Ulinka Rublack, L’astronomo e la strega: la battaglia di Keplero per salvare sua madre, trad. it. di Francesco Barreca, Hoepli, Milano 2017
Il 9 novembre 1619 alle ore otto nella sala del consiglio municipale del piccolo villaggio di Leonberg – nel Ducato del Württemberg – ha inzio il processo per stregoneria contro Katharina Kepler, la madre dell’astronomo Johannes. La accusano ventiquattro cittadini, tutti di fede luterana: tra questi il maestro del paese, il governatore del Ducato, Lukas Einhorn, e cinque donne. Katharina è accusata di aver avvelenato alcuni compaesani, tra cui Ursula Reinbold, la moglie del vetraio e sua prima accusatrice, di aver appreso l’arte della stregoneria da una zia che era stata messa al rogo, di aver tentato di convincere una ragazza del paese a farsi strega, di aver cavalcato un vitello fino a farlo ammalare, di aver chiesto di riesumare il cadavere del padre per fare del cranio una coppa e, infine, di aver provato a corrompere il governatore con il regalo di una coppa d’argento. Il 7 agosto dell’anno seguente Katharina venne arrestata e imprigionata.
Keplero ha quarantasette anni, la sua carriera alla corte degli Asburgo comincia a declinare; il suo protettore, l’imperatore Rodolfo II, è morto, ma il titolo di matematico imperiale gli rimane e il lavoro di scrittura scientifica lo occupa interamente: ha appena pubblicato il quinto libro degli Harmonices Mundi. Eppure si incarica formalmente della difesa della madre, lascia Linz, il lavoro, le carte e gli strumenti, per trasferirsi nel Württemberg e seguire il processo. Certo era coinvolta anche la sua reputazione di scienziato, il rischio di essere additato come il figlio di una strega, ma la speranza di ottenere l’assoluzione in un paese travolto dalla guerra dei trent’anni e dalla caccia alle streghe era decisamente minima.
L’analisi della varie fasi del processo nel libro di Ulinka Rublack – docente a Cambridge e studiosa della storia moderna tedesca – è occasione per ricostruire la storia di Katharina, la vita dei villaggi di Weil der Stadt, di Ellmendingen e di Leonberg, le tappe della ricerca astronomica di Johannes Kepler a Tübingen, Graz, Praga e Linz, il clima culturale delle università e l’avvento della Controriforma e della guerra.
C’è poco di comico e umoristico nella figura di Katharina: quando viene accusata di stregoneria è una donna ormai vecchia, esacerbata e indurita dalla vita: non è difficile per i compaesani vederla come una strega. Il marito, Heinrich Kepler, era stato uomo poco affidabile e irrequieto: aveva abbandonato la moglie per lunghi periodi, dedicandosi alla vita militare e lasciando a lei la gestione dell’economia familiare ed era poi morto nel 1590. Da lui aveva avuto quattro figli – oltre a Johannes, Heinrich, Christoph e Marghareta – ed è addirittura Heinrich, ritornato dalla vita militare povero e malato, a insinuare per primo che la madre fosse una strega.
Marghareta invece rimane vicina alla madre e Johannes riesce a difenderla, utilizzando la sua capacità di analisi e di argomentazione, che gli deriva dalla pratica scientifica. Individua i punti essenziali: contesta l’affidabilità di alcuni testimoni, parziali e invidiosi, afferma che la madre è una rispettabile guaritrice che usa le erbe, sostiene che il fastidio verso una donna vecchia non basta per accusarla, ritiene il desiderio di disseppellire il padre un semplice gesto di pietà, considera il regalo della coppa come richiesta di rendere più veloce il processo. Katharina, da parte sua, resiste, non crolla nemmeno di fronte alla visione degli strumenti di tortura e viene assolta. Morirà dopo poco, il 13 aprile 1622.
Rublack dedica l’ultimo capitolo del libro a un manoscritto che Keplero riprende in mano dopo la fine del processo. Si tratta di una storia fantastica – l’abbozzo risale al 1593, quando Johannes era ancora studente all’università di Tübingen, e venne rielaborato a Praga nel 1609 – che descrive un viaggio sulla luna (lo possiamo leggere nella traduzione italiana di Anna Maria Lombardi: Il sogno di Keplero. La terra vista dalla Luna nel racconto del grande astronomo tedesco, Sironi editore, Milano 2009). Ora lo scienziato vi aggiunge un apparato di note che si moltiplicano fino a raggiungere una lunghezza tripla rispetto alla stesura del 1609. Il Somnium sarà pubblicato postumo nel 1634, ma qualche copia era circolata ai tempi del soggiorno di Keplero alla corte imperiale del lunatico e malinconico Rodolfo, amico di maghi e alchimisti, dell’Arcimboldo, del rabbino Löw e del misterioso Tycho Brahe dal naso d’oro e d’argento, nella Praga magica, malefica e caleidoscopica descritta da Angelo Maria Ripellino. La preoccupazione di Johannes – che pur doveva comporre, senza crederci, oroscopi per il sovrano e che stava elaborando una nuova immagine del cosmo che porta con sé elementi magici e religiosi – era che proprio la diffusione del Somnium avesse potuto provocare l’accusa alla madre di stregoneria.
Il racconto è intriso infatti di elementi autobiografici: il protagonista, l’astronomo islandese Duracoto, alter ego dell’autore, allievo di Tycho Brahe, compie il viaggio a Levania – parola ebraica con cui Keplero indica la luna – grazie all’intervento di un demone, invocato dalla madre Fiolxhilde, descritta quasi come una strega che vive raccogliendo erbe. Segue la descrizione della terra vista dalla luna, della vita di demoni e altri esseri sulla superficie e nelle caverne del nostro satellite, che ha lo scopo di difendere la teoria copernicana. Lo sguardo esterno e inacessibile all’esperienza si inserisce in una lunga tradizione letteraria che rimanda a Luciano e Plutarco, e costituisce di per sé il punto di vista dell’umorista. Del resto Pirandello nel saggio su L’umorismo ha indicato proprio in Copernico uno dei più grandi umoristi per aver smontato «l’orgogliosa immagine» che ci eravamo fatta dell’universo e ci ha invitato alla lettura del Copernico di Leopardi, nel quale il sole – stufo di correre, lui grande e grosso, attorno alla terra, non più grande di un granellino di sabbia – convoca l’astronomo polacco per rovesciare i rapporti tra la terra e il sole. A questa mossa si aggiungono le nuove note che Keplero aggiunge al testo, che Rublack descrive come satiriche, ironiche e spiritose, anche se oggi non possiamo coglierle tutte appieno, perché spesso legate a un contesto occasionale perduto.