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il sublime rovesciato: comico umorismo e affini

Copertina Numero 13

 settembre 2016

Segnalazioni

Stefano Zangrando

Amateurs

Segnalato da Maddalena Fingerle

Stefano Zangrando, Amateurs, Alpha Beta, Bolzano 2016

[ Stefano Zangrando è nato a Bolzano nel 1973. È dottore di ricerca in letterature comparate e coordina con Massimo Rizzante e Walter Nardon il Seminario Internazionale sul Romanzo presso l’Università di Trento. Nel 2008 ha ottenuto una borsa di scrittura dell’Accademia delle Arti di Berlino, nel 2009 il riconoscimento per esordienti del Premio italo-tedesco per la traduzione letteraria.

Ha collaborato con varie testate giornalistiche e riviste, fra cui Nuova prosa, Alias, il manifesto e Lettera internazionale, e tradotto fra gli altri testi di Ingo Schulze, Peter Handke, Katja Lange-Müller, Peter Kurzeck e Kurt Lanthaler. Come narratore ha pubblicato Bozen underground e tre racconti (2000), Il libro di Egon (2005), Quando si vive (2009). Vive e lavora come insegnante, traduttore e studioso fra Rovereto, Bolzano e Berlino. (http://www.edizionialphabeta.it/it/Stefano_Zangrando/329/info, 13.9.16, 15:30) ]

Birrificio è una parola che mi fa venir freddo ai denti. A voi no?

Amateurs, il più recente romanzo di Stefano Zangrando, si apre con la citazione “un po’ gastronomica e un po’ pleonastica” (Zangrando: 8) di Max-Dieter Hardtke che si addice, tra ironia e leggerezza, alla condizione dei protagonisti: “Bisogna godersi la vita finché è calda” (Ibid.). In tedesco Amateur significa “dilettante” e si riferisce – in questo caso – alla vita, alle donne, all’amore. Il titolo fa inoltre riferimento al duplice aspetto del carattere dei due giovani che si muovono tra due modi di essere, sempre in bilico, con “un piede calcato sopra l’album di famiglia e l’altro tra le cosce di una mondanità puttana, davvero aperta a chiunque” (Ibid). Valentino e Gerwin (si noti l’etimologia e il significato dei nomi) sono due ibridi alla ricerca di sé e del mondo, due dilettanti della vita che si incontrano durante una primavera di inizio millennio in una Berlino a cavallo fra la notte di Valpurga (Walpurgisnacht) e la festa del lavoro.

Ma prima di analizzare i riferimenti letterari al Faust di Goethe e al Zauberberg di Thomas Mann credo sia opportuno fare una breve premessa: Amateurs non è – o non è solamente – un romanzo di confine o di soglia. Si tratta infatti, se proprio di confine si deve parlare, di un confine esistenziale, non territoriale. Credo che questo sia il primo grande malinteso che potrebbe nascere leggendo il libro: Amateurs non è riducibile a un romanzo di confine così come Zangrando non è semplicemente uno “scrittore bolzanino”. Una delle caratteristiche più lodevoli di Stefano Zangrando credo sia proprio il tentativo di dare respiro alle iniziative provinciali, incrementandone così lo spessore culturale. Amateurs parla effettivamente di due giovani altoatesini che si incontrano a Berlino, ma non è il tema principale del romanzo e mi azzarderei a dire che se Valentino e Gerwin fossero di una qualsiasi altra provincia, l’essenza del romanzo rimarrebbe invariata. Il riferimento all’Alto Adige, ammesso che abbia una qualche importanza, ce l’ha a livello di ironia e parodia da una parte e dall’altra è strettamente collegato con il rifiuto delle origini provinciali. Questo perché i due protagonisti sono stati sì “un crucco e un Welch, due razze non propriamente in sintonia”, ma erano diventati “qualcos’altro, qualcosa di più complesso, sradicato e compatibile” e ciò era anche dovuto

all’obliterazione delle […] provenienze, alla rinuncia più o meno consapevole a una storia e una mitologia tramandate – alla loro sepoltura sotto strati di nuove appartenenze, nel caso di Gerwin, di fughe e tentativi alla cieca, nel mio. Un po’ come un bianco e un nero in un film di fantascienza americano, ma un po’ più bilingui. (Zangrando: 121).

Un altro atteggiamento che vorrei evitare è quello di trattare Stefano Zangrando come l’insegnante altoatesino che ha scritto un libro, con tutte le conseguenze che questo atteggiamento porta con sé; tra le altre, l’ossessiva ricerca della persona di Stefano Zangrando nel personaggio di Valentino.

Se è vero che per un lettore consapevole non ha né senso né importanza sapere quanto ci sia di personale o autobiografico in un testo letterario, allora perché dovrebbe averne nel caso di Zangrando? Solo per dimostrare il provincialismo da cui lui stesso si distacca?

Ma torniamo ai riferimenti: la notte di Valpurga rimanda ovviamente al Faust di Goethe e probabilmente anche al Zauberberg di Thomas Mann.

Il riferimento al Faust è esplicito, in epigrafe in tedesco, in italiano in bocca a Gerwin che declama: “Alle sfere di sogni e magie… siamo noi, così pare, venuti… Tu guidaci bene, ti sia… onore che presto si vada più innanzi… noi, nelle solitudini!”. Viene citato anche una seconda volta, sempre da Gerwin, nel momento in cui Valentino gli racconta del malore dello spagnolo che aveva creduto di aver visto Martta che però lui, Gerwin, non aveva visto. Una situazione analoga a quella di Faust, proprio nella notte di Valpurga; infatti Gerwin cita Goethe: “Mefisto, la vedi laggiù / pallida e bella, una giovane sola e lontana?” (Mephisto, siehst du dort / Ein blasses, schönes Kind allein und ferne stehen? Goethe, J. W.: Faust 1. Frankfurt am Main 2008: 147). Ma Mefisto gli risponde che si tratta di un fantasma, di un “Zauberbild”, privo di vita, un “Idol”.

Molte immagini ricordano lo scenario goethiano, non ultima la descrizione pittoresca della manifestazione per la festa dei lavoratori: “E i mattoni rossi tutt’intorno, dei muri perimetrali, degli edifici e delle ciminiere che salivano il cielo, tutto quel rosso ora incupito dalla notte, ora agitato dalle fiamme, con quella calca sotto prendeva qualcosa di apocalittico.” (Zangrando: 43).

Il riferimento al Zauberberg invece non è esplicito, ma forse suggerito, oltre che dalla notte di Valpurga (cfr. Mann, T.: Der Zauberberg. Frankfurt am Main 2002: 488ss) e dal fatto che Gerwin conosca a memoria Goethe e Thomas Mann, dalla similarità del carattere filosofico dei dialoghi, ma soprattutto nell’essere Amateur; nel caso di Gerwin e Valentino perché le loro vite sono dettate dall’inconcludenza e dal crogiolarsi nella propria condizione di dilettante, nel caso di Hans perché “der Leser wird einen einfachen, wenn auch ansprechenden jungen Menschen in ihm kennenlernen” (Mann: 9). I protagonisti del racconto di Zangrando sono Amateurs, in parte quindi anche loro “mittelmäßig, wenn auch in einem recht ehrenwerten Sinn.” (Mann: 54). Si lasciano affascinare da sé stessi, dalla loro incompiutezza. Valentino, riferendosi a Gerwin, lo definisce “un giovane davvero colto, con una formazione solida, che reagiva a un disegno cyberpunk con una citazione a memoria da Goethe, unendo nella propria percezione l’alto e il basso, il canto e il corpo, il sommo poeta e una tettona bionica.” (Zangrando: 27) Tralasciando il fatto che sia buffo definire un trentenne “davvero colto” solo perché ha un carattere eclettico nei confronti del sapere e conosce i due più grandi, studiati e, se si vuole, canonici autori tedeschi, traspare, nelle parole di Valentino, un compiacimento per l’amico, compiacimento che ritroviamo invariato nei confronti di sé e della propria condizione, dubbioso, sospeso tra due mondi, senza appartenere però a nessuno dei due (cfr. Zangrando: 144 ):

Sto solo dicendo che trovarmi qui in mezzo, sul margine tra due situazioni, mi piace, non so perché, mi fa sentire al mio posto. E così mi chiedevo, se per caso mi sbaglio, se invece magari alla fine sono soltanto uno di quei conformisti che vengono a teatro mentre fuori si gioca la vera partita […]. (Zangrando: 145).

La notte di Valpurga compare nel Zauberberg come nome del capitolo e parte essenziale della storia. Interessante in questo contesto è vedere la scena, la gente, l’atmosfera della festa e della notte: nel Zauberberg la notte di Valpurga si presenta come ballo e luogo del travestimento, del rovescio, del contrario, in cui la gente beve, gioca e si ubriaca:

Wirklich tauchten neue Verkleidungen auf: Damen in Herrentracht, operettenhaft und unwahrscheinlich durch ausladende Formen, die Gesichter bärtig geschwärzt mit angekohltem Flaschenkork; Herren, umgekehrt, die Frauenroben angelegt hatten, über deren Röcke sie strauchelten, wie zum Beispiel Studiosus Rasmussen, welcher, in schwarzer, jettübersäter Toilette, ein pickliges Decolleté zur Schau stellte, das er sich mit einem Papierfächer kühlte, und zwar auch den Rücken. Ein Bettelmann erschien knickbeinig, an einer Krücke hängend. Jemand hatte sich aus weißem Unterzeug und einem Damenfilz ein Pierrotkostüm hergestellt, das Gesicht gepudert, so daß seine Augen ein unnatürliches Aussehen gewannen, und den Mund mit Lippenpomade blutig aufgehöht. Es war der Junge mit dem Fingernagel. (Mann: 494).

In Amateurs Gerwin, dissacrante, disprezza la festa delle streghe berlinese, che “sono il regno del cattivo gusto. Di solito le trovi in provincia, dove la gente non ha di meglio da fare. Fanno il mercato medioevale, chincaglieria e cibi grassi, ci si traveste e tutti ballano, terribile!” (Zangrando: 26). Niente a che vedere dunque con i sogni, le magie e le solitudini goethiane, ma forse non così lontana da quella di Mann.

L’ossessione di Gerwin per Lisa ricorda quella di Hans per Clawdia e, per entrambe, la Notte di Valpurga ha un ruolo importante. Nella scena carnevalesca proposta da Mann, grazie alla presenza di streghe danzanti e del diavolo, Hans dichiara il suo amore a Madame Chauchat e Settembrini si rifà a Goethe: “Allein bedenkt! Der Berg ist heute zaubertoll” (si noti il riferimento al titolo). In Amateurs il destino, in relazione con l’essere dilettante, ha un ruolo importante, anche se accompagnato da un tono canzonatorio, così come ce l’ha nel romanzo di Mann:

Hans Castorp war weder ein Genie noch ein Dummkopf, und wenn wir das Wort »mittelmäßig« zu seiner Kennzeichnung vermeiden, so geschieht es aus Gründen, die nicht mit seiner Intelligenz und kaum etwas mit seiner schlichten Person überhaupt zu tun haben, nämlich aus Achtung vor seinem Schicksal, dem wir eine gewisse überpersönliche Bedeutung zuzuschreiben geneigt sind. (Mann: 53).

Ma, tornando ad Amateurs, Valentino e Gerwin non sono, come non lo è Hans Castorp, né geni, né stolti e, per un attimo, alla ricerca di un senso, sperano che esista un destino. Ma alla fine non resta, ai due personaggi, che accontentarsi del caso, seppur con una certa malinconia da parte di Valentino e un tono sarcastico da parte di Gerwin che afferma che “[u]na coincidenza ci suggestiona, due ci fanno sognare che esista il destino. Con tre o più si rischia la superstizione” (Zangrando: 102). O la fede religiosa, come dice Valentino. Gerwin canticchia “Avanti popolo…” mentre lui medita ancora, “seppur con un diverso distacco, sul prodigio di poco prima” (Zangrando: 103):

“Però è un peccato”, osservai vagando qua e là con lo sguardo. “Prova per un momento a immaginarlo: se nulla fosse stato un caso, se tutti quei segni e quelle corrispondenze avessero avuto un senso, all’improvviso avremmo capito che esiste un destino. Tutto ci sarebbe apparso inserito in una trama più grande di noi, universale! E allora”, mi voltai verso Gerwin, “anche quella Lisa in mezzo all’incrocio avrebbe potuto essere la tua.” (Zangrando: ibid).

Anche il riferimento a Lilith nel racconto di Zangrando ricorda Goethe (Goethe: 145), ripreso anche da Mann; il locale berlinese si chiama proprio così: “Gerwin puntò l’indice ed esclamò: “La prima moglie di Adamo!” Fui l’unico a guardare Eva e in quel momento mi sentii penosamente prevedibile.” (Zangrando: 61.)

Nel Zauberberg si legge:

“Betrachte sie genau! ” hörte Hans Castorp Herrn Settembrini wie von weitem sagen, während er ihr, die bald weiterging, gegen die Glastür, zum Saal hinaus, mit den Blicken folgte. “Lilith ist das.” “Wer?” fragte Hans Castorp. Der Literat freute sich. Er replizierte: “Adams erste Frau. Nimm dich in acht …” (Mann: 496)

La malattia, l’asma, i problemi di allergia e polmonari ricordano, sia nell’ironia che nel sarcasmo, Thomas Mann e il sanatorio di Davos, in cui i sani si credono malati.

[…] cominciavo a sospettare che l’aria che mi mancava fosse un principio d’asma. (Zangrando: 66.)

Mi vidi al pronto soccorso, a un passo dalla cianosi, sorretto da Gerwin e Martìn, ma non sapevo bene come immaginare il pronto soccorso di un ospedale di Berlino, non ci ero mai stato, mi figuravo un posto freddo e gremito di disgraziati e mi saltò in mente il nome Charitè, chissà se finirei lì, mi domandai, e in ogni caso la mia più che una visione era una specie di speranza, il vagheggiamento della salvezza – finché ricordai, quasi un’illuminazione, che il mio marsupio aveva anche una tasca anteriore, quella dove di solito tenevo le chiavi di casa, che appunto lì a Berlino non avevo. L’afferrai in un lampo con entrambe le mani, tastai con le dita, la bomboletta era lì. (Zangrando: 71.)

Valentino inoltre si perde, come succede a Hans, in senso proprio e metaforico e riflette sul tempo, un tema fondamentale nel Zauberberg, ma anche su sé stesso e sul senso, o meglio, sul non senso dell’essere:

Non avevo dimenticato abbastanza chi ero, cosa facevo, quanto poco futuro avevo, quanto insignificante era il mio passato? O che altro era il bisogno di divertirsi se non la voglia di sottrarsi allo sguardo severo del tempo, di sprigionarsi, di ridursi all’attimo della propria evasione? Mi venne da pensare che allora, forse, quel vuoto che adesso mi portava a me stesso era proprio il tempo nella sua veste più autentica. Il riflusso del tempo mi svelava che la mia presenza nel mondo non aveva senso. Avevo bevuto troppo.

Un aspetto che accomuna Hans e Valentino è anche la fascinazione, a volte eccessiva, del corpo, dei suoi meccanismi, dalla quale derivano una sensibilità e un’attenzione esagerate nei confronti del proprio corpo:

Poi però dice che la metà della vita è proprio il momento in cui arriva la coscienza del corpo, quando uno finalmente diventa consapevole di esser tutto un organismo… Ecco, se penso anche a come il dolore qui sul collo, o la stanchezza delle gambe dopo la passeggiata di oggi, che la sento, come dire, con una certa precisione, nei polpacci, nelle ginocchia, ecco, a me sembra di essere un po’ in quella fase lì, magari all’inizio, non proprio a metà…

[…] Hans Castorp verstand, daß dieser Lebenskörper in dem geheimnisvollen Gleichmaß seines blutgenährten, von Nerven, Venen, Arterien, Haarfiltern durchzweigten, von Lymphe durchsickerten Gliederbaus, mit seinem inneren Gerüst von fettmarkgefüllten Röhrenknochen, von Blatt-, Wirbel- und Wurzelknochen, die aus der ursprünglichen Stützsubstanz, dem Gallertgewebe, mit Hilfe von Kalksalzen und Leim sich befestigt hatten, um ihn zu tragen; mit den Kapseln und schlüpfrig geschmierten Höhlen, Bändern und Knorpeln seiner Gelenke, seinen mehr als zwei- hundert Muskeln, seinen zentralen, der Ernährung, Atmung, Reizmeldung und Reizentsendung dienenden Organbildungen, seinen Schutzhäuten, serösen Höhlen, absonderungsreichen Drüsen, dem Röhren- und Spaltenwerk seiner verwickelten, durch Leibesöffnungen in die äußere Natur mündenden Innenfläche: daß dieses Ich eine Lebenseinheit von hoher Ordnung war, bei weitem nicht mehr von der Art jener einfachsten Wesen, die mit ihrer ganzen Körperoberfläche atmeten, sich ernährten und sogar dachten, sondern aufgebaut aus Myriaden solcher Kleinorganisationen, die von einer einzigen her ihren Ursprung genommen, sich durch immer wiederkehrende Teilung vervielfältigt, sich zu verschiedenen Dienststellungen und Verbänden geordnet, gesondert, eigens ausgebildet und Formen hervorgetrieben hatten, die Bedingung und Wirkung ihres Wachstums waren. (Mann: 420).

A questo tipo di fascinazione si somma, in entrambi i casi, anche un aspetto erotico, che viene ironizzato dalla voce narrante.

Anche l’aspetto epifanico e l’intuizione di Valentino ricordano il capitolo Schnee, in cui Hans sembra avere un momento di perfetta lucidità, ma già al ritorno si è dimenticato della sua intuizione. La serietà con cui entrambi i personaggi ascoltano sé stessi, i propri corpi e cercano un filo logico che spieghi la vita è di per sé divertente, ironica, perché non può essere presa sul serio senza finire nel ridicolo o nel buffo: “Oggi invece per me … è una giornata epifanica, ho trovato le fila della mia infanzia e adesso mi è tutto più chiaro.” (Zangrando: 149).

I due amici discutono e dialogano su temi fondamentali ed esistenziali, a volte sfociando nel banale, ma ritrovano in quelle frasi scontate la frustrazione dell’essere dilettante e, più di tutto, dell’essere stesso. Frustrazioni e illusioni trovano spazio in una città che oggi non esiste più, diversa dalla provincia e dal provincialismo, sia esso bolzanino o meno. Uno degli aspetti che Berlino, a differenza della provincia, è in grado di offrire è l’esperienza della folla: “Quasi mi mancò il fiato, tanto era densa la fiumana di persone nel vasto cortile in cui ci ritrovammo.” (Zangrando: 43).

La festa e l’esperienza della massa offrono ai due personaggi l’occasione di confrontarsi con sé stessi e di cercare un senso alle cose, di sperare in un destino che in realtà non esiste.

Sorge, leggendo le pagine di Zangrando, il dubbio che in realtà, nell’essere Amateurs, che qui assume la sfumatura di “inconcludenti”, Gerwin e Valentino ci trovino gusto, quasi si compiacciano di rimanere tra due condizioni, di non concludere, di non scegliere, consapevoli di essere in bilico, malinconici per tutto ciò che comporta. La consapevolezza del ridicolo, ma anche della vanità, sia della vita che del ridicolo stesso, traspare da una domanda di Valentino: “[…] è meglio essere felici e ridicoli o infelici e dignitosi?” (Zangrando: 52). “Una bella domanda” gli risponde l’amico, “Ma il senso del ridicolo si evolve, o almeno cambia” (Zangrando: 52).

Nonostante i temi filosofici e la ricerca di sé e del senso abbiano qualche cosa di serio e profondo, sembra che traspaia comunque un’ironia parodica che copre ogni cosa, senza prendere sul serio nulla, ma, soprattutto, senza prendere sul serio sé stessi. Valentino infatti è in grado di prendersi in giro, di ironizzare su di sé, e questo accade spesso nelle descrizioni di gesti e movimenti, prima o dopo le battute, ad esempio: “[…] flautai come un bellimbusto hollywoodiano, già dimentico della vergogna di un attimo prima.” (Zangrando: 55). Oppure: “La birra mi rendeva perspicace.” (Zangrando: 144). L’ironia, che a volte sfocia in sarcasmo, si presenta come un velo leggero e trasparente che copre ogni cosa, che si propone forse come soluzione e salvezza del problema di fondo, quindi dell’essere dilettante. Anche l’erotismo, molto presente e vivo nel libro, viene coperto di ironia, che rende i personaggi buffi, ridicoli, ma anche consapevoli di esserlo.

Ma, oltre che un’operetta filosofica, Amateurs è anche un gioco letterario, una finzione dal tono leggero, a prima lettura forse frivolo, ma in realtà parodistico, che porta con sé immagini che restano nella mente. Mi sento quasi in obbligo di riportare un’esperienza personale: ancora prima di possedere il libro, mi è capitato di leggerne un estratto in metropolitana, distratta. Eppure mi rimase impresso, nonostante non ci abbia fatto particolarmente caso nel momento della lettura, l’abbigliamento di Gerwin, in tutti i suoi particolari, così da riuscire a immaginarmelo ora, a distanza di mesi. Ci si può quindi soffermare sulla capacità passiva dell’immaginazione, ma l’unico vero motivo che spiega questo fatto è la capacità di descrizione e di metaforizzazione di Zangrando:

E poi l’abbigliamento: non una delle solite camicie in tinte chiare sopra la t-shirt bianca, ma una maglietta verde con una striscia obliqua azzurro scintillante; anche i jeans erano vagamente lucidi, fra il celeste e il grigio, e al posto dei soliti mocassini classici indossava un paio di scarpe da ginnastica Puma. Insomma, era trendy, sportivo e ringiovanito … (Zangrando: 10).

Non si può, parlando di Amateurs, non accennare al ritmo e alla musicalità nella scelta delle parole, all’elaborazione del testo, che risulta raffinato, limato, cantato. Sono “pagine tutte cantate e dipinte”, come disse Natalia Ginzburg riferendosi a Levi (Ginzburg 1990, cit. da: Grignani, M. A.: Carlo Levi. L’invenzione della verità. Testi e intertesti per Cristo si è fermato a Eboli. Alessandria 19981: VII).

Ci si chiede se Zangrando sia musicista – del resto anche in Goethe e Mann la musica riveste un’importanza particolare (nei riferimenti a Wagner nel capitolo della notte di Valpurga in Thomas Mann, ma anche nel Faust, in cui in tutto il monte è coperto da un canto rabbioso e magico, Goehte: 140): viene voglia di canticchiare leggendo, di leggere a voce alta, di ascoltare la melodia delle parole che ricordano il suono di un violino lontano, di un tono sospeso, segni evidenti di una sensibilità musicale oltre che linguistica. Un esempio valido lo offre la scena sul tram, che mostra anche l’aspetto più espressionistico, sperimentale e meno convenzionale della lingua di Stefano Zangrando (ma si noti il ritmo, vicino alla versificazione):

“Si vola!” Disse un giovane appena salito.
“All’ammucchiata!” Incitò un altro.
“Che tanfo!” Un altro ancora. “Chi l’ha mollata?”
Qualcuno rise, uno disse all’amica: “Sei stata tu!”
“Non è vero!” Ribatté lei. “Sei tu il porco.”
“E tu una civetta. Con quegli occhietti…”
“Chi è che fuma?” Chiese un biondastro.
“Burp!” Un rutto giunse dal fondo.
“Non spingete” disse una ragazza salendo.
“Roba da matti”, sentenziò un’altra.
“Avanti, donne!” Fece un tizio alle sue spalle.
“Biglietti, prego!” Scherzò il suo amico.
“Ti piacerebbe”, disse una voce femminile.

(Zangrando: 41)

Infine il discorso sull’ironia, già accennato in precedenza, merita qualche osservazione a parte. Esistono, nel racconto, diversi livelli d’ironia; il primo che si può notare è forse quello dell’ironia pungente nel dialogo fra i personaggi, in cui uno, dapprima solo Valentino, deride l’altro, senza peraltro che costui se ne accorga.. Eccone qualche esempio: “Reinventarsi? Come diavolo parli? Hai fatto un corso di autostima?”. Gerwin pareva non aver colto la battuta: “No, perché?” aveva risposto senza un filo d’ironia. (Zangrando: 11.)

Il secondo momento in cui Valentino cerca di fare una battuta è quando provoca l’amico dicendogli che l’uomo che cita Goethe a memoria e ha letto tutto Thomas Mann si è messo a scrivere messaggini. “Lui dapprima aveva reagito nuovamente con un dismesso “ma sì”, stavolta però doveva aver colto la ricerca di complicità nelle mie parole, perché risollevando lo sguardo aveva aggiunto, con un debole sorriso di pudore; “Sai, quando tocca…”.” (Zangrando: 11-12.)

Il terzo tentativo di scherzo da parte di Valentino avviene nel momento in cui gli dice: “Non sei credibile”, ma il “tono scherzoso non fece breccia neanche stavolta.” (Zangrando: 13.)

Un altro tipo d’ironia, che scivola verso l’umorismo, è quello della voce narrante che ammicca al lettore. Un esempio lo offre lo sdoppiamento del personaggio: il Gerwin pre-Lisa e il nuovo Gerwin:

“Oh, no”, replicò lui scuotendo il capo e inforcando lo stinco, “io mangio volentieri questa roba”, e qui parlava il Gerwin pre-Lisa. “Magari non tutta”, precisò il nuovo Gerwin incidendo la carne, “ma la mangio volentieri”, ribadì il Gerwin pre-Lisa. “Dico solo che è da sfigati”, il nuovo Gerwin, “perché anche se è un piatto pregiato”, il Gerwin pre-Lisa, “nessuno prima di andare a una festa mangia la Schlachtplatte”, il nuovo Gerwin – e s’imboccò.” (Zangrando: 22.)

A volte la battuta viene taciuta a livello del dialogo e resta a livello testuale/fittizio, rimanendo tra la voce narrante e il lettore, con una specie di complicità: “Non la troverò mai”, disse Gerwin guardandosi intorno irrequieto. Bisogna saper aspettare, pensai, ma non lo dissi.” (Zangrando: 43.)

Il racconto è scritto in prima persona, per cui si dà per scontato che ciò che viene detto sia da attribuirsi a Valentino. A costui dunque vanno ascritte le sentenze e gli aforismi, che concernono spesso temi erotici, con un esito irresistibile fra l’ironia e l’umorismo. Per esempio:

La donna giusta non ti mette in testa strane idee sull’aspettare, la sicurezza e altre simili sciocchezze antierotiche. La donna giusta è quella che salta a piè pari con te, avvinghiati come lottatori, nell’incognita folle e totale di un coito completo per il quale nessuno dei due può attendere un secondo di più. D’altra parte in certe situazioni l’amicizia maschile non contempla tanta franchezza; rispetto, piuttosto, e solidarietà.

(Zangrando: 14.)

Un altro esempio lo offre Valentino, quando dice:

Lo so anch’io che scopare è un bisogno, ma di norma non sei mica tu a decidere con chi vuoi farlo. Ho letto da qualche parte, fra biologia e imprinting, la nostra scelta dell’amante è ben poco arbitraria. Praticamente scegli sempre qualcuno che un po’ corrisponde a quello che i tuoi geni riconoscono come un partner compatibile e sano, e un po’ somiglia a tua madre quando tu eri un bebè”. (Zangrando: 37.)

Nel momento in cui Valentino propone a Gerwin di interrogarsi sulla somiglianza tra Lisa e sua madre da giovane succede quello che era successo all’inizio del racconto, quando Gerwin non comprendeva l’ironia e il tono scherzoso di Valentino e rispondeva quindi in modo serio, o se vogliamo serioso, creando un malinteso e un’ulteriore ironia. (cfr. Ibid.; 68.)

Zangrando propone anche un’ironia a livello metatestuale, che troviamo nelle note. Per esempio la nota due mostra, oltre che una grande raffinatezza e sensibilità linguistica e un certo atto performativo, anche la capacità di giocare con il testo e i suoi mezzi: “Birrificio è una parola che mi fa venir freddo ai denti.” (Zangrando: 26.)

Esiste però sotto il sorriso di Amateurs un nocciolo di serietà: il dolore e la frustrazione di essere dilettanti, la paura e l’angoscia per il futuro, tipica di una generazione senza futuro. Forse il momento più significativo di questo aspetto lo troviamo laddove Gerwin confida improvvisamente all’amico (che in realtà è poco più di un conoscente) o forse in realtà a se stesso, il suo più grande fallimento:

Non dirlo a nessuno […] Ho recitato in una compagnia amatoriale negli ultimi due anni di liceo. Era più di una passione. Era il sogno di un posto fisso sulle spalle dei giganti. Poi però al provino d’ingresso per la scuola di arte drammatica non mi hanno preso. (Zangrando: 63).

Ma di serio, o semiserio, c’è anche l’amore e la nostalgia per una Berlino che non esiste più, luogo di un’adolescenza e di un tempo ormai passati, che è ormai una città “sempre più commerciale e senz’anima” (Zangrando: 170).