[L’ottava – Accademia di letteratura orale nasce nell’aprile del 2006 promossa da David Riondino, realizzata dall’Associazione culturale Giano con la collaborazione di Mauro Chechi (importante cantastorie e presidente della Lega Italiana Poeti Estemporanei). Maggiori informazioni sulle attività dell’Accademia sono al link http://www.accademiadellottava.it/presentazione/
Così la descrive brevemente in versi David Riondino:
Qui vedete, tradotta in calendario
Una ghirlanda di eventi diversi
Che concerne quel canto straordinario
Di chi ragiona improvvisando in versi.
Contrasti, conferenze, seminari
Affiancheranno i poeti dispersi:
e questa novità che ci mancava
si chiama l’Accademia dell’Ottava!
L’Accademia organizza ogni anno un concorso a tema Ottottave.
Riportiamo i testi di Giovanni Kezich che ha partecipato a varie edizioni e che ha vinto quella del 2011.]
Tema: viaggiatori e viandanti
Di tutti i viaggiatori e dei viandanti
che corrono le strade del pianeta
mestier non v’è peggior tra tanti e tanti
né più vano di quello del poeta
quando accozza que’ versi rantolanti
e s’affanna già in vista della meta
mentre vediamo come se la cava
con il compito di chiudere l’ottava.
Dai dì che tuttavia Berta filava
o dai bei tempi dei garibaldini
dall’era della rava e della fava
all’evo medio di Guelfi e Ghibellini
eravi ognor qualcuno che cantava
le gesta di que’ mori e paladini
e le avventure di cavalleria,
di Ulisse, di Tancredi, della Pia.
Oh, sorte incapricciata, sorte ria
facesti all’uomo un dono tanto strano
con quel brilluccicare di magia
che mai non si potrìa toccar con mano:
un sogno, una chimera è la poesia,
eco lontana di un antico arcano
specchio riflesso della verità,
fata morgana o fòla: chi lo sa?
Ecco allor che il sacro fuoco brucerà
sotto ai calzari degli antichi aedi
che si spostavan di città in città
con il classico prurito sotto a’ piedi
e la stessa inquietudine sarà
dei poeti piccini grandi e medi
per non parlar del vate più importante
che ognor su l’altrui scale fu migrante.
Ma Ovidio ebbe l’esilio oltreché Dante
Petrarca lo scalò il Monte Ventoso
Ariosto, ch’è non meno interessante
in Garfagnana ste’ gran tempo ascoso.
È il Tasso poi che ne passò più tante
per quella forma rara di nervoso;
di Foscolo il destino a tutti è noto
che morì a Londra, in un sepolcro vuoto.
S’è vero quindi che in perpetuo moto
ogni vero poeta è claudicante
è vero pure che a siffatto voto
si rifarà ogni vero bernescante:
di tutti questi citerò il più noto
Edilio, che faceva l’ambulante
tra i poeti della piazza del mercato:
Arezzo Roma Tolfa Pisa e Prato.
Di viaggiatori il mondo s’è affollato
ma dei vecchi viandanti non v’è traccia
viaggia il turista, viaggia lo scienziato
viaggian gli sposi, e che buon pro gli faccia
ma sull’antico tratturo abbandonato
un pastor più non v’è, piaccia o non piaccia
riposa già il caval di San Francesco
senza più briglia, sella, carro o desco.
È ora col finale che vi mesco
l’ultima ottava delle conclusioni
volendo qui siglare l’arabesco
con le ultimissime considerazioni.
Erba non son che col caval io cresco
e di rimaggio ancor prendo lezioni
piacciavi riguardare questa mia
se c’è un qual briciolino di poesia…
Tema: bugie e verità
Poetastri di dubbia levatura
verseggiatori d’ogni rango e vaglia
estemporanei senza gran cultura
compreso qualche asino che raglia:
vénghino lor signori a dar la stura
alle ottave, a raffica o a mitraglia,
sull’argomento ognor d’attualità
delle bugie e della verità!
Nasce l’uomo con poche qualità
ma l’arte già perfetta ha del mentire
Adamo ipse la somma Autorità
fin da subito volle contraddire
e avendo già mangiato a sazietà
di quel frutto che qui non si può dire
interrogato disse: “Non ricordo,
forse dormivo, o forse sarò sordo…”
Di lui il figlio, notissimo balordo
pessima guardia fece a suo fratello
ed ebbe a dir lui pure “Non ricordo…”
dopo averlo accoppato col randello
mentre lenticchie e forse qualche tordo
bastarono a Giacobbe ed al fratello
per mettere il buon padre lor nel sacco
che, se non sbaglio, si chiamava Isacco.
E pure il re Oloferne ebbe lo smacco
da Giuditta, bugiarda e traditrice,
che se riuscì a disperdere l’attacco
lo fe’ con l’arti della meretrice…
ma leggiamo con minimo distacco
i sacri testi fino alla radice:
furbizie e frodi son, cose impossibili
infamità e molti fatti orribili.
Passiamo a’ greci men che irreprensibili
a cominciare dal geniale Ulisse
che di tranelli e frodi indiscutibili
seminò il mondo mentre che lui visse
od a’ cretesi proprio incorreggibili
mentitori, a quanto se ne disse,
ma quel che lo diceva era di Creta:
un paradosso, dalla A alla Zeta!
Veniamo all’oggi, che nessuno vieta
di dire il falso senza alcun pudore
si vende il panno come fosse seta
giurando con la mano sopra il cuore
mente il tiranno e mente anche l’atleta
mentono l’avvocato e il professore
mentono o poco o tanto le persone
mente il governo, e la televisione!
Ma in un mondo ch’è tutto un’illusione
in questo paradiso di bugie
brilla sempre là in fondo la Ragione
più forte e chiara delle porcherie:
la dirittura di ogni religione
e Quello che per sue infinite vie
manda avanti lo scaltro e l’inesperto
e protegge la barca in mare aperto.
Ecco Mosè che lo passò il deserto
con davanti la terra sua promessa
e avendo in cuore quel ch’è vero e certo
alla fine ebbe vinta la scommessa:
e se chiedete a un pensatore esperto
se vi è qualche valore che non cessa
lui vi dirà che l’uom non può far senza
quella luce ch’è in fondo alla coscienza.
Tema: l’Italia compie 150 anni, sempre più unita o sempre più divisa?
Nell’aula della scuola elementare
dove si scrive ancora col pennino
e si ubbidisce senza mai fiatare
ritto conserto e attento è ogni bambino
e il maestro si industria a raccontare
dell’Italia dal mare all’arco alpino
la bella fiaba del Risorgimento
battaglie, gloria, e il tricolore al vento:
“Non potete saper quale tormento
dove’ soffrire il popolo italiano
nel lungo secol dell’asservimento
all’Impero dell’Austria e al suo sovrano
mentre dal basso cresce un sentimento
di riscossa nel cuor d’ogni italiano
la voglia di veder l’Italia unita
un sogno, anche a costo della vita.
Ecco già i moti, ed ogni impresa ardita
Pisacane, i Bandiera e Garibaldi
ecco due guerre e non è ancor finita
ché bisogna tenere i nervi saldi
finché Roma non sia della partita
come voglion gli spiriti più caldi:
Venezia offesa di lontano chiama
che alla patria congiunta esser si brama.
Ecco alfine tessuta è già la trama
ordita dal Cavour Camillo Benso
ecco quindi il Paese che si ama
riunito dentro un unico consenso
e l’Inno di Mameli è il toccasana
che al nuovo Regno e all’epopea dà senso
in bellezza si chiude l’Ottocento:
manca solo Trieste, solo Trento!”
Ma fur forse gittate omai nel vento
le fervide parole del maestro
s’è vero che a tutt’altro intendimento
oggi più di qualcuno ha volto l’estro
e c’è chi pure non è mai contento
e ha messo già il paese nel capestro
con l’idea che l’Italia appena fatta
va prima federata e poi disfatta.
E tira e molla e scava e gratta gratta
che viene presto fuori ogni magagna
la guerra coi briganti a pari e patta
per un decennio su per la montagna
l’impresa coloniale che fu fatta
la vita proletaria che ristagna
tanto che cominciò l’emigrazione
da questa pur nuovissima nazione.
Né possiamo evitar di far menzione
del brevetto targato Mussolini
che da autentica italica invenzione
non tardava a varcar molti confini:
ma non si scordi mai, care persone
come in Russia crepassero gli alpini!
E basterà sì o no la Resistenza
a riscattar l’onore e la coscienza?
Si dice che la storia non è scienza
ma qualcosina ce la può insegnare
come ad esempio che si può far senza
la Patria con la “P” maiuscolare;
eppur resta una qualche quintessenza
del Bel Paese che bisogna amare:
ieri è finito, e oggi è già domani
viva l’Italia, e viva gli italiani!
Tema: il fisco e le tasse
Perso che fu il terrestre paradiso
e tramontata già l’età dell’oro
trovossi l’uom d’un punto all’improvviso
a sostentar sé stesso col lavoro
e questo lo raccontan per inciso
schiere di autori antichi tutti in coro
poeti, saggi e qualche santo ancora
che più non mangerà chi non lavora.
Poi che dalla foresta a sortir fora
per farsi largo a stento nel creato
ebbe l’uomo a fissare sua dimora
nella città, e presto nello Stato:
canali strade ponti ed altro ancora
ed un palazzo ad ogni magistrato
eresse poi, ma come non capisco
senza l’erario, gli esattori, il fisco?
Eccolo che già attacca ormai quel disco
che da mille e mill’anni e più risuona
ché non v’è statua, od arco od obelisco
a non esser pagato con l’annona
e meraviglio: anzi di più, stupisco!
se penso a Babilonia, Atene o Roma
e pure il buon Gesù l’ebbe a far credere
“Quel che non date a me, datelo a Cesare!”
Ecco dei tempi nuovi ormai l’incedere
senza alcun freno con le nuove tasse
gabelle, imposte, accise da non credere
per rimpinguarlo il fisco e le sue casse
e tutto veramente senza ledere
null’altro che il buon vitto delle masse
per giungere a tassarlo il macinato
oltre al tabacco, ai sigari e al trinciato.
Ma l’Otto e il Novecento è trapassato
per arrivare al provvido Duemila
dove però a scrutar nulla è cambiato
se le mettiamo le gabelle in fila
l’onesto cittadino è ognor vessato
e di bollette se ne fa una pila
peggio è che per ogni pagatore
si smarca di lontano un evasore.
Così si osserva che il lavoratore
quando ha finito di pagare tutto
resta col solo premio del sudore
senza goder di sue fatiche il frutto
mentre c’è più di qualche imprenditore
avvezzo a fare il tempo bello e il brutto
e in barba a trattenute e versamenti
scioglie le vele dello yacht ai venti.
E diamo qui la stura agli argomenti
di chi un tempo voleva l’uguaglianza
volendo predicar fuori dai denti
i presupposti della fratellanza
ma resta chi ne ha zero e chi ne ha venti
e chi duecento, e più maggior sostanza,
laddove non c’è aliquota che possa
ripareggiar la fetta, o corta o grossa.
E certo non a torto alla riscossa
da Spartaco a Togliatti a Gian Burrasca
dietro a uno straccio di bandiera rossa
ebbero a subornar chi è verde in tasca:
lontani i tempi ormai della sommossa
s’attende alfin che un nuovo mondo nasca
magari senza fisco ed evasori
né tartassati, e né tartassatori!