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il sublime rovesciato: comico umorismo e affini

Copertina Numero 08

 aprile 2014

Segnalazioni

Roberta Colombi

Un umorista in maschera. La narrativa di Antonio Ghislanzoni

Segnalato da Luisa Bertolini

[ Roberta Colombi, Un umorista in maschera. La narrativa di Antonio Ghislanzoni (1824-1893), Loffredo Editore, Napoli 2012 ]

Con questo libro Roberta Colombi ritorna al tema del suo precedente lavoro, Ottocento stravagante. Umorismo, satira e parodia tra Risorgimento e Italia unita, pubblicato da Aracne nel 2011, prendendo più ampiamente in esame la figura di Antonio Ghislanzoni e inserendo in appendice un’ampia bibliografia, redatta per generi letterari, a cura di Melissa Tremolada e Carlo Tremolada, animatori tra gli altri dell’Associazione “Fucina Ghislanzoni” di Caprino Bergamasco.

Antonio Ghislanzoni, scrittore bohémien, «bevitore scamiciato ed eccentrico» (p. 12), esponente ormai riconosciuto della Scapigliatura lombarda, è stato oggetto negli ultimi tempi di una certa rivalutazione da parte della critica letteraria (cfr. nn. 1, 3, p. 11) e trova ora, in questo lavoro, un’attenzione più adeguata che individua dietro le provocazioni del personaggio «il segno di un impegno critico letterario militante» (p. 13) e cerca di rovesciare le accuse di disordine, di mancanza di rigore e di scarsa cura degli aspetti formali e stilistici, sostenendo al contrario il carattere di sperimentazione narrativa e linguistica della sua scrittura nello «studiato disordine» del suo stile umoristico (p. 19).

La biografia di Ghislanzoni è essenziale – secondo Colombi – per comprenderne il ruolo intellettuale: egli fu giornalista politico, cantante lirico e attore comico, scrittore di libretti d’opera, narratore impressionista, collaboratore di numerosi giornali umoristici, tra cui “L’Uomo di pietra” e “Lo Spirito Folletto”, fondatore della “Rivista minima” nel 1865. Tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta dell’Ottocento si colloca il periodo di maggior fioritura della sua prosa letteraria, caratterizzata dal racconto breve, dalla scenetta, dal bozzetto giornalistico. Segue la delusione, la fine della passione politica, la crisi dei giornali umoristici (ne chiudono una dozzina solo nel milanese dal 1859 in poi), l’indifferenza del pubblico: «ho cessato di ridere», commenta con amarezza in una lettera ad un amico nel 1872.

Nel «caleidoscopio di racconti» Colombi individua una serie di tematiche che costituiscono l’oggetto della satira di Ghislanzoni: l’ipocrisia e l’opportunismo della morale borghese nella famiglia e nella società, il carattere di finzione e di mascheramento delle istituzioni come il matrimonio, la mediocrità e la rassegnazione che dominano nell’Italia post-risorgimentale, il disinganno della politica. Alla varietà dei temi corrisponde, secondo Colombi, la varietà linguistica ed espressiva di «uno stile mescidato dove convivono diversi registri, a volte in funzione parodica» (p. 53): plurilinguismo che mescola forme dialettali, lessico specialistico, forestierismi, estrose soluzioni linguistiche e grafiche; giochi di parole che si fondano sul doppio senso, sulla polisemia. La struttura stessa dei racconti è disordinata, insolita, non lineare, «procede secondo una logica cumulativa che somma casi e imprevisti per il solo gusto della narrazione» (p. 54), nella consapevolezza che questo modo di procedere «a spizzico» – l’espressione è di Tarchetti, collaboratore appunto della “Rivista minima” – è caratteristica fondamentale dello stile umoristico.

Il terzo capitolo, conclusivo, è dedicato al romanzo. L’autrice tratta con particolare attenzione a Le memorie di un gatto, pubblicato a puntate su “L’Uomo di Pietra” nel 1857 e ispirato al Gatto di Rajberti, come riconosce lo stesso Ghislanzoni, consigliandone la lettura in questa prima edizione e dichiarandolo come modello del suo scritto nell’edizione non censurata del 1865 sulla “Rivista minima”. Protagonista del romanzo è un gatto-scrittore che racconta con lo sguardo estraniato e ingenuo, proveniente da luoghi nascosti – sotto il tavolo del pranzo di nozze, nella camera degli sposi, sotto le coltri del letto della signora vogliosa – la vita della famiglia Corvetta composta da personaggi grotteschi, vere e proprie caricature, compresi i servi e gli sguatteri. Il rovesciamento umoristico avviene nella considerazione del fatto che l’uomo, che si distingue dalle bestie per la facoltà del riso, è il solo animale che veramente faccia ridere.

Un altro topos della letteratura umoristica è il tema del rogo dei libri (presente solo nella prima edizione):

Quando si pensa che la coda di una cometa può in pochi minuti portarsi via tutte le nostre chiacchiere… o pareggiare in un attimo le Memorie di un gatto alla Divina Commedia dell’Alighieri, la è roba da bruciare i libri e le penne, e dedicarsi esclusivamente alla gastronomia.

Però (sia detto fra noi) se la coda della cometa bruciasse solamente le biblioteche e i libri di cui il mondo è inondato… sarebbe questo per la povera umanità un grande sollievo. (cit. p. 77)

L’altro romanzo preso in considerazione dall’autrice, Un suicidio a fior d’acqua, è stato pubblicato per la prima volta in volume nel 1864 dall’editore Redaelli a Milano nella collana “Biblioteca per ridere”. Racconta delle avventure tutte letterarie di un giovane idealista e romantico, Arturo Leoni, lettore delle Ultime lettere di Jacopo Ortis e incapace di affrontare la concretezza del vivere.

Abrakadabra. Storia dell’avvenire viene pubblicato a puntate su “Il Pungolo” nel 1864 e completato nel 1883. Questa volta l’ispiratore è Nievo con la Storia filosofica dei secoli futuri, ovviamente con diverse varianti. Il prologo presenta un dialogo tra il notabile reazionario, il sindaco moderato e il farmacista rivoluzionario che si ritrovano ogni sera davanti a una bottiglia di barolo nella casa di un individuo malato di cervello per eccesso di studio, il quale pronuncia ogni tanto la formula misteriosa che diventa il suo soprannome: Abrakadabra. Nel prosieguo del romanzo viene delineata la profezia fantascientifica di una società utopica che però si rivela insoddisfacente e deludente e si rovescia nello scetticismo relativista che non può concepire la storia come progresso.

All’ultimo periodo periodo di attività, vissuto a Caprino Bergamasco, risale un altro romanzo che Colombi ritiene degno di nota per la sua tesi di fondo che ritrova nell’umorismo di Ghislanzoni un’intenzione seria e morale. Si tratta di Un viaggio di istruzione che esce per Sonzogno nel 1888 e si colloca nella linea del rovesciamento parodico del modello di racconto di viaggio sentimentale, iniziata con Sterne e, in Italia, con Faldella e Cagna. Il protagonista è un giovane collegiale che intende compiere un viaggio nelle più importanti città italiane, ma che si arresta all’osteria più vicina dove potrà sperimentare l’inutilità di andar tanto lontano. Rifluiscono in questo romanzo molti temi dei racconti giovanili, vengono recuperati altri nuclei narrativi e satirici trattati in precedenza che mettono a nudo l’ipocrisia sociale e introducono una dimensione teatrale. La tragedia dell’Aristodemo, rappresentata nel paese in occasione del carnevale, si tramuta in farsa per la scomparsa del coltello; il carnevale, a sua volta, si riduce alle smorfie di maschere di cartapesta, non fa venir voglia di scherzare e di ridere: il nostro scrittore conclude il suo scritto e la sua vita in umore malinconico, «rassegnato a vivere in una condizione di composta marginalità e dignitoso isolamento» (p. 108).