SCENA 1
INTRODUZIONE
Un personaggio in stile presentatore-grande mentitore, indossa un mantello regale a patchwork con cui gioca a scacciare i fotografi. Entra accompagnato da una serie di fotografi, si mette in posa, poi li caccia e si rivolge al pubblico.
GRANDE MENTITORE: Via via … Ora basta! Mi si potrà obiettare che ciò che state per vedere sia una frivolezza. Lo è. Ma a coloro che sostengono ciò io rispondo che come il riposo – immagino che tutti sarete d’accordo – è la parte più importante, e spesso anche l’unica, dell’attività fisica, così composizioni di questo tipo devono fungere da ristoro per la mente che è spesso affaccendata in fatiche assai più ardue… ma anche no.
E poi, in un tempo in cui la censura esercita la sua annichilente funzione con un certo entusiasmo, bisogna ricorrere anche a loschi sotterfugi, per raccontare, sotto il velo delle finzioni, un fondo di verità.
Del resto, quanti storici, geografi, antropologi, poeti e persino filosofi hanno raccontato ogni sorta di cose che sanno di prodigio e di favola: pensate a Omero, che per bocca di Ulisse raccontò di venti tenuti prigionieri in un otre, di esseri giganteschi con un occhio solo, cannibali e selvaggi e, ancora, di animali dalle molte teste e della trasformazione di uomini in porci per effetto di filtri… fandonie…
Ciò che suscita il mio stupore è il fatto che costoro abbiano potuto pensare di scrivere una tale accozzaglia di menzogne pensando che tutti le avrebbero prese per vere. Ormai si ha fiducia solo nella fiction, e se una storia viene presentata come vera perde automaticamente importanza e credibilità.
La seguente storia è vera, e nel dire vera, intendo falsa. Sono tutte bugie, ma divertenti. E alla fin dei conti, non è proprio questa la vera vera verità? La risposta è NO. E comunque dov’è il confine tra finzione e realtà? L’unica cosa certa è che è possibile rimanere pericolosamente coinvolti a livello emotivo assistendo a questo spettacolo. D’altronde tutti noi ci beviamo quotidianamente tali baggianate, che ci vengono propinate come fossero la pura verità… Insomma, non penso che un innocente sfogo del nostro spirito creativo potrà sortire effetti troppo negativi…in ogni caso, io vi ho avvertito.
Le luci si spengono, parte per sbaglio il Waka Waka. Qualcuno urla “No, non quella”. Poi si interrompe. Parte la musica di Also sprach Zarathustra. La luce si riaccende in modo intermittente, mentre Luciano, in tuta spaziale, cammina verso il centro del palco, si toglie il casco, tira fuori il suo cellulare ultimo modello, preme il tasto di risposta e la musica si interrompe e si capisce che era la suoneria del telefonino.
SCENA 2
DIALOGO DEL RECLUTAMENTO
LUCIANO
ASSESSORE AL SUBLIME al telefono
Equipaggio: OCIO AL MIRIN
UNZO KEFARE
FIISKI PIERFIASKY
SADI NON SAPERE
MARA VIGLIA
LUCIANO: Pronto? Ah, è lei assessore… sì, sì, sono qui. Sì, la nave è a posto… sì abbiamo l’ossigeno liquido… sì, ci sono anche i viveri… Solo, dov’è l’equipaggio? Dove sono i cinquanta uomini che avevo chiesto?
Nel frattempo dietro di lui si schierano tre personaggi dall’aria non troppo sveglia, Luciano si volta e li nota.
LUCIANO: Assessore? Ma sono solo tre, assessore… sì, capisco, il governo ha tagliato i fondi alla ricerca …però…Sì, capisco, ognuno vale per dieci…ne è sicuro? No, assessore, la prego, non mi può mollare qui così con questi… questi… elementi. No assessore, gentilissimo, eccellentissimo, egregio, esimio, emerito…
Si sente un bip che chiude la comunicazione.
LUCIANO: Assessore al Sublime…
Rimette via il telefono e si volta verso i tre. Si rivolge al primo dei derelitti.
LUCIANO: Dunque … TU (indica uno dei tre che ha occhiali molto spessi, tuta mimetica e un fucile giocattolo) – mi sembri il più intelligente. Chi sei?
OCIO: Tiratore scelto Ocio al Mirin, signore. Per servirla signore. E per servire la causa!
LUCIANO: Quale causa potresti servire tu?
OCIO: Quella della colonizzazione, signore
LUCIANO: Ma quale colonizzazione e colonizzazione?! Il nostro è un viaggio di esplorazione… ispirato dalla curiosità di conoscere e dal desiderio di cose nuove (guarda con disgusto i tre) e poi anche volendo… Tiratore scelto dicevi?!
OCIO: Sissignore! Tiratore scelto! E laureato in escatologia su Saturno VII, con un master in caccia alle mosche in Antartide, signore.
LUCIANO: Mi stai prendendo per i fondelli?
OCIO: Nossignore. Non mi permetterei mai, signore.
LUCIANO: Ma… oltre che lecchino sei anche raccomandato?
OCIO: Sissignore.
Si rivolge a un soggetto piccoletto e piuttosto panzuto con una tuta da operaio larga e una grossa chiave inglese in tasca.
LUCIANO (demotivato): E tu? Chi saresti? Anzi no… fammi indovinare…
UNZO: Unzochefare signore, tecnico e addetto alla meccanica, signore.
LUCIANO: Ecco, appunto.
Con una faccia che sembra prossima al pianto si rivolge al pilota-traduttore (occhialoni, copricapo in cuoio da aviatore e che gioca con un aeroplanino di carta)
LUCIANO: Lei è il pilota…giusto?
FIISKI: (distratto) Chi, io? Ah, sì, sì (continua a giocare, si blocca all’improvviso e aggiunge)Jestem Pilotem.
LUCIANO: Che?
FIISKI: Sono pilota. Mio nome Fiiski Pierfiaski!
LUCIANO: Andiamo bene… Ha degli attestati? Un curriculum vitae?
FIISKI: Se vuole racconto mia vita. Mia madre era russa, mio padre polacco… ma ci sono altre ipotesi…
LUCIANO: Perché a me? Calma, resisti… respira profondamente… va bene… che dio ce la mandi buona.
Arrivano trafelate le ultime due componenti dell’equipaggio, una con una palla con pesce in mano.
LUCIANO: E voi chi siete? Chi vi manda?
MARA: Piacere, Mara Viglia. Sono una poetessa. Sono stata scritturata per immortalare nei miei versi questa grande impresa…
La Filosofa sposta in malo modo la poetessa e parla al suo posto.
SADI: Sadinonsapere, piacere. L’Assessore al sublime ci ha convocate all’ultimo momento. Ci ha detto che potreste aver bisogno di una guida, di qualcuno che possa guardare con occhi nuovi ciò che incontrerete.
LUCIANO: Occhi nuovi? (esaminando la nomina e borbottando tra sé)... ma guarda te che… l’Assessore…Ecco siamo a posto. Tre deficienti più due. Cinque sfigati più uno per un viaggio epocale. Ci sarà da ridere!
SADI: Il riso è fonte di conoscenza!
FIISKI:: Sì, il riso e anche la pastasciutta!
UNZO: Perché, si mangia? Era ora…! che c’è di buono?
LUCIANO: Oh, oh, calma, calma! Non siamo ancora partiti e già volete far sosta all’area di servizio?
SADI: In verità, io stavo parlando delle infinite possibilità della conoscenza, che passano per diversi canali…
FIISKI:: Quello digerente…
SADI (infastidita): Intendo dire che il riso permette di veicolare messaggi che a volte sono sotto gli occhi di tutti, ma che nessuno vuole vedere…Quando il re passa per la città pochi hanno il coraggio di dire che è completamente nudo…I buffoni, forse, o i bambini..
LUCIANO: Sì, sì, ma adesso venite a caricare la nave … oh, attento con quel fucile, eh? Ti ricordo che noi siamo in missione di pace. (prende in mano il fucile e lo appoggia ad una cassa; rivolto alla Poetessa e alla Filosofa) E voi due, smettetela di chiacchierare e venite a lavorare … E tu, inizia a caricare queste casse, forza!
OCIO: Sissignore. Ai suoi ordini. (sposta la cassa dove era appoggiato il fucile, quello scivola e si sente uno scoppio)
LUCIANO: Ma insomma, che fai? (urlando) Non ti hanno insegnato che esiste la sicura … Cosa vuoi, eliminare qualcuno già prima di partire? (sussurrando) Anche se forse, non sarebbe una cattiva idea.
Le luci si spengono e mentre l’equipaggio carica la nave si sente una voce fuori campo leggere il diario di bordo.
VOCE FUORI CAMPO – LIBRO DI BORDO- DATA- Io, Luciano, capitano della Thryrem, nave spaziale dotata della più aggiornata tecnologia e di un equipaggio altamente specializzato, sono partito alla volta del freddo deserto siderale con l’unico scopo di esplorare lo spazio profondo, conoscere nuove civiltà e mondi inviolati e scoprire se l’universo ha una fine. Abbiamo perciò superato i bastioni di Orione, addentrandoci nel cosmo oscuro. Abbiamo visto cose che voi non potete neanche lontanamente immaginare.
COREOGRAFIA TEMPESTA
SCENA 3
PIANETI
La Thryrem precipita su un corpo celeste vasto come un’isola, luminoso e splendente. Si sente lo schianto dell’astronave sul suolo e l’equipaggio entra in scena barcollando tra fumi e frammenti sparsi.
LUCIANO: Fiiski! Perfiaski? Si può sapere dov’è finito il pilota?
FISKI: Eccomi. Atterraggio impeccabile!!
LUCIANO: Conforme alle previsioni, direi. Si può sapere dove ci troviamo?
MARA: Ma come, come non riconoscerla! E’ lei, la luna! Non vedete come piena risplende, bianca sovra la terra? Che fai tu luna in ciel, dimmi, che fai?
SADI: Allucinante, davvero.
UNZO: La luna! Sembra formaggio! Gorgonzola o groviera? Io provo ad assaggiarla…mmmmh!
Sulle note della Cavalcata delle Valchirie arrivano a volo gli ippogrifi. I nostri, tra esclamazioni di infantile entusiasmo, montano a cavallo e vengono trasportati alla corte di Endimione, nella parte oscura della luna.
SADI: (mentre cavalca) Guardate laggiù, quei pianeti lontani! Guardate quello là, tutto azzurro e verde…che non sia…ma lo è! E’ la nostra terra! Che trottola impazzita! Guardate come gira, gira, gira! Com’è piccola e lontana, e sola!
MARA: L’aiuola che ci fa tanto feroci…
VOCE FUORI CAMPO – LIBRO DI BORDO – DATA- La conformazione degli abitanti della luna mi ha assai incuriosito: la barba cresce loro leggermente al di sopra del ginocchio. Essi non hanno unghie dei piedi, bensì un solo dito. Sulle natiche di ciascuno di loro cresce un cavolo sempre in fiore. Dal loro naso cola un miele molto acre, quando compiono un qualsiasi sforzo da tutto il corpo gronda latte. Si servono del ventre come di un sacco per riporvi tutto il necessario, poiché sono in grado di aprirlo e chiuderlo a piacere. Esso è molto peloso all’interno in modo che durante l’inverno vi possano entrare i bambini, che essi generano. Sono venuto a sapere dal loro sovrano Endimione della difficile situazione nella quale il popolo lunare si trova costretto a vivere.
ENDIMIONE: È da lungo tempo che i rapporti tra noi, abitanti della luna, e la popolazione di Marte sono estremamente tesi. Veniamo continuamente accusati dai nostri nemici di coltivare abitudini sessuali secondo loro contrarie alla morale.
LUCIANO: (sbalordito) E quali potranno mai essere queste usanze così profondamente immorali e dannose?
ENDIMIONE: Vedi Luciano, la nostra natura basa il suo equilibrio sulla perfetta convivenza di individui appartenenti al medesimo genere.
LUCIANO: E perché mai questa vostra natura dovrebbe costituire un elemento dannoso per la morale?
ENDIMIONE: Ciò che più disturba i vertici del governo di Marte è la nostra modalità di accoppiamento. Essi danno spesso evidente prova del loro disprezzo nei nostri confronti, chiamandoci cavolfiori, mielosi, latticini, ginocchioni e in altri modi offensivi. Nel passato più d’uno di noi è stato da loro imprigionato. Se ci sorprendono isolati ci colpiscono con una violenza senza pari. Ci impediscono di vivere alla luce del sole e ci condannano ad abitare un emisfero tenebroso.
LUCIANO: Com’è possibile? La luce del sole non vi raggiunge mai?
ENDIMIONE: Hanno eretto intorno al nostro territorio un alto muro, che ci sovrasta con la sua ombra perenne.
LUCIANO: Perdonami per le molte domande che ti sto ponendo, ma sono curioso di sapere come funzionano nel dettaglio le vostre pratiche riproduttive…
ENDIMIONE: Devi sapere, Luciano, che noi abitanti della Luna offriamo la piega del ginocchio ai nostri compagni, ed è proprio questa nostra naturale consuetudine ad infastidire le gerarchie di Marte. Gli eserciti del pianeta rosso sono stati dunque mandati per la prima volta a distruggere la nostra comunità anni or sono, e tuttora regolarmente si presentano sul nostro suolo muniti di armi e di pregiudizi.
LUCIANO: Dovete trovare un accordo! Non potete continuare a vivere così!
ENDIMIONE: Non è facile per noi, siamo costretti a difenderci continuamente dai ripetuti attacchi e non sappiamo per quanto ancora potremo andare avanti. A questo punto lo scontro col nemico è inevitabile. Soltanto in questo modo potremo forse ottenere un accordo. Recentemente abbiamo stretto una segreta alleanza con le abitanti di Venere, a loro volta oppresse e infastidite dagli arroganti marziani… E voi? Non volete allearvi con noi?
LUCIANO: E’ possibile ma…prima, con il vostro permesso, vorremmo esplorare l’altra faccia della luna…
I nostri oltrepassano la porta del muro. Quasi subito incontrano i drappelli di Marziani che lo presidiano e puntano le armi contro di loro. Tutti si buttano pancia a terra tranne Ocio al Mirin che incomincia a distribuire raffiche a caso. Luciano, rialzatosi, tenta di parlare con gli indemoniati.
LUCIANO: No… fermi… veniamo in pace… fermi con le mazze!
CAPO MARZIANO: (agitando la mazza ) E voi chi siete? Chi sarebbe quello strano essere che brandisce un fucile come fosse un ombrellone da spiaggia? Siete forse stati mandati da quelle bieche creature piene di pretese che vivono su Venere e osano resistere alla nostra colonizzazione?
OCIO: (galvanizzato) Colonizzazione?
SADI: Bieche creature? Perché voi, chi sareste?
CAPO MARZIANO: Siamo i fieri abitanti di Marte. Da immemorabile tempo le Venusiane erano a noi asservite e per secoli non ci hanno trovato niente da ridire, anzi… Invece da qualche tempo pretendono che provvediamo a lavare e stirare le nostre tuniche, rigovernare i piatti e le case… In più, vorrebbero che ciononostante continuassimo a versar loro tributi in forma di fiori e di sorprese, magari anche costose, che le ascoltassimo parlare per ore dei loro problemi (che però loro chiamano: i nostri problemi). Dovremmo dimostrare loro ogni cinque minuti che creature insostituibili e affascinanti esse siano. In sintesi, ci vorrebbero vedere scodinzolare a ogni loro ordine, per poi, magari, liberarsi di noi come si farebbe con i liquami di un’astronave! E poi, vorrebbero governare pure loro … è per questo che ci siamo decisi ad invaderle, a colonizzarle per migliorarle. Sono loro che vi mandano, eh? O quegli altri, i cavolfiori ginocchioni che abbiamo confinato oltre il muro?
LUCIANO: Nonononono…noi siamo esploratori…siamo animati solo dalla sete di conoscenza…insomma, saremmo neutral…
CAPO MARZIANO: (menando un fendente che Luciano evita per un pelo) Come neutrali? La nostra civiltà rinnega la neutralità, in base al verbo del dio Testosteron, che tutto governa e domina nella sua onniscienza…
LUCIANO: Va bene, va bene… se proprio dobbiamo… veniamo anche noi… (a metà fra lo spaventato e lo scocciato)
CAPO MARZIANO: Allora è deciso. Voi ci aiuterete nel nostro attacco in massa verso Venere, in cui vive quell’orda di creature imberbi, e a fondarvi la nostra colonia, riducendole all’obbedienza…Quanto ai ributtanti ginocchioni che vivono oltre questo muro, si tratta di sterminarli e basta.
LUCIANO: Momento…insomma…nel concreto, che cosa dovremmo fare?
CAPO MARZIANO: Recarci su Venere, stanare il nemico, porre fine alla sua sete di risorse e assicurare un futuro di prosperità e virile orgoglio alla nostra razza.
SADI: Virile orgoglio?
MARA: Razza? Ma siamo ammattiti? Capitano, non credo che noi…
A un gesto minaccioso del marziano,
LUCIANO: Va bene… Obbediamo (sempre più scocciato)
VOCE FUORI CAMPO – LIBRO DI BORDO – DATA – Dopo esserci imbattuti in un’anomalia elettromagnetica, siamo precipitati sulla Luna, dove siamo stati nostro malgrado coinvolti nelle tensioni tra la popolazione locale e un invasore proveniente da Marte. Per scongiurare più gravi pericoli, siamo stati indotti ad associarci a un’operazione bellica condotta dai Marziani contro il pianeta Venere e la sua popolazione. Siamo partiti per Venere insieme all’aggressore, scortati da ottantamila palloni da calcio a fissione nucleare e da ventimila astronavi a viagra a fusione.
Su Venere
LUCIANO: Beh? E adesso che si fa?
CAPO MARZIANO: Non so… dobbiamo fare un consiglio di guerra… ragazzi!
Tutti i soldati di Marte si dispongono in cerchio mettendo le braccia sulle spalle l’uno dell’altro come fanno le squadre di rugby durante le pause di gioco. Rimangono fuori Luciano e i suoi con aria perplessa.
Mentre tutti stanno lì in mucchio, vengono silenziosamente circondati da fanciulle armate di scarpe coi tacchi a spillo, nel frattempo sopraggiungono, altrettanto silenziosamente, le armate di Endimione, a cavallo degli ippogrifi. Finalmente il gruppo si scioglie e tutti si accorgono della drammatica situazione in cui si trovano…
FISKI: A niech to jasna cholera!
LUCIANO: Veniamo in pace…non spar…cioè non… insomma, niente movimenti inconsulti.
VENUSIANA: Chi sei tu, oh uomo impudente e fallosenziente, che vieni a turbare la sacra femminilità del mondo di Venere?
LUCIANO: Ecco, noi… io sono Luciano…un femminista convinto.
Mara gli dà una gomitata in direzione parti basse. In quel momento si intromette la ragazza dell’equipaggio e comincia a parlare velocissimo e in slang col capo dell’armata selenita cosicché non si capisce niente. A un certo punto Luciano si stufa e batte la mano sulla schiena del traduttore.
LUCIANO: Di grazia, che accidenti sta dicendo?
FISKI: Parla lingua strana, a me sconosciuta…
MARA: Dice che il loro popolo è oppresso dagli invasori di Marte. Essi pretendono che loro lavino i piatti, i calzini, le case degli oppressori, che ne allevino la prole, che siano sorridenti, remissive, obbedienti e che a letto loro…
La ragazza gli sussurra qualcosa all’orecchio e Luciano fa una faccia piacevolmente sorpresa.
LUCIANO: Però. Beh, questo desiderio non è poi così ma…
Le donne prendono un piglio minaccioso
LUCIANO: Ma è inaudito. Non avrei mai pensato che nella galassia potessero esistere esseri così abbietti dalla mentalità così distorta. Dobbiamo impedire queste perversioni.
VENUSIANA: Beh, tu hai accompagnato fin qui questi invasori, e per di più sei uno di loro, questi esseri rozzi che non vogliono ammettere di aver assolutamente bisogno di noi per raggiungere un tollerabile livello di civiltà. (rivolgendosi ai soldati Marziani): Ragazze, legateli bene. Lasciate libere solo le compagne del peduncolato, qui (riferendosi a Luciano). Faranno da messaggere e riferiranno agli invasori che sono rimasti sul loro fetentissimo pianeta che noi e i Seleniti abbiamo fatto prigionieri i loro guerrieri, e che vengano a negoziare un trattato di pace, se li rivogliono indietro.
VOCE FUORI CAMPO – LIBRO DI BORDO – DATA – Le nostre coraggiose compagne Mara Viglia e Sadi Nonsapere sono state scelte per negoziare la nostra liberazione e la fine delle ostilità fra Marte e Luna e fra Marte e Venere. Dopo complicate trattative, si è giunti ad un accordo. Noi saremmo stati scarcerati in cambio di un tributo annuo di duemila tonnellate di scarpe, quarantamila mazzi di rose marziane e diecimila ostaggi particolarmente disponibili e ben dotati, scelti dalle Venusiane. Il muro che circonda la città dove vivono Endimione e i suoi Seleniti dovrà essere smantellato al più presto. Inoltre i Marziani dovranno rinunciare ad ogni proposito di conquista. Si darà inizio a un progetto di collaborazione interplanetaria per la difesa del sistema.
SCENA 4
ICAROMENIPPO
VOCE FUORI CAMPO – DAL LIBRO DI BORDO – DATA – Dopo aver assistito ad epiche battaglie ci apprestiamo ad esplorare un asteroide, dove pare sia atterrato molto tempo fa un terrestre. L’equipaggio sembra motivato e curioso.
Facce annoiate
LUCIANO: Salute a te, dal tuo aspetto mi sembri un mortale come noi; posso sapere, di grazia, chi sei? Mi pare di conoscerti…
MENIPPO: Il mio nome è Menippo. Ho concluso or ora il mio viaggio: dalla Terra fra gli astri fin qua. E sono stato anche al cospetto di Zeus.
LUCIANO: Divino ed olimpio Menippo, che impresa straordinaria! Dimmi una cosa, però, se non ti spiace: in che modo ti sei sollevato da terra? Con una scala? L’aquila di Zeus ti ha rapito?
MENIPPO: Per quanto strano possa apparire, avevo ali mie proprie: ho catturato un’aquila ed un avvoltoio, ho tagliato loro le ali con le innervature e me le sono fatte applicare.
LUCIANO: Ma è straordinario!
MENIPPO: Sì, sì, ma – ti assicuro – ci sono cose molto più incredibili. Ad esempio, quando sono atterrato qui, l’ala dell’avvoltoio era un po’ affaticata e allora ho provato a muovere solo quella dell’aquila e – tu non ci crederai – ma la mia vista ha cominciato a mutare: più sbattevo l’ala, più splendeva una grandissima luce e, quando ho rivolto il mio sguardo verso la Terra (che prima era un puntino minuscolo), essa ha iniziato ad ingrandirsi.
LUCIANO: Non capisco, ma ti credo
MENIPPO: Ecco, bravo. Insomma, ti stavo dicendo, la Terra ha incominciato a diventare sempre più visibile e tutte le cose prima celate mi si sono rivelate. Potevo scorgere con chiarezza città e uomini e non solo quanto accadeva all’aria aperta, ma anche quanto facevano le persone in casa credendo di non essere viste.
LUCIANO: Chissà quante risate ti sarai fatto… e quante cose avrai scoperto. A proposito, mi piacerebbe sapere…
MENIPPO: Basta che tu non mi faccia le solite domande: ma quella tizia là ai festini partecipava? E la sciarpa di quel tale era davvero di cachemire… Sappi che non ho intenzione di raccontarti nulla. Ti posso solo dire che continuando ad agitare l’ala dell’aquila ho acquisito capacità sempre più raffinate…
LUCIANO: Cioè?
MENIPPO: Mi sono riscoperto in grado di leggere al di là delle parole.
LUCIANO: In che senso?
MENIPPO: Spostavo lo sguardo qua e là, preso dalla curiosità, e, oltre a vedere, potevo sentire, ma quello che sentivo si rivelava immediatamente per ciò che realmente significava e cioè, molto spesso, il contrario….
LUCIANO: Chi era a parlare?
MENIPPO: Un po’ tutti: politici, intellettuali, giornalisti… I loro discorsi erano i più interessanti…
LUCIANO: Fammi un esempio
MENIPPO: Guarda ti citerò qualche stralcio di discorso, così, a caso…
Un buon governo dovrebbe aiutare chi ha davvero bisogno. Sappiamo tutti che questo oggi nella nostra città non avviene, sappiamo qual è il nostro sistema previdenziale, con le pensioni sociali che sono indegne di un Paese civile, che non danno a chi ha nella pensione la sua unica fonte di reddito la possibilità di poter arrivare dignitosamente alla fine del mese. Mentre dall’altra parte ci sono privilegi che il governo non ha voluto intaccare…Non possiamo accettare che vogliano controllare tutto e tutti, che vogliano invadere la nostra vita, che pretendano di regolamentare tutte le nostre attività, che pretendano di imporci sempre più tasse, sempre più regole, sempre più divieti! Vogliamo essere cittadini, non sudditi…
LUCIANO: E poi?
MENIPPO: Il loro è lo Stato pigliatutto. Uno Stato imprenditore, banchiere, editore che fa la televisione, appaltatore, medico, maestro e professore, infine uno Stato controllore, ascoltatore, confessore, il Grande Fratello, il Grande Padrone…Noi abbiamo una moralità di livello così elevato che gli altri non possono nemmeno percepirlo.
LUCIANO: E in realtà tutto ciò non corrisponde a verità? A me sembra che il tono sia convincente….
MENIPPO: Io non dico nulla, lascio a te il compito di verificare: verità e menzogna sono spesso intrecciate….anche se, in genere, la menzogna è molto più allettante…. Addio, amico.
LUCIANO: Ma no, aspetta….
Menippo svolazza via.
SCENA 5
LUCERNOPOLI
Buio.
VOCE FUORI CAMPO – LIBRO DI BORDO – DATA – Dopo una notte e un giorno di navigazione, alle ore 22, siamo giunti in prossimità di un asteroide sconosciuto a metà strada tra il cielo delle Pleiadi e quello delle Iadi, un po’ più in basso dello Zodiaco. Tutto intorno non si vede anima viva…
Mentre la voce legge, entra in scena, nell’oscurità, la Thryrem. Si vedono delle luci ferme in fondo al palcoscenico.
UNZO: Oh che bello… guardate: le lucciole.
OCIO: Gli ufo, gli ufo! (si mette a sparare, ma il fucile gli si inceppa; dopo averlo sbattuto più volte per terra esce di corsa come per cercarne un altro).
LUCIANO: Lucciole? Ma che lucciole e lucciole d’Egitto, semmai son lanterne… o meglio… lucerne.
(con tono tra sorpreso e meditabondo) In effetti quella in basso a destra mi par proprio la lucerna di casa mia…(guarda con attenzione, in crescendo)…anzi è proprio lei… bene! Così potrò chiederle notizie dei miei familiari, come stanno, cosa fanno a casa senza di me, se manco loro…
MARA: Ma che lucciole e lanterne, quelle sono virtù o meglio stelle, ma siete mai stati a scuola?
«Noi siam qui ninfe e nel ciel siamo stelle:
pria che Beatrice discendesse al mondo,
fummo ordinate a lei per sue ancelle».
FISKI: (con tono interrogativo, canzonatorio) Lucciole? Lucerne? Virtù? Ma cosa vi siete fumati?
(tutti lo guardano esterrefatti) Ma sì, ma non vedete? Son solo semplici macchie di condensa sull’oblò: Unzo! renditi utile e pulisci quel vetro, altrimenti chissà cosa andrete ad inventarvi la prossima volta! Foreste galleggianti? Donne con gambe da asino? Mari di latte? Sognatori… (ed esce).
LUCIANO: Ops, mi sa che ha ragione, niente informazioni su casa mia, peccato… va beh, vado a scrivere il diario di bordo (esce).
MARA: Vado anch’io, scriverò una nuova opera. La intitolerò: La storia vera… (ed esce).
(Unzo rimasto solo si gira verso il bordo del palco per prendere il secchio, cerca lo straccio, che non trova)
UNZO: Filastrocca della lucciola,
brilla di notte e nessuno sdrucciola,
di notte brilla con mille sorelle
e par che il cielo abbia perso le stelle
che son cadute tutte sul prato
e tu cammini… in un cielo stellato!
Nel frattempo dietro a lui arriva con aria trasognata la filosofa e si mette a guardare il cielo mentre Unzo canticchia e pulisce.
SADI: (parlando tra sé) Com’è possibile che non capiscano? Quelle luci altro non sono che immagini metaforiche…solo il buio è reale, quelle luci che sono così belle e colorate in realtà sono solo illusioni.
(Unzo continua a canticchiare la filastrocca come un mantra)Tanti uomini tante illusioni… tante illusioni tanti colori… Ognuno di noi vede il mondo a suo modo. È come se dentro di noi avessimo un lanternino che proietta luce… e ogni lanternino ha il suo vetro colorato… e ognuno ha le sue illusioni. Il dramma è che gli uomini credono che Verità, Virtù, Bellezza e Onore siano valori assoluti e non si rendono invece conto che son solo lanternoni, semplici grossi lanternoni, a cui si accordano per dar colore…Solo il buio è reale, solo il buio… Quando finalmente l’inganno cesserà, allora ci renderemo conto che il mistero non esiste fuori di noi, ma soltanto in noi: smetteremo di sentirci vivere e l’essere tornerà a non essere che essere… saremo come l’albero, le nuvole, il vento, le piante…(esce).
UNZO: (nel frattempo continua a lavorare e a canticchiare la filastrocca)
Filastrocca della lucciola,
brilla di notte e nessuno sdrucciola,
di notte brilla con mille sorelle
e par che il cielo abbia perso le stelle
che son cadute tutte sul prato
e tu cammini… in un cielo stellato!
Boato, Buio. Dietro Unzo, sulla scena buia, si muovono le lucerne.
COREOGRAFIA DELLE LUCERNE
Il Pilota scende e attracca. L’equipaggio scende lentamente. Anche la poetessa si unisce all’equipaggio e scende con un taccuino in mano. Ogni tanto annota, come ispirata, qualche parola.
UNZO: Ma che schifo di atterraggio!
SADI.: Guardate là in fondo! (rivolta a Luciano)
LUCIANO: Sono gli abitanti. Ma sono davvero lucerne.
RELI GIONE: Salve, benvenuti. Da dove venite?
MARA: (con lo sguardo estasiato) Veniamo da lontano, molto lontano… Ma tu come ti chiami?
RELI GIONE: Mi chiamo Reli, Reli Gione (mentre altre luci timide si assiepano vicino a lei, si vede come è povera: le vesti sono semplici, tipo saio). Queste sono Giu Stizia, One Stà, A More e loro sono Frate LLanza, Soli Darietà.
FISKI: Questo pianeta di cause perse.
RELI GIONE: Venite, vi possiamo offrire qualcosa da mangiare? La nostra casa è qui vicina ed è sempre aperta agli stranieri.
LUCIANO: Grazie, siete molto gentili (si incamminano, ma si guardano intorno con circospezione).
Arrivati a casa, Reli offre loro uno strano piatto fatto di palle colorate. Il pilota si sta per avventare sul piatto in modo famelico, ma Luciano lo guarda con disapprovazione. A quel punto nessuno ha più il coraggio di prendere un boccone.
RELI GIONE: Ma forse siete stanchi per il lungo viaggio, volete riposare… Guardate, qui ci sono dei giacigli. Fate come foste a casa vostra.
Tutti sorridono, ringraziano e si trovano un posto per dormire, ma nessuno riesce a chiudere occhio.
LUCIANO: Grazie per la vostra ospitalità. Il mio equipaggio è molto stanco. Siamo in viaggio da molti giorni…(Urla fuori campo) Che cosa succede? …..
GIU STIZIA: Non ci fare caso. Per tutta la notte al palazzo del governo il signore rimane in seduta: chiama le lucerne per nome. Quella che non si presenta è condannata.
LUCIANO: E qual è la condanna?
ONE STA’: Quella di essere spenta.
Si ritrovano dentro il palazzo del governo, dove il sovrano sta condannando una dopo l’altra le lucerne che non si sono presentate. Due insieme sono di fronte al sovrano.
SOVRANO: La sentenza è data. Sei condannata al buio.
VE RITA’: Ma io sono Ve Rità.
SOVRANO: Che importa! E anche la tua compagna Li bertà è destinata a scomparire. Avete tardato troppo a rispondere al mio richiamo.
LI BERTA’: Ma sovrano, di questi tempi è difficile arrivare in tempo. Tutti mi cercano, ovunque mi invocano! Non riesco più a distinguere le voci che chiamano.
Prima che Li Bertà finisca di parlare cala il buio
SOVRANO: Non c’è appello.
SCENA 6
MOBY CENSOR
Luciano e i suoi, tranne uno, sono intorno a un tavolo intenti a studiare una carta stellare.
LUCIANO: Ok, ragazzi, sono quasi certo di poter affermare che ci troviamo nei dintorni della costellazione della Balena, tra i quadranti λ e ά…
Fiski Perfiaski irrompe trafelato.
FISKI: Capitano, Capitano! Tremendo!
LUCIANO: Che diavolo succede adesso?!
FISKI: Radar segnala che oggetto molto granski si avvicina a noi!
Luciano prende la carta e la ripiega, mentre gli altri mettono da parte il tavolo.
LUCIANO: Niente panico! Diamo un’occhiata sul monitor a questo cosiddetto “oggetto molto granski”
Sul monitor appare l’immagine della gigantesca balena-astronave.
UNZO: Mamma mia, com’è grande quell’affare!
FISKI: Computer calcola almeno venticinque chilometri!
Sul monitor l’immagine zooma a poco a poco sulla bocca spalancata della balena.
SADI: Ci inghiottirà!
UNZO: A proposito: quando si mangia?
Tutti si abbracciano.
LUCIANO: Se dobbiamo morire, ragazzi, prima devo dirvelo: siete il peggiore equipaggio che un capitano abbia mai avuto!
TUTTI: Grazie, signore!
Buio. Di nuovo luce. Il palco è affollato da una moltitudine di comparse che indossano vesti stracciate e logore. Unzo compare sul palco e comincia ad aggirarsi con aria famelica.
UNZO: Fame, fame!
Compare il resto dell’equipaggio.
SADI: Unzo sembra guidato da istinti assai bassi…
MARA: Uomini…
Unzo zompa addosso a un prigioniero per addentargli il polpaccio, ma questo risponde con un calcio.
ERACLICCHIO: Pussa via, bestia, azzannati la tua di gamba! (Unzo si ritrae e si rifugia dietro Luciano).
FISKI: Che gente questa è?
UNZO: È gente aggressiva capitano! Uno mi ha colpito!
LUCIANO: Taci, ha ragione quello: sei proprio una bestia! Ora andiamo a conferire con costoro.
Si avvicinano a Eraclicchio.
LUCIANO: Ti saluto, straniero! Sono Luciano, dalla Terra.
ERACLICCHIO: Salve. Sono Eraclicchio da Alfa Centauri, sebbene non ricordi di casa mia altro che il nome.
MARA: Com’è triste perdere il ricordo della propria patria! Com’è potuto accadere?
ERACLICCHIO:Ahimè! Tanto tempo è passato da quando io e i miei compagni finimmo dentro l’enorme cavità orale di questa bestia stellare! Guarda laggiù, la sua bocca si sta aprendo adesso! Se hai buona vista riuscirai a scorgere tra le sue zanne i rottami della mia corvetta, insieme a quelli di tante altre navi spaziali!
FISKI: Siete messi male, sembrate prigionieri di Gulag!
ERACLICCHIO: Amico, non so cosa sia Gulasch o come diavolo si dice, ma siamo proprio prigionieri! Di qui non possiamo andarcene!
LUCIANO: E da chi e con quale autorità siete tenuti prigionieri? Perché?
ERACLICCHIO: Potrai chiederlo personalmente ad alcuni di loro, Luciano, stanno arrivando!
Tutti i prigionieri si portano da un lato della scena tremanti mentre dall’altro arrivano dei tizi vestiti da gorilla armati fino ai denti. Luciano si fa avanti e va loro incontro.
LUCIANO: Io, Luciano, esigo di sapere in nome di chi o di che cosa avete catturato noi e tenete prigioniere queste persone!
GORILLA: Dite di essere Luciano?
LUCIANO: Esattamente.
GORILLA: Ebbene, contavamo proprio di incontrarvi, signore. Dovete venire con noi, abbiamo ordine di condurvi dal capo. Seguiteci!
Si fa buio. Quando le luci si riaccendono, sul palco c’è solo il tavolo e su una sedia un signore dall’aria distinta che sta leggendo un foglio. Quando entra in scena Luciano, Monsieur gli va incontro e gli stringe la mano; Luciano si guarda intorno molto perplesso.
MONSIEUR BELLEVERITÉ: Bienvenue, gentili ospiti, benvenuti sulla mia modesta nave!
LUCIANO: Ehm… Grazie… Ma…
MONSIEUR BELLEVERITÉ: (Monsieur Belleverité fa un segno come per zittirlo e gli porge una sedia)
Immagino che lei si stia chiedendo per quale motivo siete stati invitati nella Moby Censor…
LUCIANO: La Boby che?
MONSIEUR BELLEVERITÉ: Ma la nave a forma di balena in tessuto semiorganico in cui ci troviamo ora, la mia nave! Ma ora vi prego, mon ami, sedetevi prima. Prego, rilassatevi…
LUCIANO: Scusi, ma chi è lei?
MONSIEUR BELLEVERITÉ: Mi chiami Monsieur Belleverité.
LUCIANO: È francese?
MONSIEUR BELLEVERITÉ: No.
LUCIANO: Allora perché parla con questo insopportabile accento parigino?
MONSIEUR BELLEVERITÉ: (sorridendo sardonicamente) Amo il francese, sa? Ho provato molte lingue intergalattiche, ma il francese resta la mia preferita. Una lingua fantastica. Soprattutto per dire oscenità, capite? È come se nettoyer le cul avec la soie. Non suona neanche volgare. E con il lavoro che faccio è un innegabile vantaggio.
LUCIANO: (perplesso) E questa sua…attività in che consiste? Ha qualcosa a che vedere con quei poveracci rinchiusi nella bocca della sua nave-balena?
MONSIEUR BELLEVERITÉ: Li ha visti? Oh, che cosa disdicevole, spero non vi abbiano troppo turbato. Ad ogni modo, per risponderle, io mi occupo, monsieur Luciano – non si sorprenda che io sappia il suo nome, nella mia attività è necessario sapere molte cose – dicevo, io mi occupo di miglioramenti.
LUCIANO: Che genere di miglioramenti? Sicuramente non relativi all’aspetto fisico…
MONSIEUR BELLEVERITÉ: (ridendo nervosamente) Lei ha un curioso senso dell’umorismo, monsieur, ed è anche molto schietto, qualità che io in un uomo non apprezzo…Ma comunque si è avvicinato. Io miglioro l’aspetto delle verità.
LUCIANO: (fingendo ironicamente stupore) Ah! Interessante. E cioè?..
MONSIEUR BELLEVERITÉ: Per spiegarglielo senza troppi giri di parole, potrei usarne una sola, ma sa, è una parola che evoca sempre idee sbagliate…
LUCIANO: Parli pure apertamente.
MONSIEUR BELLEVERITÉ: Ebbene, io mi occupo di censura (nervoso silenzio tra i due).
Credo di sapere cosa sta pensando, monsieur. I pregiudizi nei confronti della mia attività sono terribilmente diffusi. In ogni caso, per venire al dunque, sono stato informato della sua missione di esplorazione del cosmo, e proprio per questo vi ho fatto entrare come ospiti d’onore nella mia Moby Censor.
LUCIANO: Io direi catturato, come gli altri poveracci.
MONSIEUR BELLEVERITÉ: Come preferite. Capite, è proprio ciò in cui consiste il mio lavoro: rifare il maquillage alle parole, per far cambiare loro aspetto.
LUCIANO: E anche significato.
MONSIEUR BELLEVERITÉ: Questo solo se strettamente necessario.
LUCIANO: Mi sfugge però perché fosse necessario catturarmi, così come mi chiedo cosa significhi la presenza di quei naufraghi nella bocca della sua nave!
MONSIEUR BELLEVERITÉ:(Monsieur Belleverité si fa una risata) Mon ami! Proprio non vi viene in mente?
LUCIANO: (Luciano sembra colto da un’illuminazione) Un momento… Non mi dica che sono… Censurati!
MONSIEUR BELLEVERITÉ: (Monsieur sembra tremendamente infastidito) Olala, Luciano, plan! Che brutta parola censurato! Sono solo persone preventivamente trattenute e custodite per la sicurezza della morale pubblica.
LUCIANO: Ah! Ma io…ma noi …perché mai?
MONSIEUR BELLEVERITÉ: (Monsieur diventa serio)Ebbene, Monsieur, come dicevo, noi sappiamo che lei sta esplorando il cosmo ed è da un po’ che la seguiamo per intervenire nel malaugurato caso lei possa fare qualche scoperta…
LUCIANO: Scomoda?…
MONSIEUR BELLEVERITÉ: No, No, NO, Sconvolgente!
LUCIANO: In che senso?
MONSIEUR BELLEVERITÉ: Cerco di spiegarglielo. Se la verità da lei eventualmente scoperta risultasse troppo… Comprì? Ecco questo potrebbe turbare non poco le masse…
LUCIANO: E le masse turbate non vanno bene. Meglio siano tranquille, grasse e soddisfatte. O almeno rassegnate.
MONSIEUR BELLEVERITÉ: Le dicevo, dunque, che nel malaugurato caso in cui lei dovesse scoprire qualcosa di troppo…noi dovremmo intervenire, per renderla più…accettabile, meno brutale. Abbiamo molti strumenti per farlo, sa? (e indica due grandi tenaglie).
LUCIANO: Così tutti restano felici e contenti, senza preoccupazioni. Che nobile fine!
MONSIEUR BELLEVERITÉ: Sbaglio o c’è una nota di ironia nella sua voce?
LUCIANO: Stia tranquillo: siamo stati sulla Luna e su Venere, abbiamo conosciuto i Marziani e incontrato uno strano tipo giunto dalla terra con delle ali prefabbricate, abbiamo visitato una città popolata solo di lucerne, ma fino ad ora nulla di tutto ciò è stato più sconvolgente della realtà in cui viviamo sulla terra…
MONSIEUR BELLEVERITÉ: Questa sua ultima affermazione avrebbe forse bisogno di un piccolo intervento da parte nostra…quanto al resto…non è che sta cercando d’ingannarmi?
LUCIANO:(con tono ironico) Non sia mai! Quando troverò qualcosa che possa interessarla, non mancherò di avvertirla, certamente! Ma cosa è questo odore di fumo?
MONSIEUR BELLEVERITÉ: Fumo? Ha ragione…(inizia a suonare l’allarme, entrano in scena i gorilla).
GORILLA: Comandante, comandante, svelto, dobbiamo abbandonare la nave: un incendio gigantesco, una rovina, la catastrofe. La lingua della rampa di atterraggio ha preso fuoco, fumo ovunque, presto capitano!
MONSIEUR BELLEVERITÉ: (il capitano si alza con molta calma e si rivolge a Luciano) Adieu monsieur!
LUCIANO: Monsieur? Posso farle un’ultima domanda?
MONSIEUR BELLEVERITÉ: Oui. Una sola.
LUCIANO: Le agenzie come la sua lavorano sempre per qualcuno: lei per chi lavora?
MONSIEUR BELLEVERITÉ: (sorridendo) Le agenzie come la mia hanno un solo datore di lavoro: la morale e al di sopra della morale, l’ordine supremo, la preservazione dell’ordine e della consuetudine, e quando qualcosa deve per forza cambiare, l’obiettivo è fare in modo che tutto rimanga in realtà come prima.
LUCIANO: E cosa sarebbe questo ordine supremo?
MONSIEUR BELLEVERITÉ: Qualcosa che va al di là della sua comprensione. Ma ormai è tempo per me di andare, Monsieur Luciano, ma si ricordi, si ricordi bene: tra noi non è finita! Ci rivedremo!
LUCIANO: (con aria spavalda) Ne è così sicuro, Monsieur?
MONSIEUR BELLEVERITÉ: No, ma la battuta fa il suo effetto, non crede?
I gorilla escono di scena con Monsieur Belleverité e Luciano li insegue, ma non riesce ad uscire.
In quel momento dall’altra parte irrompono i prigionieri capeggiati da Unzo che tiene in mano uno spiedino con anguille.
UNZO: Capitano, capitano: non è colpa mia, sono innocente. Ho solo scavato un buchetto per il barbecue ma non è colpa mia!
SCENA 7
ISOLA DEI BEATI
Si avvicinano a un pianeta dai colori pastello, dal quale promana una musica soave, e sul quale infine sbarcano.
LUCIANO: (fiutando) Mmmh…!
MARA: (fiutando a sua volta) Che brezza…soave, balsamica, ineffabile….celestiale!
SADI: Rose e gigli…
MARA: Nasturzi e narcisi…
SADI: Anice e cinnamomo…
MARA: Eau de Cannel… ma con una nota d’Afror d’Afrodite…e un presagio di Champs Elysees…
CORO
Benvenuti a Elisia, città alta e ben costrutta, tutta tutta d’oro fino, con le mura di rubino – noo! è smeraldo – e le porte di diamante – ma no, sono di legno di cannella, tutte d’un pezzo – di diamante tutte quante – legno di cannella ti dico, tutto d’un pezzo – son d’avorio i pavimenti e gli altari d’ametista – ma chi li ha mai visti, niente altari qui! – Tutt’intorno scorre mirra – o piuttosto vino e birra…
Entra Elena e si gira verso i visitatori.
ELENA: Oh, che bei visitatori! Benvenuti sul pianeta dei beati! Se volete seguirci, vi condurremo ad ammirare le bellezze storico – paesistiche del luogo.
UNZO: Grazie, ma…ci sarebbe una trattoria nei paraggi? Sa, è da un po’ che non mangiamo…
ELENA: Prego, servitevi. Qui il pane fruttifica sugli alberi. Per non parlare del vino delle nostre otto sorgenti, del nettare, dell’ambrosia, insuperabili. E dei pesci che vi nuotano, già arrostiti e sapidi…
UNZO: Ah, per fortuna, non solo quella roba là… polline e destrosio…
ELENA: E ora unitevi, prego, alla nostra compagnia! Vi presento Menelao, mio marito, e Teseo (ammiccante) un vecchio amico, che tra l’altro è mio cognato, e poi ci sono Ulisse, il grande navigatore, Tersite e Achille, antichi eroi, la mia…ex cognata Andromaca …Ah, dimenticavo: ecco qui il sommo poeta Omero, il mio manager…
MARA: Omero…Non ci posso credere!
FISKI: A quanto pare anche questo qui, come un altro che conosco, è un bel paese di poeti, eroi, navigatori… di mariti, di cognati, di nipoti…
ELENA: Accomodatevi, accomodatevi… Ecco Epicuro… E c’è anche Socrate, che credo non abbia bisogno di presentazioni…
SADI: Ah, sì, è una vecchia conoscenza…
SOCRATE: (assorto a contemplare Giacinto) Caro Giacinto, che cosa ti stavo dicendo? Guardando te mi pare di ricordare la bellezza immortale che certo la mia anima ha veduto, un tempo, in cielo, nella beata schiera!
NARCISO: Socrate, ma ci sei o ci fai? Ci stai adesso, nella beata schiera! E le hai inventate tutte per strusciarti addosso a quello lì!
SOCRATE: (rivolgendosi a Narciso) Ah, Narciso, Narciso! Dal giorno in cui ti ho dichiarato il mio amore non sono più libero di guardare nessun altro! Eppure te lo dicevo che il modo giusto di avanzare nelle questioni d’amore è cominciare dalla contemplazione di un bel corpo (e tocca Narciso) e poi di due bei corpi (e tocca Giacinto ) e poi di tutti i bei corpi e poi di tutte le belle occupazioni e le belle scienze e infine di quella scienza che è scienza della bellezza eterna, schietta, intatta…
MENELAO: Socrate, ma non l’hai ancora capito che qui, per fare sesso, la filosofia non serve? Se non la pianti di scocciare con queste tue tirate, vado a chiamare Radamanto! Guarda là Epicuro, Aristippo, sono filosofi anche loro, no? Eppure se la godono, non stanno lì tanto a rompere … (Elena, per tutto il tempo in cui dura il pistolotto di Menelao, fa la scema un po’ con Teseo, un po’ con Ocio al Mirin; intanto la festa degenera;tutti sono ubriachi e civettano gli uni con gli altri).
SADI: E gli altri filosofi, dove sono? Con tutto il rispetto per i presenti, ne vedo pochini!
EPICURO: Pochi ma buoni! La maggior parte sta facendo anticamera. Sono impegnati a discutere se il pianeta dei beati esista o no. Se volete, potete far loro una breve visita…(indica loro l’anticamera).
Luciano, Mara, e Sadi passano nell’anticamera. Segue breve sopralluogo tra i filosofi che si accapigliano fra loro.
ARISTOTELE: (ha davanti a sé un piano su cui fa scorrere alcune biglie) Per stabilire se esiste il pianeta dei beati, bisogna innanzitutto dimostrare che esiste un principio eterno, sommamente reale, sommamente vero, sommamente …un primo motore che mette in moto tutti gli esseri…
CRIZIA: Ma Aristotele! Considera che razza di malvagio e infelice essere è l’uomo! Non può essere stato nessun principio simile a generarlo…
MELISSO: Io dissento dal collega Crizia qui presente! L’uomo non era affatto malvagio né infelice quando fu creato, ma poi, per sua colpa, è diventato cattivo e perciò è stato punito proprio da quel principio sommamente…di cui diceva il collega Aristotele … Della malvagità dell’uomo, l’uomo stesso è colpevole!
ZOROASTRO: (con aria spaesata, prova a interloquire in lingua persiana)
MARA: Prestiamogli il pesce babele (fa vedere come si usa; i filosofi se lo passano l’un l’altro, ficcandoselo nell’orecchio).
CRIZIA: Che razza di pesce è questo?
MARA: Il pesce babele. Si nutre degli impulsi cerebrali dei presenti e poi, inserito nell’orecchio di una persona, vi defeca direttamente i pensieri degli interlocutori, cosicché, in qualunque lingua uno si esprima, gli altri sono in grado di capirlo. Insomma, è la via evolutiva alla comprensione reciproca e a alla pace nel mondo…
ZOROASTRO: Io…io, Zoroastro di Persia, adesso, grazie a questo pesce straordinario, vorrei dire al collega Melisso che il suo ragionamento non tiene, perché questo principio sommamente…di cui si parla dovrebbe anche essere sommamente onnisciente, o no?
MELISSO: Certamente!
ZOROASTRO: E allora avrebbe dovuto prevedere che l’uomo avrebbe fatto cattivo uso del suo libero arbitrio, e se non l’ha impedito è perché non aveva nulla in contrario a che questo mondo diventasse un inferno…oppure bisogna inferire che i principi siano due, uno buono e uno cattivo, in guerra permanente…
LUCIANO: (sardonico ) In effetti anch’io ho sempre creduto che ci fossero due dii, ognuno dei due convinto che l’altro si occupasse di me…
ARISTOTELE: (sopraffacendolo) Colleghi, tranquilli, vi invito al rigore logico. Consta dai sensi che tutti gli esseri operano per raggiungere un fine, come la freccia scoccata dall’arco. Ciò fa supporre che esista un essere intelligente, dal quale tutte le cose naturali sono state predisposte …
MELISSO: (brandendo il pesce babele) Ecco, questo pesce meraviglioso non è forse la dimostrazione dell’esistenza di un creatore intelligente? E’ infatti assai improbabile che un essere così bizzarramente utile sia stato prodotto dal caso…
SADI: Ma forse, se dio ci fosse non vorrebbe essere dimostrato, perché qualunque dimostrazione distruggerebbe la fede, senza la quale…
CRIZIA: Allora, se è vero che dio non vuole essere dimostrato, ma ciononostante esiste il pesce babele, dimostrazione involontaria della sua esistenza…ecco che puff! Il vostro principio sommamente sommo si dissolve in una nuvoletta di logica…aristotelica! Ha ha!
Aristotele prende Crizia per il collo, la discussione degenera in rissa.
LUCIANO: Sentite, che ne direste di tornare di là? Mi pareva un ambiente più rilassato…
MARA: Volentieri. Anche perché vorrei fare quattro chiacchiere con Omero.
Tornano di là dove l’atmosfera nel frattempo è mutata in negativo. Elena, Menelao e Ocio hanno lasciato il simposio, Ulisse continua a scrivere, gli altri, ormai ubriachi fradici, si rotolano sull’erba. Solo in disparte siede Omero.
MARA: Omero, lei che sovra tutti i poeti com’aquila vola… che emozione…
SADI: Potrebbe illuminarci sulla questione omerica, oggetto di tediose spiegazioni ai tempi del liceo?
OMERO: Eh?
LUCIANO: Può dirci da dove viene?
OMERO: Mah, i pareri in merito sono diversi…Quanto a me, sinceramente, non ricordo nulla di nulla… Qualche volta dubito persino d’essere mai esistito…
SADI: La capisco. Anche a noi filosofi capita spesso di domandarci: ma io esisto? E gli altri, esistono? E il mondo esiste o è una nostra proiezione? Su quale fondamento incontrovertibile fondare la certezza della nostra esistenza…
MARA: (zittendo a gesti la filosofa) Ma certamente ricorderà se è stato lei a scrivere l’Iliade e l’Odissea, o almeno uno dei due …
TERSITE: È lui, è lui! È lui che mi ha diffamato! E io gli ho fatto causa! Nell’Iliade mi ha descritto come l’uomo più brutto che fosse giunto sotto le alte mura di Troia. Mi ha creato zoppo, storpio, un rachitico dalla testa a pera! E pelato per giunta! E mi ha fatto insultare pubblicamente da quel suo beniamino, Ulisse! Quella multiforme carogna!
ULISSE: (rianimandosi un poco) Dite a me?
OMERO: Ti nomino mio avvocato in questa controversia!
MENELAO: (irrompe trafelato) Avete visto Elena?
ULISSE: È passata poco fa con quel giovanotto…E sembravano avere una gran fretta.
MENELAO: (irrompe trafelato) Avete visto Elena?
ULISSE: È passata poco fa con quel giovanotto…sembravano avere una gran fretta…
MENELAO: La grandissima escort! Me l’ha fatta un’altra volta! Ma dovrà vedersela con me! (se ne va piangendo e urlando, mentre Tersite, Omero e Ulisse si accapigliano e arriva, in aiuto di Tersite, Polifemo con una clava gigante).
TESEO: Piano, piano, un po’ di disciplina, che diamine! La lotta va fatta secondo le regole!
MARA: (ispirata) Che circostanza straordinaria! Un agone tra eroi! Sento rivivere in me lo spirito degli antichi aedi… a me una cetra! (impugnata la cetra comincia a strimpellare e a canticchiare improvvisando).
Non sapendo più che cosa fare
decisero di mettersi a lottare:
non giochi semplici e infantili
ma sfide dure da uomini virili.
Achille e Teseo arbitraron la gara
al fine di evitar una caciara.
Benché gli eroi fossero tutti morti,
si dimostrarono audaci e ancora forti.
E come sempre il nostro caro Omero,
si dimostrò il vincitore vero,
ma il suo diadema di piume di pavone,
andò ad Ulisse, il grande fanfarone…
Compare il grande mentitore, accompagnato da una specie di hostess.
GRANDE MENTITORE: Avete visto che razza di manicomio? Ma benedetti ragazzi, che bisogno avete del pianeta dei beati, mi chiedo, e di qualsiasi paradiso, quando esiste per voi Fandonia, la capitale del presente, dove si è giovani fin da giovani! Su, Fandonia è dietro l’angolo, venite, venite a vedere…Fandonia rinnova se stessa tutti i giorni: ogni mattina si fa colazione con merendine energetiche appena sgusciate dall’involucro, ci si fa la doccia con l’ultima marca di bagnoschiuma, si sorseggia un caffè paradisiaco, ci si lava i denti con il più recente frutto della ricerca scientifica in fatto di dentifrici, scelto tra le centinaia di dentifrici possibili…la libertà di scelta, a Fandonia, è di casa!
A Fandonia si vendono, si comprano, si consumano sempre nuove cose, abiti, giocattoli, biscotti, detersivi, villaggi-vacanza, automobili, slogan, miti, facce, panzane, personaggi, bisogni, frustrazioni…
SADI: E le cose vecchie?
GRANDE MENTITORE: Vengono buttate via, naturalmente…
Due angeli portano via su una carriola i mucchi di rifiuti accumulati. I nostri, incuriositi, li seguono, anche se contrastati dal grande mentitore che cerca di farli deviare e arrivano in un ambiente apocalittico, fatto di discariche.
FISKI: Che cos’è questo puzzo insopportabile d’asfalto e zolfo e carne bruciata?
MARA: E chi sono quelli laggiù?
GRANDE MENTITORE: Chi? Io non vedo nessuno!
FISKI: Ma sì, quelli laggiù, sul gommone! Sembrano molto stanchi e affamati!
UNZO: E anche annegati!
STRANIERI DAL GOMMONE: Volevamo entrare a Fandonia ma siamo stati respinti alle frontiere!
GRANDE MENTITORE: Tutte balle! Erano terroristi internazionali!
SADI: E voi, lassù, chi siete?
OPERAI: (da sopra una catasta di rifiuti) Siamo operai in cassintegrazione! Non ce la facciamo ad arrivare a fine mese!
GRANDE MENTITORE: Non ascoltateli! Sono comunisti disfattisti sindacalisti! Gentaglia improduttiva!
MARA: E voi, ragazzi?
GIOVANI: Lavoriamo in un call center per 600 euro al mese. Come facciamo a stare sul mercato?
MARA: Ma come mai tutti i poveri di Fandonia si trovano qui? Nella discarica?
GRANDE MENTITORE: I poveri? A Fandonia non esistono i poveri! Esistono soltanto i non educati al benessere! I disadattati al consumo! Ed è tutta colpa loro! Sono dei falliti! Anzi, degli empi!
Dal cumulo di rifiuti si sollevano due figure femminili lacere e smunte.
FIGURE: Io sono Storia e questa è mia figlia Memoria. A Fandonia non ci vogliono.
GRANDE MENTITORE: Un momento, per favore. Nessuno vi ha impedito di stare a Fandonia. Vi abbiamo solo detto di lavarvi, truccarvi, adeguarvi alla moda, alle esigenze della politica e dell’attualità!
Da poco lontano si sollevano altre due figure, una maschile e una femminile, altrettanto esili e pallide.
MEMORIA: Ecco i miei fratelli, Speranza e Desiderio, anche loro cacciati da Fandonia…
MARA: (triste e preoccupata) Torniamo all’astronave!
SADI: Già, non vorremo fermarci a Fandonia, vero? Direi che è il caso di procedere oltre!
Se ne vanno in gran fretta.
SCENA 8
ISOLA DEI SOGNI
FINALE
VOCE FUORI CAMPO:
Poiché la nostra vita non è in questa
che chiamiamo «realtà» (fosse così a quest’ora
ce ne saremmo accorti, credo),
noi abitiamo in nessun dove,
mentre saliamo sull’autobus,
scendiamo le scale,
facciamo la spesa,
lavoriamo mangiamo conversiamo
ai tavolini dei bar e sediamo nei cinema;
la nostra vita non è qui né altrove,
non è dentro né fuori di noi,
non é presente né assente,
non adesso né mai:
come una cosa impossibile,
e tuttavia indispensabile;
qualcosa che è gratis, ovvero
ad un prezzo impagabile;
in ogni caso essere vivi non basta
sognare forse, o chissà…
Mentre la voce parla, ad uno ad uno i membri dell’equipaggio si addormentano.
VOCE FUORI CAMPO – LIBRO DI BORDO – : Ci appare una nebulosa, indistinta ed incerta a vedersi. Le accade quello che accade alle immagini viste nei sogni: si ritrae infatti, a mano a mano che ci avviciniamo, e ci sfugge e appare più lontana. Ma finalmente la raggiungiamo ed entriamo nell’astroporto del Sonno.
LUCIANO: Ma tu chi sei?
ANTIFONTE: Sono Antifonte, l’interprete dei sogni. Seguitemi, vi faccio strada (camminando).Vedete, questo è il fiume che chiamano Vaga-di-notte. Vedete quell’arcobaleno? Quelle sono le mura della città. Per entrare vi sono quattro porte: due guardano verso la pianura dell’Indolenza, una di ferro e l’altra di argilla. Vicino ci sono due sorgenti: una si chiama Sonneterno e l’altra Nottintera: di qua escono i sogni della paura e della morte. E pure le visioni oscene; le altre due guardano verso il porto e il mare.
MARA: E questi cosa sono?
ANTIFONTE: Quello che vedi è il Tempio della Notte. Alla sua sinistra c’è la reggia del Sonno, che è il mio sovrano. Nella reggia vivono due dipendenti: Sconvolgi-mente, figlio di Nato-invano e Soldi-e-fama, figlio di Fantasio. E questa fontana è detta l’Assonnata. Lì, invece, i miei due tempietti: dell’Inganno e della Verità.
LUCIANO: Qual è il tuo compito?
ANTIFONTE: Io devo decifrare l’oracolo. Dirimo i sogni: li vedo, li conosco e li indirizzo ai loro destinatari. A condizione che dormano, però … Volete provare?
TUTTI: Sì, perché no?!
Coreografia dei sogni, sulla falsariga di Luciano: sogni alati, mostruosi, regali, alti e belli, piccoli e grotteschi, spaventosi e piacevoli, tragici e ridicoli;i sogni a un certo punto si dispongono in due ali e al centro appare il re del pianeta dei sogni, Onyrikon, che prende la parola.
ONYRIKON: Ed ecco che il cerchio si chiude. Il creatore si riunisce alla sua creatura… o forse vi è sempre rimasto unito per tutto il tempo e lo resterà anche oltre. Chi sono io? Io sono il sogno di una farfalla, le fantasie di un bambino, i sogni d’amore di una ragazza, i personaggi della somma opera di uno scrittore, i mondi immaginati sin dalle origini della coscienza e del suo inseparabile fratello, l’inconscio. Io sono l’incarnazione dell’immaginazione di tutta l’umanità e di tutti i popoli dell’universo; o forse sono gli umani a essere i nostri sogni? Io sono Onyricon, l’essere indeterminato, che può essere e non essere nello stesso momento, e questi (indicando l’equipaggio di Luciano steso a terra) sono alcuni tra coloro che mi hanno dato vita nel corso di miliardi di anni… anche se non so da quanto tempo io esista… in ogni caso per noi è dovere ospitarli.
Le luci si spengono del tutto per poi riaccendersi. L’incarnazione di Onyrikon è scomparsa e i nostri sembrano svegliarsi, solo che sono già in piedi. Davanti a sé vedono una porta e la oltrepassano.
LUCIANO: Ma…non eravamo appena svenuti? Com’è che ora siamo svegli?
SADI: E perché quel senso di sonnolenza è svanito?
MARA: Io mi sento più sveglia che da sveglia!
Compare l’immagine di Falcone e Borsellino sullo sfondo.Unzo è ancora raggomitolato e inizia a russare sonoramente, ma viene rimesso in piedi da Luciano con una certa energia.
PAOLO: Giovanni, e allora?
GIOVANNI: Io la volevo cambiare questa terra, Paolo. La politica volevo cambiare e ritenevo di riuscirci, volevo fare nuove leggi e modificare le strutture, entrare nelle banche e cambiare l’economia.
Le nostre idee, quelle che camminano sulle gambe degli altri, inciampano, Paolo, quanti ostacoli!
PAOLO: Ed infatti, Giovanni, io avrei preferito continuare a camminare sulle mie di gambe!
GIOVANNI: Noi due, siamo stati davvero in gamba, e non si tratta solo di coraggio. Ma dov’erano allora i magistrati pensanti? Noi invece abbiamo voluto capire.
SADI: Ma questo sogno…cosa vorrà dire?
MARA: È il paradiso. Sì, quei due, se li hai riconosciuti, non possono che essere in paradiso.
UNZO: L’Isola dei Beati?
LUCIANO: No, non ha l’aria d’essere né l’Isola dei Beati, né Fandonia, né alcuno dei pianeti che abbiamo già visitato. È un luogo diverso. E anche questo sogno è diverso da quelli che si fanno dormendo…
FISKI: Sembra posto molto strano…
SADI: Ma non è il paradiso. E’ piuttosto un luogo dove i veri eroi e il sogno per cui hanno lottato, continuano a vivere per noi…
OCIO: E chi sarebbero, i veri eroi?
SADI: Ascolta!
PAOLO: Giovanni, noi due non siamo eroi perché siamo morti – che mi sembra una vera sciocchezza – ma siamo eroi perché abbiamo voluto capire e conoscere con ostinazione.
OCIO: Capire? Conoscere? Che cosa?
FISKI: La verità.
LUCIANO: La verità! Ma ne avremmo trovate venti, almeno, di verità, nel nostro viaggio. E qual è quella vera? Perché siamo partiti? Che cosa pensavamo di trovare intraprendendo un viaggio che forse non ha mai avuto luogo se non nell’immaginazione mia e magari di qualcun altro?
SADI: E perché questo fatto dovrebbe rendere il nostro viaggio meno vero? Considerare vero solo ciò che avviene in quella che comunemente si definisce realtà è una mera convenzione: noi abbiamo bisogno di conoscere il possibile oltre che il vero, ciò che avrebbe potuto essere, oltre che quello che è… Ciò che potremmo, forse, ancora diventare…
MARA: Capisco quello che vuoi dire. Ognuno di noi dentro di sé ha un mondo, gelosamente nascosto, unico per ciascuno. È il mondo della nostra immaginazione, dei nostri sogni. Ognuno in fondo ha la sua verità.
SADI: Non sono del tutto d’accordo. Forse una verità assoluta, universale, non esiste. O, se esiste, non è accessibile da qui. Ma non si può rinunciare a cercare una corrispondenza tra i sogni e la realtà. Non si può rinunciare a cercare, ognuno per sé e insieme con altri, una via di uscita che ci porti lontano dal pianeta infernale. Perché è là in fondo che, in una spirale sempre più stretta, ci risucchia la corrente astrale.
MARA: Ma se questo non è il paradiso, l’inferno che cos’è?
LUCIANO: L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme.
MARA: La realtà. Io l’ho sempre pensato che non si può amare la realtà. Amare la verità: forse. Capire può voler dire amare. Ma non la realtà. Mi piace pensare che sia la finzione a raccontarci qualcosa della verità.
FISKI: Forse allora il nostro viaggio è stato una fuga: fuga dalla realtà!
SADI: Fuggire dalla realtà? Non credo sia possibile. Neppure quando la realtà ci sembra un inferno. Ma due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione ed apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e che cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.