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il sublime rovesciato: comico umorismo e affini

Copertina Numero 06

 aprile 2013

Saggi e rassegne

Rosanna Oliveri

Follia e satira: un invito alla lettura di Erasmo da Rotterdam

La satira si può rivelare un’ottima alleata della filosofia quando si tratta di esplicare ragioni legittime in un momento difficile della storia. Quando esprimersi liberamente sembra impossibile, l’ultimo appiglio può essere la libertà concessa appunto alla satira e all’umorismo. Fu il caso di Erasmo da Rotterdam con il suo celebre Elogio alla Follia (1509) quando il mondo ecclesiastico viveva una delle più gravi crisi spirituali della sua storia. Un periodo fatto di corruzione, nepotismo e di indulgenze.

Erasmo come molti altri, sente la necessità di una riforma, di una forza innovatrice capace di spazzare via tutto ciò che della Chiesa gli sembrava scorretto e incoerente con le Scritture.

Nella prefazione, dedicata a Tommaso Moro, spiega in modo chiaro le sue ragioni:

Avendo dunque deciso di far qualcosa a ogni modo e parendomi quel tempo poco adatto ad una seria mediatazione, mi saltò in mente di celebrar per gioco l’elogio della pazzia. (Elogio della pazzia, trad. it. di T. Fiore, Einaudi, Torino 1964, p. 3)

Erasmo ribadisce inoltre la libertà di satira

Tanto più mi stupisce la delicatezza d’orecchio dei nostri tempi, che non possono generalmente soffrire se non i soliti titoli onorifici. E troverai non pochi uomini religiosi, ma così a sproposito religiosi, che sopporterebbero i più gravi insulti contro Cristo, anziché sentire papi o i grandi offuscati. Appena dallo scherzo più lieve, specialmente poi quando va di mezzo la bucolica […].

Dunque, se ci sarà uno che si proclami offeso, rivelerà con ciò la cattiva coscienza e certo la paura. (p. 6)

Erasmo, con la sua pungente ironia non risparmia neppure lo stesso Tommaso Moro, apostrofandolo in questo modo: «Ma che dire di queste cose a te, avvocato così straordinario da difendere in modo egregio anche cause non egregie? Addio, eloquentissimo Moro, e difendi con zelo la tua Morìa».

Che la follia sia al centro della nostra società e della nostra stessa vita, sostiene Erasmo, lo si vede già dal fatto che esse si basano sulla necessità che abbiamo di sposarci, fare figli e quindi famiglia, cosa che, se riflettessimo in modo saggio e razionale, a dire del nostro filosofo, non faremmo mai:

E valga il vero! Chi vorrebbe, di grazia, offrire il collo al guinzaglio matrimoniale, se si mette a considerare prima, come fanno questi filosofi, tutti gli svantaggi di una tal vita? O qual donna accetterebbe marito, se solamente sapesse o pensasse che voglion dire i pericoli e i travagli del parto, con le noie dell’allevamento? (p. 20)

Erasmo, poi, si spinge a dimostrare che la razionalità causerebbe solo danni, come si vide nel caso di Socrate che per restare fedele alla sua filosofia bevve la cicuta, lasciandosi morire.

Che cosa lo costrinse a bere la cicuta, dopo che accusato, se non la sapienza? Egli filosofeggia di nuvole e di idee, misura i piedi delle pulci, s’incanta alla voce della zanzara… e intanto non insegna ciò che riguarda la vita comune. (p. 38)

La vita di tutti i giorni, invece, era dominata dal senso pratico, da chi, senza pensare mai ai principi morali e alla coerenza filosofica e teologica con le dottrine che predicava e che avrebbe dovuto seguire, metteva al primo posto i soldi, facendo sì che all’epoca dei fatti dominasse la corruzione e non la fede. Si fa pungente allora l’ironia sia contro tutti coloro che pensano alla religione come a un antidoto contro i mali, come una specie di protezione magica che permetta loro di fare di tutto, rendendoli immortali, sia contro la Chiesa che approfitta di questi creduloni imbrogliandoli:

E tanto più la gente ci presta fede, tanto più se ne lascia solleticare gradevolmente le orecchie. Tali fandonie del resto non servono solo ad ammazzare il tempo, ma hanno uno scopo più pratico, di cavar quattrini, come usano principalmente preti e predicatori popolari.

Della stessa famiglia sono, per esempio, quei babbei che hanno l’allegra credenza che, se han fortuna di vedere qualche statua, o quadro di san Cristoforo, il Polifemo dei cristiani, per quel giorno son sicuri di sfuggir dalla morte. Così se uno saluta secondo una certa formula la statua di santa Barbara, è sicuro di tornar sano e salvo dalla guerra; mentre chi va a far visita a sant’Erasmo, però in determinati giorni, con determinati moccoli e determinate orazioncelle, è sicuro di diventar ricco in poco tempo. […]

Che dire di coloro che assolvono (nella lor fantasia!) dai loro peccati (oh che piacere! Oh che illusione!) e coll’orologio alla mano par che misurino il tempo che staranno in Purgatorio e computano matematicamente tutto, secoli, anni, mesi, giorni, ore e minuti? Altri si fidano poi di piccoli segni magici, di brevi preghiere inventate da qualche pio impostore per spasso o per guadagno, e perciò non c’è cosa che non si ripromettano, beni, onori, piaceri, sazietà, salute sempre prospera, vita lunga, verde vecchiaia, e in fine, un posticino in Paradiso, proprio accanto a Cristo. (pp. 66-67)

La mercificazione della religione, la pratica diffusa di vendere e comprare indulgenze, la convinzione di poter comprare la salvezza per la propria anima con una monetina, invece che guadagnarsela con la fede, rendono il credo cristiano simile a quello pagano che la Chiesa combatté con tanto fervore nei primi secoli della sua affermazione.

La lettura di questo breve saggio che ha reso celebre Erasmo da Rotterdam non ha perso il suo fascino nel corso dei secoli e risulta piacevole anche oggi. Il messaggio cristiano viene insegnato in modo autentico, diretto, senza paroloni e concetti difficili, ma in modo che arrivi a tutti. Il tono è tollerante e anche a chi sta sbagliando l’autore si rivolge con il sorriso sulle labbra, evitando espressioni dure e cupe come faceva Lutero, ma facendo semplicemente capire che tutto quello che stava avvenendo nella cristianità era ridicolo. Erasmo si tiene lontano dagli estremismi, evitando non solo tediose discussioni teologiche o inutile erudizione evangelica, ma anche l’estremo utilizzo della ratio, che non consente alla fede di essere vissuta nel modo più corretto, ovvero come accettazione incondizionata.

Grazie al suo tono ironico e tollerante Erasmo si guadagnò il favore non solo di tutti coloro che criticavano la Chiesa del tempo, ma anche di papi e sovrani che lo protessero fino alla sua morte.

Infine sottolineiamo come Erasmo parlando della Follia riesce a parlare, lui solitamente aristocratico nello stile, assumendo un punto di vista semplice, facendosi portavoce del popolo che giudica con appunto con semplicità e genuinità. Proprio in questo sta la grandezza di Erasmo e la sua ironia, capace di dar voce a chi non ne ha, che fece esclamare a Carlo Dossi: «Nell’universale libello Erasmiano si trovano i germi di tutte le satire umane che vennero scritte di poi» (Note azzurre, n. 1220).