i gusti e la cultura di chi li fece realizzare, con eleganti caratteri lapidari che si rifanno all’antichità romana.

3. Gregor Löffler, Coppia di falconetti con lo stemma Thun, 1554, Vigo di Ton, Castel Thun, particolare della porzione di coda con lo stemma e la targa dedicataria

La scritta è importante perché oltre la data della loro realizzazione, il 1554, ricorda come il costoso rame impiegato per costituire la lega in bronzo necessaria per la fusione fu generosamente donato a Sigismondo Thun dal suo signore, l’arciduca d’Austria Ferdinando I d’Asburgo che portava anche il titolo di Re dei Romani e che all’epoca era anche conte del Tirolo oltre che sovrano di Boemia e Ungheria.

Gli studi condotti in occasione della preparazione del catalogo di una mostra intitolata Tesori dal passato. Arte storia in dieci anni di acquisizioni ed ospitata nel corso dell’estate 2014 nelle sale di Casa de Gentili a Sanzeno in Val di Non hanno permesso di delineare la storia di questi pezzi d’artiglieria che sono anche delle splendide opere d’arte e cominciare ad analizzare la loro raffinata decorazione permettendo di scoprire tangenze e somiglianze davvero interessanti che spingono anche a seguire ulteriori tracce di ricerca (Dellantonio 2014a, Dellantonio 2014B).

Sigismondo Thun (1487-1569) fu alla sua epoca un personaggio di una certa levatura. Passato alla storia con l’epiteto di l’Oratore, per essere stato il rappresentante ufficiale di Ferdinando I d’Asburgo nelle fasi cruciali del Concilio di Trento, alla metà del Cinquecento fu il seniore della sua cospicua famiglia di cui resse con polso e generosità le sorti, arrivando a rinunciare in proprio al matrimonio per seguire gli affari propri e quelli di stato. Fu infatti incaricato di impegnativi compiti politici da Ferdinando per il quale curò ad esempio lunghe trattative di pace con la Repubblica di Venezia, fu inoltre membro per diversi anni del governo della contea tirolese e vantava proprietà, diritti e interessi economici oltre che in Trentino, nell’odierna Bassa Atesina e a Innsbruck.

4. Pittore ignoto, Ritratto di Sigismondo Thun, ultimo quarto del XVIII sec., Trento, Castello del Buonconsiglio, monumenti e collezioni provinciali

Anche il costruttore dei nostri falconetti, Gregor Löffler (1490 ca.-1565), per parte sua fu indubbiamente un uomo notevole. Figlio del fonditore di campane Peter Laiminger detto Löffler, costruttore pure lui di cannoni per Massimiliano I d’Asburgo, resosi indipendente dal padre cercò dapprima, invano, impiego presso l’arsenale di Trento, subendo quello che retrospettivamente possiamo considerare un poco avveduto diniego del principe vescovo e futuro cardinale Bernardo Cles.

Gregor non si perse però d’animo e per impiantare una propria fonderia si trasferì dapprima ad Augsburg in Baviera, città commerciale di primo livello, dove entrò in contatto con i potenti banchieri Fugger che all’epoca venivano affiancando all’attività finanziaria anche l’altrettanto lucroso impegno imprenditoriale nel campo dello sfruttamento minerario delle risorse alpine diventando in poco tempo anche i maggiori mercanti di rame dell’intera Europa.

Quando il padre invecchiò Gregor decise di tornare in patria. Innsbruck gli garantiva la vicinanza alle miniere dalle quali si ricavavano le materie prime – rame e stagno e un minore apporto di piombo – che gli erano necessarie per costituire la lega di bronzo, inoltre il Tirolo abbondava di legname per fare il carbone utilizzato per alimentare la fusione e aveva vie d’acqua navigabili e strade sicure per condurre i suoi cannoni nel cuore dell’Europa. Sulla riva sinistra dell’Inn a Hötting, di fronte alla capitale del Tirolo, costruì una grande fonderia, un deposito e ben presto anche una magnifica residenza chiamata Castel Büchenhausen.

Divenuto tanto ricco con la sua attività da essere in grado di prestare da un giorno all’altro ingenti somme di denaro allo stesso Re dei Romani come se fosse un banchiere di professione, in breve tempo, secondo gli storici che si sono occupati di lui, divenne addirittura il maggior fornitore di armi da fuoco dell’intero continente e uno dei maggiori fonditori di ogni tempo, riempiendo con le sue bocche da fuoco anzitutto gli arsenali dell’imperatore Carlo V e di suo fratello Ferdinando I ma anche quelli di altri principi e delle ricche città libere tedesche.

Gregor Löffler fu però anche un importante innovatore. Standardizzò infatti il disegno, i modelli e i calibri delle armi da fuoco ed ebbe una particolare predilezione, che esplicitò in alcune belle lettere che ci sono state conservate (Gümbel 1992, pp- 184-185), per i cannoni da campagna leggeri, chiamati in lingua tedesca Scharfentinle e detti in italiano propriamente falconetti.

5. Falconetto in Leonhardt Fronsperger, Kriegßbuch, Ander Theyl, Frankfurt am Main 1573

Queste armi, montate su agili affusti in legno con grandi ruote da carro trainabili da cavalli, potevano essere trasportate velocemente da un campo di battaglia all’altro, ci fossero da affrontare il re di Francia, i temibili eserciti dei principi protestanti in terra tedesca o il potente impeto espansionistico dell’impero ottomano – pure dotato, come è noto, di una formidabile artiglieria – che minacciava i confini sud-orientali delle terre controllate dagli Asburgo.

6. Jost Amman, Accampamento fortificato, particolare dei pezzi d’artiglieria schierati a sua difesa, 1564

I falconetti Thun ci sono pervenuti privi dei loro affusti lignei originali ma le splendide tavole illustrative di un manuale di artiglieria pubblicato a Milano nel 1606 da uno spagnolo, di nome Crostobal Lechuga, intendente dell’esercito imperiale e le fotografie dell’assetto integro di un falconetto coevo ai nostri e conservato presso il Museo del Castello di Salisburgo ci rendono edotti a sufficienza su quello che doveva essere il loro assetto originario.

7. Cristobal Lechuga, Discurso de la Artilleria, Milano 1611, p. 126, veduta dall’alto del cannone chiamato “quarto di colubrina”, corrispondente ad un falconetto, montato su un un affusto ligneo e corredato dagli strumenti per la carica della polvere da sparo

8. Hans Cristoph Löffler, Falconetto detto Löwe completo di affusto, Salisburgo, Festungsmuseum Hohensalzburg

Il maggiore studioso della figura di Sigismondo Thun fu verso la fine dell’Ottocento lo storico Edmund Langer, che ne compulsò la produzione scritta costituita da lettere, documenti e registri di conto quando l’archivio della famiglia Thun era ancora conservato nella Boemia settentrionale nel castello della cittadina di Děčín, chiamata in tedesco Tetschen. Proprio il castello dal quale i due falconetti partirono nel 1933 con moltissime altre opere d’arte per essere venduti in occasione di due distinte aste che si svolsero a Lucerna e poi a Vienna.

La lettura di quanto scrive Edmund Langer a proposito dello stile di scrittura di Sigismondo e quanto riferisce a proposito dell’esistenza fra le sue carte di addirittura tre versioni della iscrizione latina in caratteri lapidari che concepì per tramandare orgogliosamente ai posteri la sua opera di rinnovatore del bel monumento funebre in pietre di tre diversi colori, scolpite e lucidate, che fece predisporre nel 1549 nella chiesa parrocchiale intitolata a S. Maria Assunta di Vigo di Ton, paese che sorge in Val di Non poco distante dal castello avito, ci induce a ritenere non azzardato credere che fu proprio lui stesso a comporre anche il testo della epigrafe esplicativa che correda i nostri cannoni, contratta nella scrittura ma realizzata con forme eleganti.

9. Attribuito a Giandomenico Carneri, Monumento funebre Thun, 1549, Vigo di Ton, Chiesa pievana di S. Maria Assunta

10. Attribuito a Giandomenico Carneri, Monumento funebre Thun, 1549, Vigo di Ton, Chiesa pievana di S. Maria Assunta, particolare dell’epigrafe dedicatoria.

La decorazione all’antica delle eleganti bocche da fuoco è corredata in corrispondenza del loro baricentro da maniglioni in forma di delfini riprendendo le forme divenute all’epoca usuali degli appigli di molti cannoni ma che sono anche simili alla ornata foggia dei manici del mortaio che lo stesso Gregor Löffler donò nel 1552 alla figlia Giustina.

11. Gregor Löffler, Coppia di falconetti con lo stemma Thun, 1554, Vigo di Ton, Castel Thun, particolare della parte mediana con i maniglioni in forma di delfino

12. Gregor Löffler, Mortaio per la figlia Iustina Löffler, 1552, Innsbruck, Tiroler Landesmuseum

La parte terminale della canna, chiamata in gergo militare gioia, dei falconetti Thun è ornata invece da foglie d’acanto, da un fregio figurato e da due anelli circolari appiattiti distanziati da un setto longitudinale che ha la funzione di curioso, piatto, mirino.

13. Gregor Löffler, Coppia di falconetti con lo stemma Thun, 1554, Vigo di Ton, Castel Thun, particolare della parte terminale della canna chiamata gioia

Le decorazioni del fregio sono fra gli elementi più interessanti di questi manufatti. Sono infatti costituiti dall’alternanza di eleganti girali che richiamano motivi cari al classicismo rinascimentale che ritroviamo ad esempio in una placchetta bronzea di scuola tedesca databile alla prima metà del XVI secolo e derivante da un’incisione del pittore di Norimberga Barthel Beham e da quattro mascheroni che abbiamo qui voluto chiamare facce di bronzo.

Questi mascheroni ripetuti sugli assi di simmetria della canna ripropongono in effetti le fattezze classiche di Giove Ammone – riconoscibile per le caratteristiche corna ritorte – una divinità onorata originariamente in Egitto con il solo nome di Ammone che una volta trapiantata a Roma venne assimilata a Giove, di cui mutuò il nome, venendo anche ad assumere la funzione di protettrice della dignità imperiale e della capacità militare dell’esercito.

L’eloquente valenza evocativa della potenza marziale in età romana da parte della figura di Giove Ammone venne ripresa successivamente in epoca rinascimentale – nella quale come è noto si riproposero sistematicamente forme, modelli e suggestioni dell’antichità – come avvenne ad esempio nella chiave d’arco del fornice principale della cosiddetta Porta Nuova fatta costruire fra 1532 e 1540 a Verona come elemento di spicco della nuova cinta muraria urbana dalla Repubblica di Venezia che allora dominava la città scaligera, riprendendo intenzionalmente in moderne forme “all’antica”, secondo lo storico Ennio Concina (Concina 1983, pp. 73-75), l’antico assetto dell’arco d’età romana di Giove Ammone che ora è documentato solo da disegni cinquecenteschi ma che si poteva ancora ammirare integro in età rinascimentale nella città in riva all’Adige.

14. Michele Sanmicheli, Porta Nuova, Verona, dettaglio della chiave d’arco del fronte verso la campagna del fornice centrale

15. Giovanni Francesco Caroto, L’arco di Giove Ammone a Verona, dettaglio della chiave d’arco con le fattezze di Giove Ammone, 1560, prima versione 1540

Le quattro teste di bronzo del fregio dei falconetti Thun si possono poi confrontare con i fieri visi dei satiri bronzei della porzione mediana della cosiddetta Fontana cantante (Singende Brunnen) collocata nel parterre antistante il Palazzo d’estate (Lustschloss) del castello di Praga fatti entrambi realizzare proprio da Ferdinando I d’Asburgo.

16. Francesco Terzio (progetto), Gregor Löffler – fusione delle figure (?),Tomáš Jaroš (fusione), Fontana cantante, 1562-1568, dettaglio, Praga, castello

17. Francesco Terzio (progetto), Gregor Löffler (fusione delle figure (?)),Tomáš Jaroš (fusione), Antonio Brocco (cesellatura della parte superioreFontana cantante, 1562-1568, sullo sfondo il Palazzo d’estate

Mentre il suo committente regio è certo la paternità della fontana è tuttora controversa. Un primo progetto viene fatto risalire all’artista lombardo Francesco Terzio, mentre per la realizzazione vennero coinvolti dapprima lo stesso Gregor Löffler e poi il fonditore di campane moravo Tomáš (ovvero Thomas) Jaroš.

Un altro riscontro intrigante delle facce di bronzo Thun è quello con i mascheroni in stucco a rilievo realizzati una quindicina di anni dopo i nostri cannoni dal ticinese Antonio Brocco – chiamato nelle fonti austriache Anton Prack e che fu attivo anche a Praga al cantiere della Fontana cantante – su progetto sempre di Francesco Terzio come sostegni dei capitelli che ornano e scandiscono le pareti della cosiddetta Stanza degli imperatori (Kaiserzimmer). Questa stanza fa da anticamera alla enorme Sala spagnola (Spanischer Saal) ricavata nell’elegante costruzione rinascimentale collocata fra il parterre dei giardini e il corpo di fabbrica occidentale di Castel Ambras, nei dintorni di Innsbruck. Anch’esso una delle residenze rinnovate su iniziativa di Ferdinando I d’Asburgo.

18. Francesco Terzio (progetto), Antonio Brocco (realizzazione), Stucchi parietali della Sala degli imperatori, dettaglio, 1569-1572, Innsbruck, Castel Ambras

19. Johann Stridberg, Veduta di Castel Ambras, dettaglio, verso il 1700; l’edificio attestato sul giardino e coperto da sei tetti a doppia falda e da una falda singola ospita la Stanza degli imperatori

Questi e altri confronti, come quello forse più azzardato ma anch’esso intrigante, come quello con le fattezze del copricapo della corazza realizzata fra 1511 e 1514 dal tirolese Konrad Seusenhofer e donata da Massimiliano I d’Asburgo ad Enrico VII re d’Inghilterra, oggi conservata presso il museo delle Armerie reali di Leeds, mentre attendono altre conferme fanno intendere comunque come il tema delle corna ritorte per la coscienza degli uomini colti del rinascimento fosse indubbiamente legato alla celebrazione delle virtù marziali e imperiali, entrambe tanto care allo stesso Massimiliano I che fu lo zio di Ferdinando I e di Carlo V.

20. Konrad Seusenhofer, copricapo con le corna ritorte della corazza di Enrico VII d’Inghilterra, 1511-1514, Leeds, The Royal Armouries

Nel nostro contesto va anche osservato che uno dei maggiori teorici dell’artiglieria in età moderna, lo spagnolo Luis Collado, nel 1606, indicò esplicitamente nella macchina bellica dell’ariete il vero e proprio antesignano, in età antica e medievale, della gloriosa artiglieria rinascimentale.

21. Ariete in Luis Collado, Prattica manuale dell’artiglieria, Milano 1606, p. 12

Quanto si è cercato qui di delineare, integrando per l’occasione con nuove osservazioni le risultanze di una ricerca peraltro recente (Dellantonio 2014a), si basa sullo studio e il confronto di elementi storici reali e su fatti e circostanze concretamente verificabili. Ma vicende reali e dati storici a volte offrono materia anche per elaborazioni letterarie come avviene nei romanzi storici che anche da noi hanno goduto di una buona successo come ad esempio è avvenuto per il caso fortunato de Il nome della rosa di Umberto Eco.

Due autori germanici, uno scrittore di nome Johannes Soyener e il cultore di storia navale Wolfram Monfeld, hanno pensato per parte loro di prendere spunto proprio dalla saga e dalla fortuna della famiglia Löffler qui solo accennata per immaginare un ben documentato racconto storico intitolato Der Meister des Siebten Siegels – cioè Il maestro dei sette sigilli – una poderosa opera letteraria di oltre mille pagine di un certo successo nei paesi di lingua tedesca dal momento che ha avuto due edizioni e che è corredata di una ineccepibile appendice bibliografica di decine di pagine.

22. Copertina della prima edizione del romanzo Der Meister des Siebten Siegels

La vicenda narrata è sintetizzata in questo modo su uno dei siti che permette l’acquisto in rete del volume:

Nel 1590 il fonditore di cannoni Adam Dreyling viene portato davanti al tribunale minerario a Innsbruck. Viene accusato di incitamento alla sedizione e di tradimento di segreti minerari. Ma questo è solo un pretesto. Il vero crimine di Adam Dreyling è un altro: ha imparato da suo zio, maestro nella fusione dei cannoni in bronzo [Hans Cristoph Löffler, figlio di Gregor Löffler], i “sette sigilli”, cioè i segreti del suo mestiere. Ma poiché non gli è stato concesso di impiantare un proprio laboratorio in Tirolo fuggì con le sue preziose conoscenze prima a Venezia e poi in Inghilterra. Oltre la Manica entrò al servizio della regina Elisabetta con il costruttore navale Matthew Baker. Insieme hanno aiutato l’Inghilterra nella vittoria sui mari contro la temuto invincibile Armada spagnola. Ma la gratitudine di Elisabetta non durò a lungo e Dreyling è costretto a rifugiarsi in patria dove viene arrestato e portato davanti alla corte. Inizia così per lui la battaglia più pericolosa …(libera traduzione del testo presentato in Der Meister des Siebten Siegels von Johannes K. Soyener).

Adam Dreyling è solo un ben congegnato – ma indubbiamente per molti versi del tutto plausibile – personaggio letterario. Ma Hans Dreyling, ricco imprenditore e commerciante minerario fu una persona in carne ed ossa. Per celebrare le fortune proprie e quelle della propria famiglia fece realizzare nella chiesa di Schwaz presso Innsbruck uno splendido epitaffio, cioè un monumento funebre in bronzo, da Hans Cristoph Löffler, figlio, erede e prosecutore della nobile arte fusoria di Gregor Löffler.

23. Alexander Colin (modello), Hans Christof Löffler (fusione), Monumento funebre di Hans Dreyling, verso il 1575, Schwaz, chiesa parrocchiale

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FONTI DELLE ILLUSTRAZIONI

1, 3, 11, 13: Soprintendenza per i Beni culturali della Provincia autonoma di Trento, Trento, Archivio fotografico del Settore Beni Storico-artistici, foto Gianni Zotta

2: Soprintendenza per i Beni culturali della Provincia autonoma di Trento, Archivio Fotografico Storico, Fondo Sergio Perdomi, fotografia codice Mouseia 83500

4: Riproduzione da: L’uomo del Concilio. Il cardinale Giovanni Morone tra Roma e Trento nell’età di Michelangelo, a cura di Roberto Pancheri e Domenica Primerano, Trento 2009, p. 307

5: Leonhardt Fronsperger, Kriegßbuch, Ander Theyl, Frankfurt am Main 1573, tav. VIII

6: http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Kulturbilder_481-482.JPG [14/09/2014]

7: Cristobal Lechuga, Discurso de la artilleria, Milano 1611, p. 126

8: http://insmuseum.com/post/22883620162/falkonett-loewe [14/09/2014]

9: Riproduzione da: I luoghi dei Thun nelle Valli del Noce. Itinerari d’arte e storia, a cura di FERRARI Salvatore, Trento 2010, p. 32

10: Castello del Buonconsiglio, monumenti e collezioni provinciali, Trento, foto Giorgio Michelotti

12, 23: Riproduzioni da: Ruhm und Sinnlichkeit. Innsbrucker Bronzeguss 1500-1650. Von Kaiser Maximilian I. bis Herzog Ferdinand Karl, a cura di Gert Ammane Eleonore Gürtler, Innsbruck 1996, p. 117

14: Riproduzione da: DAVIES Paul e HEMSOLL David, Michele Sanmicheli. Milano 2004, fig. 388 a p. 297

15: Giovanni Francesco Caroto, Le antichità di Verona, Verona 1560, prima versione 1540

16: https://www.flickr.com/photos/stadt_land/8524172433/in/photostream/ [14/09/2014]

17: https://c1.staticflickr.com/1/32/49452285_153b257ae1_z.jpg [14/09/2014]

18: Archivio Dellantonio, Moena-Bolzano, foto Giovanni Dellantonio

19: STRIDBECK Johann, Curioses Staats und Kriegs Theatrum Dermahliger Begebenheiten im Tyrol : durch Unterschiedliche Geographische, Hydrographische, Topographische, Chronologische, Genealogische, Historische Carten, Abrisse, und Tabellen Erlaeutert und zu Bequaem..., Augspurg ca. 1700, carte non numerate

20: http://www.royalarmouries.org/assets-uploaded/images/source/Full-Horned-Helmet2.jpg, specchiato e parzialmente modificato [14/09/2014].

21: Luis Collado, Prattica manuale dell’artiglieria, Milano 1606, p. 12

22: http://ecx.images-amazon.com/images/I/61MFXTBPD0L._SS500_.jpg [14/09/2014]