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il sublime rovesciato: comico umorismo e affini

Copertina Numero 01

 settembre 2010

Saggi e rassegne

Rosanna Oliveri

Noterelle sulla scienza

Poincaré e la scuola di Peano

Vediamo dapprima Burali–Forti definire il numero come segue:
1 = j T’ {K
0 (u, h) (u Un)},
una definizione che sembra fatta apposta per dare un’idea di numero 1 a quelle persone che non ne hanno mai sentito parlare. Capisco troppo male il peaniano per avere il coraggio di tentare una critica, ma temo che questa definizione contenga una petizione di principio, dato che scorgo “1” in cifre nel primo membro e “Uno” in lettere nel secondo. Comunque sia, Burali-Forti parte da questa definizione e, dopo un breve calcolo, arriva all’equazione:
1
N0,
che ci informa che Uno è un numero. E dato che siamo alle definizioni dei primi numeri, ricordiamoci che Couturat ha definito anche 0 e 1. Che cos’è lo Zero? È il numero degli elementi della classe nulla; e che cos’è la classe nulla? Quella che non coincide con nessun elemento. Definire “Zero” con “nullo”, e “nullo” con “nessuno” significa abusare della lingua. Mi affretto ad aggiungere che la definizione che Couturat dà del numero 1 è quella che mi soddisfa di più. Uno, dice in sostanza, è il numero degli elementi di una classe di cui due elementi qualsiasi sono identici. Dico che è soddisfacente nel senso che per definire Uno non si serve della parola “uno”; in compenso, si serve della parola “due”. Ma temo che se si domandasse a Couturat che cos’è il Due, sarebbe obbligato a servirsi della parola “uno”
1.

Il dibattito tra scienza e filosofia, anche se costante nella storia del pensiero occidentale, non fu sempre facile. Un esempio fu la polemica tra Poincaré e il gruppo di matematici che faceva capo soprattutto a Giuseppe Peano e che si adoperava per elaborare un linguaggio comune per gli enunciati matematici.

Tale linguaggio universale doveva essere la logica matematica, capace, almeno secondo Peano, di rendere la matematica oggettiva e universale per tutti.

Per comprendere le radici della polemica in questione bisogna inquadrarla nella sua cornice di fatti storici.

L’incontro tra la scuola di Peano e la filosofia si ebbe soprattutto grazie a due importanti congressi internazionali di Filosofia, quello di Parigi del 1900 e quello di Ginevra del 1904. A Parigi si tenne un Expo internazionale in occasione del quale venne organizzata una serie di congressi, tra cui appunto quello di filosofia, tra il 1 e il 5 agosto e quello di Matematica, dal 6 al 12 agosto, quindi subito dopo.

Se possiamo dire che il congresso di matematica fu importante per i filosofi perché Hilbert diede inaspettatamente un posto di rilievo alla storia della Matematica, dobbiamo però anche sottolineare che anche il congresso di filosofia fu particolarmente importante per i matematici, perché Couturat organizzò una sezione dedicata alla Logica e storia delle scienze, chiamandovi tra gli altri l’intera scuola di Peano (Burali – Forti, Pieri, Padoa, Vailati e Vacca).

Ancora più interessante, per le polemiche che suscitò, è il secondo Congresso internazionale di Filosofia che si riunì a Ginevra dal 4 all’8 settembre 1904. Ancora fu la sezione di Logica e Filosofia della Scienza, destinata nell’idea di Paul Tannery a stabilire più stretti legami fra discipline scientifiche e umanistiche. Fra i protagonisti del Congresso c’è infatti il matematico Pierre Boutroux, figlio del filosofo Emile (1845-1921) e parente, per parte di madre, di Henri Poincaré. Boutroux lesse una comunicazione Sulla nozione di corrispondenza nell’analisi matematica nella quale espresse riserve sulla possibilità che la Logica potesse fondare la Matematica e sull’utilità del simbolismo. A differenza di Couturat, Boutroux si mostrò scettico sulla possibilità di ridurre la Matematica alla Logica, isolando un numero minimo di nozioni primitive che non abbiano alcun riscontro nell’intuizione. Alla comunicazione di Boutroux seguì un vivace dibattito, nel corso del quale Peano ribadisce la propria convinzione della stretta connessione fra Logica e Matematica, pur nella specificità dei rispettivi ambiti di ricerca.

La discussione proseguì anche dopo il Congresso, attraverso lo scambio epistolare, senza che nessuno riesca a convincere l’altro. Boutroux, per esempio, insistette sulla netta distinzione fra Matematica e Logica, accusata di “ottenebrare la fase propriamente creativa della ricerca” (p. XXVII).

La logica di Peano e i suoi principi sono esposti nella sua opera Arithmetices Principia nova Metodo Exposita e consiste soprattutto nella formulazione dei cinque Postulati, ovvero:

  1. Zero è un numero naturale.
  2. Il successore di un numero naturale è un numero naturale.
  3. Zero non è successore di alcun numero.
  4. Se due numeri hanno lo stesso successore, allora sono lo stesso numero.
  5. Ogni proprietà di cui gode lo zero e tale che, se ne gode un numero, ne gode il suo successore , è una proprietà di tutti i numeri naturali.

La filosofia di fondo che caratterizzava l’opera di Peano era la ricerca di un linguaggio universale oggettivo, capace di liberare la scienza dalla soggettività dell’osservatore. La matematica come linguaggio della fisica doveva ricercare una via, un metodo per restituire tale oggettività ai fatti che le teorie scientifiche descrivono, eliminando qualsiasi ambiguità dovuta a cattive interpretazioni di proposizioni dovute a cattive traduzioni da una lingua naturale all’altra. La logica di Aristotele era incapace di soddisfare a pieno tale condizione poiché ancora troppo densa di termini appartenenti al le lingue naturali. Bisognava creare un sistema di simboli e definizioni capace di rispondere a questa nuova esigenza.

Si ricordi che in quegli stessi anni la ricerca di un linguaggio oggettivo e neutro portò anche al tentativo di formulare una lingua naturale comune a tutti, ovvero l’esperanto.

Il maggiore divulgatore delle idee di Peano in Francia fu Couturat, mentre uno dei suoi seguaci più importanti in Italia fu Burali- Forti che si concentrò nello studio delle definizioni fino a formulare una alquanto complessa e sofisticata definizione di numero transfinito, la cui nozione estende quella di numero, quella delle operazioni aritmetiche e della relazione d’ordine proprie dei numeri naturali ad una classe più ampia di oggetti che in qualche senso sono “più grandi” degli usuali numeri finiti. Poincaré non mancherà di prendere di mira entrambi con tono particolarmente polemico e ironico nel passo citato all’inizio: secondo il filosofo francese, la discussione intorno alla logica matematica è piuttosto sterile e anzi finisce per deviare l’interesse dai problemi più urgenti della filosofia della scienza.

Bachelard e l’apertura al mondo

Ecco come operano i metafisici fulminei – quei filosofi che quando parlano di «apertura al mondo» sembra che abbiano soltanto da tirare una tenda per trovarsi di colpo in faccia al mondo
Bachelard, Poetica della rêverie

A Heidegger viene spesso riconosciuto il merito di aver riportato ai tempi moderni il fascino della filosofia presocratica. La questione relativa alla natura dell’Essere esercitò una grossa attrazione quando egli la riportò alla luce collegandola magistralmente ai problemi relativi alla società del tempo, come per esempio quello della tecnica.

A ben vedere però, soprattutto leggendo Essere e Tempo, il vero nucleo tematico più che l’Essere in generale è la natura umana, anche se il filosofo tedesco per varie ragioni rifiuta questo termine utilizzando invece la parola Dasein che rimanda a un problema più ampio, a una cornice ontologica e metafisica entro cui la natura umana trova il suo spazio perché inserita al suo interno.

La forte sistematicità del pensiero heideggerriano sembra voler sottolineare la grandiosità e l’imponenza della questione ontologica, tanto che i modi d’essere dell’esistente seguono un determinato schematismo, tanto da essere concatenati e sviluppati l’uno dall’altro.

È proprio a queste linee generali che dobbiamo pensare per capire a cosa si sia riferito il filosofo epistemologo francese Bachelard quando, citando una poesia di Rilke nel quale si parla di un grande albero che «sviluppa in rotondo il proprio essere» dice che questo albero deve certamente occupare un posto significativo «nel mio album di metafisica concreta», dove la contrapposizione del termine metafisica all’aggettivo concreta assume un tono tendenzialmente polemico contro l’astratto schematismo della filosofia esistenziale ed è in particolare il suo impianto, nonostante tutto, ancora categoriale – la lontana imitazione del modello kantiano che è preso di mira.

Quando Heidegger passa ad analizzare la natura umana, la dimensione dell’Esserci, questo viene improvvisamente fissato da determinazioni che sono per Bachelard soltanto pure astrazioni, che non hanno niente a che vedere con la varietà e la molteplicità delle dimensioni esistenziali concrete. L’uomo è appunto gettato nel mondo, come dice lo stesso Heidegger. A questo riguardo Bachelard assume un tono decisivamente polemico, scrivendo:

«Ecco come operano i metafisici fulminei – quei filosofi che quando parlano di “apertura al mondo” sembra che abbiano soltanto da tirare una tenda per trovarsi di colpo in faccia al mondo». Così, nel capitolo dedicato alla casa, Bachelard osserva che la «situazione della casa nel mondo» «ci offre in maniera concreta, una variazione della situazione, spesso così metafisicamente riassunta, dell’uomo nel mondo». (Bachelard, Poetica della verie, Edizioni Dedalo, Bari, 1975, p. 10).

Il rifiuto dell’esistenzialismo potrebbe essere letto come il rifiuto dei metodi da esso impiegati, come la ricerca sempre maggiore di una concretezza della filosofia che insegue la scienza e che deve essere “degna”, come diceva lo stesso Bachelard, della scienza. Per il filosofo epistemologo francese, infatti, la filosofia deve affiancare il pensiero scientifico con le sue riflessioni, ma non può mai essere astratta e prescindere dallo studio della scienza stessa. Il suo compito deve essere per così dire ancillare.

La polemica contro Heidegger deve essere letta come polemica contro la metafisica e l’astrazione in generale, contro quel tipo di filosofia che prescinde dal pensiero scientifico e si inserisce in un quadro più ampio di contrasto tra epistemologia moderna che in quegli anni si affacciava al mondo con il Circolo di Vienna e con le sue teorie positiviste, e filosofia speculativa che invece cerca nella metafisica e nell’astrazione un più ampio senso della natura umana e del mondo.

Note

1 Scienza e metodo, in H. Poincaré, Opere epistemologiche, a cura di G. Boniolo, vol. II, Abano Terme, Piovan, pp. 108-109.