[Karl Marx, Scorpione e Felice, Romanzo umoristico con disegni e caricature di Friedrich Engels, Introduzione di Gabriele Pedullà e una nota di Claudio Magris, trad. it. di Cristina Guarnieri, testo tedesco a fronte, Editori Riuniti, Roma 2011, pp. 168]
Scorpione e Felice è un breve romanzo umoristico scritto dallo studente diciannovenne Karl Marx nel 1837 e inviato al padre in occasione del suo compleanno. Il testo, pubblicato nel 1929, offre un’immagine singolare del filosofo di Treviri a cui sicuramente non siamo abituati, chiusi nello stereotipo del fondatore del materialismo storico che le iconografie tradizionali mostrano con il volto cupo e severo.
Si tratta infatti di un’operetta strutturata in forma di anti-romanzo: ironico, irriverente e per alcuni versi stravagante, composto in antitesi al classicismo e al sentimentalismo tardo romantico, che viene gustosamente irriso. Lo stile goliardico ed anticonformista, nei confronti del sistema politico ed educativo della sua epoca, rende la lettura piacevole e divertente.
Il testo è destrutturato: non ha né inizio né fine, la storia non si dipana su una fabula, che resta evanescente sullo sfondo. Continue sono le digressioni, che potrebbero confondere un lettore, alla ricerca di una trama tradizionale e già l’incipit del romanzo introduce in una dimensione comica e per alcuni versi disorientante; infatti il primo capitolo, numerato 10, si richiama a un inesistente capitolo precedente. La situazione non cambia in seguito: alcuni capitoli sono saltati e manca l’ordine cronologico degli eventi. Gli stessi personaggi principali appena delineati, sono privi di una caratterizzazione specifica e il loro ruolo, a dir poco marginale, assume significato solo in quanto spunto per irridere il perbenismo piccolo – borghese.
La satira e i numerosi giochi linguistici (come la ridondante ricerca etimologica – volutamente senza un fine dichiarato – sul nome del sarto Merten), oltre ad evidenziare la finezza intellettuale e il dispregio per la tradizione, diventano un modo per criticare la realtà e in particolare quel mondo accademico che l’autore frequentava all’epoca degli studi universitari.
L’opera risente delle numerose letture giovanili di Marx e in particolare si richiama al modello proposto da Sterne con Vita e opinioni di Tristram Shandy, che molta influenza ebbe sulla generazione di letterati e filosofi del tempo e che fu, con tutta probabilità, anche una delle fonti di ispirazione del futuro filosofo.
Scorpione e Felice rimane un piccolo gioco letterario di uno studente, forse di non eccezionale valore artistico – del resto questo non era sicuramente lo scopo del suo creatore. In esso ci sono forse in nuce alcuni tratti del futuro pensiero marxiano: la critica alla borghesia e il materialismo.
Ma l’interesse dell’opera sta altrove: essa potrebbe, come sostiene Gabriele Pedullà, stimolare nel lettore più attento un’interessante riflessione sulla concezione estetica tramandata dal marxismo più ortodosso che proponeva il realismo esasperato come migliore, se non unica, forma d’espressione artistica. Ancora più radicale, Claudio Magris – nell’appendice che riproduce l’articolo uscito sul “Corriere della Sera” dell’11 gennaio 1968 in occasione della precedente traduzione del testo in “Carte segrete” – ammonisce a non cercare in questa operetta anticipazioni del pensiero successivo e richiama piuttosto le ascendenze letterarie di Heine, Hoffmann, Sterne e Jean Paul.
In appendice, quasi a coronamento dell’anticonformismo dell’opera, sono riportati spassose caricature e graffianti disegni di Engels che con uno stile mordace deridono personaggi e situazioni dell’epoca.